mercoledì 23 dicembre 2020

Il mio riposo invernale

Dopo aver parlato della mia preparazione per la JFK e per l’Appalachian Trail 4 State Challenge, parlo ora del riposo invernale. I programmi in realtà erano diversi, ma quest’anno è stato un continuo cambiamento di programmi, quindi non c’è stato nulla di preoccupante.

Dopo il ritiro alla JFK la voglia di rifarmi era tanta, così mi ero iscritto alla Bandera 100 km, una gara in Texas a inizio gennaio, qualificante per la Western States, sia per la semplice partecipazione alla lotteria, ma anche per la possibilità di qualificarsi di diritto arrivando tra i primi. Sarebbe stata un’impresa difficile piazzarsi così bene, ma volevo provarci. Dopo la JFK e l’Appalachian Trail della settimana successiva, volevo fare una settimana tranquilla di riposo, per poi fare 4 settimane di buoni allenamenti, ma senza esagerare, vivendo un po’ di rendita della buona forma che avevo già raggiunto. In quella settimana di riposo qualche leggera pedalata sullo spinning, un giro tranquillo in bici e una corsetta molto blanda, giusto per mantenere un minimo e non ingrassare troppo. Purtroppo però mi sono preso una bella intossicazione alimentare, perdendo 6 o 7 chili di peso in mezza giornata. Ok non ingrassare, ma questi chili in meno erano decisamente troppi! E tutti di liquidi. No bueno. Per altri 2 o 3 giorni ovviamente le forze erano scarse, anche perché era difficile alimentarmi normalmente, quindi non potevo fare altro che riposo assoluto. Dopo un altro paio di leggere pedalate in casa e una leggera corsetta, erano passate due settimane con forma ormai da ricostruire totalmente. (Anche se c’è chi va forte dopo essere stato fermo del tutto 2 mesi. E gli asini volano). A questo punto ho dovuto rinunciare alla Bandera, anche a causa della situazione coronavirus negli Stati Uniti che stava andando sempre peggio, complicando il viaggio molto più di quanto già non sarebbe stato.

Visto che gare per i primissimi mesi dell’anno saranno difficili e che gli obiettivi principali per me potranno essere da maggio in poi (magari qualcosa prima si potrà fare, ma sarebbero tappe di passaggio), ho pensato di aspettare ancora per riprendere seriamente. Due settimane di riposo quasi totale potevano bastare, ma altre due settimane di attività tranquille, senza programmazione, facendo quello che mi sentivo alla giornata, sarebbero state ottimali, sempre in ottica di mantenimento, ma recuperando energie e voglia per una ripresa decisa col nuovo anno. Qualche corsetta tranquilla, allunghi, qualche facile esercizio di tonificazione per le gambe e il core, qualche pedalata, un po’ di neve spalata, qualche passeggiata più lunga con il cane. Tutto ciò mi ha anche lasciato più tempo per altre cose (ad esempio suonare, cosa che non facevo più da oltre un anno). Ancora qualche giorno e risentirò la voglia di ridarci dentro, ma comunque con un mese di ripresa graduale e senza forzare.

In sintesi:
- 1 settimana di riposo con qualche leggerissima attività;
- 1 settimana di riposo forzato causa malessere, con qualche leggerissima attività da metà settimana;
- 2 settimane di ripresa con pedalate e corse leggere, allunghi, esercizi generali di tonificazione, passeggiate, neve spalata, altri interessi.

Insomma, un periodo di recupero generale in inverno per me è sempre stato positivo in vista della stagione successiva, così come lo dovrebbe essere per tutti, o quasi. E di certo non sono l’unico a dover fare un inverno forzatamente più tranquillo del solito. Ma tra poco si riparte!

venerdì 18 dicembre 2020

La mia preparazione per JFK 50 miler e Appalachian Trail (sfighe a parte)

A fine novembre avevo in programma la JFK 50 miler, la più antica ultramaratona americana, nata nel ’63 dopo l’omicidio del presidente Kennedy, nonché una delle più competitive. Dopo un periodo di leggero calo di casi di coronavirus e visto il successo di alcune gare disputate con restrizioni e protocolli di sicurezza, è stato uno dei pochissimi eventi che si è potuto svolgere, anche se al limite, visto che proprio in quei giorni i contagi stavano di nuovo aumentando. Dopo un anno intero senza poter tornare in Italia e con pochissime gare fatte nei dintorni, per me era l’unica occasione di rilievo, a maggior ragione motivante vista la presenza di forti atleti. Essendo poi vicina a casa non avevo problemi di viaggio e logistica vari. Avevo anche in mente un piano b nel caso la gara fosse stata annullata, ovvero il tentativo di Fastest Know Time sull’Appalachian Trail del Maryland, che rimandavo costantemente dall’estate a causa di motivi vari.

La JFK è una gara particolare, in parte trail e in parte ultramaratona “classica”. Dopo la partenza da Boonsboro, i primi 4 km su asfalto sono in leggera salita, quindi un breve semplice tratto trail, una ripida salita su asfalto di circa 3 km, poi una parte di circa 16 km sull’Appalachian Trail piena di saliscendi e con passaggi non semplicissimi. Dal termine del tratto più tecnico del percorso, dopo circa 25 km di gara si parte per una vera e propria maratona su sterrato totalmente pianeggiante sul lungo fiume Potomac, per poi terminare con gli ultimi 13 km circa di asfalto su leggerissimi saliscendi che portano all’arrivo a Williamsport. Data la particolarità del percorso, anche la preparazione non è semplice. Io poi non sono molto portato per ultramaratone pianeggianti. Essendo poi questi lunghi chilometri in pianura nella seconda parte di gara, per me era ancora più complicato, visto che all’inizio non avrei comunque potuto strafare, ma piuttosto mantenere energie per il lungo tratto non troppo favorevole alle mie caratteristiche.

Intanto, la preparazione viene sempre da quello che si è fatto negli anni precedenti, e in generale in tutta la propria storia sportiva, quindi gli ultimi mesi sono solo una piccola parte della reale preparazione alla gara. Venendo da un’estate strana, con una corsa “vera” di 50 km (tra l’altro tutta pianeggiante, e quindi molto sofferta proprio per le mie caratteristiche, ma comunque vinta), un trail “virtuale” di 50 km spingendo forte e un altro trail “semi virtuale”, sempre di 50 km, fatto a ritmo moderatamente veloce, mi sentivo un po’ stanco. Il caldo di Baltimore mi ha quasi mai permesso allenamenti intensi (ho perso il conto del numero di sedute di velocità interrotte prima di svenire sotto gli oltre 40° C), quindi ho fatto molta mountain bike che era sì allenante, ma mi dava la sensazione di gambe troppo “piene” e poco reattive. I 3 mesi di preparazione alla JFK sarebbero quindi partiti con il mese di settembre con chilometraggio ridotto, pochissime pedalate (il cross training mi serve comunque sempre per ridurre il rischio di infortuni e avere diversi stimoli, oltre che divertirmi, che rimane le cosa principale), alcuni allenamenti di velocità, qualche semplice esercizio di pliometria per evitare di perdere forza, ma allo stesso tempo senza i classici esercizi di potenziamento per “asciugare” leggermente la muscolatura, e nessun allenamento lungo per predispormi mentalmente per il successivo periodo. A fine settembre un breve trail di 21 km (vinto) mi ha dato la conferma di una ritrovata brillantezza. Una settimana di recupero generale con qualche uscita in mountain bike senza spingere mi ha poi dato la giusta freschezza psicofisica (psico, più o meno, ma visto l’anno, anche quel poco era sufficiente). Da qui è partita la fase clou, 3 settimane di grosso aumento di volume, una settimana di recupero, 10 giorni di “affinamento” e 10 giorni di recupero (o tapering, per essere più moderni).

Senza entrare nello specifico di ogni singola seduta, ho modificato molte cose rispetto al mio solito, un po’ perché avevo l’impressione di avere un ristagno di prestazioni, un po’ perché avevo mentalmente bisogno di cambiare per avere più motivazione, e un po’ perché l’obiettivo era diverso rispetto al mio solito. I principali cambiamenti sono stati questi:
- molti più chilometri di corsa, con settimane di 135 km e una punta di 155, io che non sono amante dei mega chilometraggi, con solo una seduta a settimana di mtb su strada;
- lunghi “davvero” lunghi, soprattutto vista la mancanza di gare intermedie preparatorie: anche in questo caso non sono mai stato amante di lunghissimi, preferendo i back to back (2 o 3 giorni consecutivi di lunghi su distanze ridotte), ma inserire allenamenti di 4, 5 e 6 ore mi avrebbe aiutato molto in vista della gara (che avrei voluto teoricamente correre appunto intorno alle 6 ore); questi lunghi erano principalmente su percorsi trail non troppo complicati, con in mezzo qualche tratto pianeggiante; in totale pianura ho corso solo un lungo di 3 ore, tra l’altro parecchio a fatica visti alcuni dolori muscolari che avevo; una corsa di preparazione sono riuscito a farla, di 50 km, con percorso abbastanza mosso (poco più di 1000 metri di dislivello, pochissimo per gli standard italiani, ma molto per dove mi trovo), in 4h15’ circa, al termine delle prime 3 settimane di volume, con ottime sensazioni nonostante il carico;
- pochissimi allenamenti “doppi” in settimana, a favore di allenamenti singoli più lunghi;
- allenamenti il mattino a digiuno: non mi sono mai trovato a mio agio nel correre a digiuno, ma ho voluto provare a farlo più costantemente, anche se solo una volta a settimana e per corse tra i 30’ e i 60’ a ritmi molto blandi; erano questi i casi in cui ho poi fatto un secondo allenamento pomeridiano/serale;
- allenamenti di corsa anche il giorno successivo i lunghi, cosa che non facevo più da anni per il timore di infortuni; a volte qualche dolorino e fastidio c’erano, ma senza mai sentirmi a rischio di dovermi fermare; provando a osare e andando un po’ contro le mie vecchie abitudini ho ritrovato il vantaggio di queste sedute.

Questi erano i cambiamenti maggiori, in buona parte dovuti anche alle scarse possibilità di percorsi, ma anche nelle specifiche sedute ho fatto cose diverse dal mio solito, non troppo, però:
- molto fartlek intenso, quasi sempre dopo 1h o anche 1h30’ di corsa lenta;
- molta velocità in pista, sia con ripetute molto brevi (come 15x300, o 18x400), sia su distanze più lunghe (4x1500, 2x4000), ma sempre su volumi molto bassi (5-8 km di lavoro), per lavorare molto di più sulla potenza aerobica anziché sulla soglia anaerobica;
- ripetute su salite miste (con anche leggeri saliscendi) su asfalto, qua sì lavorando più sulla soglia anaerobica (ad esempio 5x6’), in vista della prima parte di gara;
- quasi nessun ritmo medio, e solo nelle ultime settimane, ma su distanze molto brevi (ad esempio 4x2500), per cercare scioltezza ed economicità del gesto senza affaticare troppo l’organismo; medi di 15, 20 o 25 km o ripetute su volumi maggiori come 10x1000 o 4x3000 mi avrebbero affaticato molto di più e avrebbero ridotto la possibilità di altre sedute impegnative nei giorni successivi, mentre allenamenti brevi e molto intensi sono più semplici da recuperare, meno dispendiosi mentalmente, e utili nel miglioramento delle qualità fisiche e dell’economicità del gesto; l’unico vero e proprio allenamento di tenuta di ritmi medio alti è stata proprio la gara di 50 km fatta un mese esatto prima della JFK e vinta con ottime sensazioni.

Facendo molti più chilometri rispetto al mio solito dovevo stare attento ai segnali di possibili infortuni, facendo attenzione al recupero. Ad esempio ho inserito spesso docce fresche alle gambe per ridurre il rischio di infiammazioni, ma senza sostituire o mascherare il normale e naturale adattamento del fisico, che è il cuore dell’allenamento. Anche qualche minuto di leggero spinning dopo le sedute più intense è stato utile per recuperare meglio. A parte alcuni giorni in cui avevo i flessori delle cosce un po’ duri e qualche leggero fastidio pubico dopo i lunghissimi, non ho avuto particolari problemi. Inserendo un giorno a settimana esercizi di tonificazione generale per il core e per i flessori i dolorini sono via via spariti in vista della gara.

In sostanza il mio allenamento è stato molto polarizzato, anzi, persino iper polarizzato. Molti chilometri lenti e pochi chilometri molto veloci, pochissimi ritmi a velocità moderata o ritmi gara. È il tipo di allenamento che trovo sempre più adatto a me, sia per caratteristiche fisiche che per livelli di motivazione e divertimento, ma sono sempre più direzionato a dare questo tipo di allenamento anche alle persone che seguo. In uno sport in cui c’è ancora moltissimo da esplorare e da scoprire sui metodi di allenamento, sto maturando l’idea che spesso questo sia una “ricetta” che funziona.

Ma poi com’è andata la gara? Come molti sapranno, purtroppo male a causa di un errore di percorso dopo pochissimi chilometri. In sostanza, all’inizio del tratto sull’Appalachian Trail dopo meno di 10 km, ho sbagliato direzione del sentiero, facendo un lungo giro extra di 2 km trail, più un altro paio di km della ripida salita in asfalto che avevo appena percorso. In una gara dove mi giocavo tempo e piazzamento sui minuti, avere sul groppone oltre un quarto d’ora e centinaia di persone da superare è stata una mazzata. Ho poi proseguito lentamente fino al 25° km circa, ritirandomi prima della parte totalmente corribile. Lì il senso di conservazione (e anche di frustrazione) ha prevalso, criticabile o meno che sia la decisione. Vista però la buona forma, ho pensato la settimana successiva di tentare quel percorso che pensavo dall’estate e che attraversa il Maryland sull’Appalachian Trail, il cosiddetto 4 State Challenge, che parte dal confine con la Pennsylvania, tocca la Virginia per terminare al confine con la West Virginia. Purtroppo anche in questo caso non è andata a buon fine, dovendo interrompere a soli 6 km dalla fine, prima a causa di alcune incomprensioni con l'assistenza sul percorso, poi a causa di un treno che ha bloccato il passaggio per oltre 10 minuti. Ho però avuto la conferma della bontà della mia preparazione. Il percorso del 4 State Challange è di 67 km e 2000 metri positivi circa su un terreno divertente. Il tempo che avrei dovuto impiegare sarebbe stato di circa 6h30’. Fermatomi praticamente dopo 60 km, ero in linea per battere il FKT.

Aveva funzionato la mia preparazione? Avrei fatto qualcosa di diverso? La sensazione che ho avuto nei primissimi chilometri della JFK era quella di essere al 95%, stavo bene, ma ancora leggermente “ingolfato”. Probabilmente mi sarei sbloccato con l’andare dei km e soprattutto nell’ultima parte, come spesso mi è accaduto, ma non ho la controprova. La settimana successiva invece la sensazione era di rara freschezza sin da subito, al 100% delle mie potenzialità. Spingevo continuamente in salita e in piano, anche l’agilità in discesa, nonostante non avessi allenato questa caratteristica, era quella dei giorni migliori. Nei pochi tratti corribili andavo facilmente su ritmi intesi appena oltre i 4’/km. La sensazione era quella di avere sempre margine, condizione che capita raramente e solo al termine di una preparazione perfetta. L’unica cosa quindi che avrei modificato sarebbe stato quello di iniziare lo scarico pre gara con qualche giorno in anticipo. Per il resto, sono impaziente di provare ancora questa ricetta in una gara futura, convinto della sua bontà. Speriamo nel prossimo anno.

mercoledì 14 ottobre 2020

Meglio allenarsi dove si va già bene o dove si fa più fatica?

Per un trailrunner, è meglio allenare un terreno, una caratteristica, una particolarità dove già si va bene e ci si sente già a proprio agio? Oppure allenare dove si hanno più difficoltà? Bè, sia una che l’altra, ma bisognerebbe allenare di più dove si va peggio, soprattutto in funzione degli obiettivi. Se si subisce la camminata su salita molto ripida ma non si hanno in programma gare o percorsi su quel terreno ha poco senso dedicarci del tempo. Stesso discorso al contrario, se si ha in programma un percorso (o più percorsi o gare) su terreni ultratecnici con percorsi di montagna non è necessario dedicare troppo tempo alla corsa in piano, sebbene sia sempre da non tralasciare. C’è anche da considerare poi il fatto, per niente banale, che ci si allena dove si riesce. Se si ha in programma qualcosa di importante con salite molto lunghe e grandi dislivelli ma si vive in pianura, ecco, si fa di necessità virtù, non c’è troppa alternativa; si possono comunque adattare e integrare l’allenamento in piano con esercizi funzionali alla salita, quindi molto potenziamento ed eventualmente bicicletta. Oppure capita anche il contrario, che si vive in zone collinare o proprio di montagna e non si hanno a disposizione percorsi pianeggianti che potrebbero essere utili per i progetti che si hanno in mente. Una delle cose più difficili, ad esempio, è allenare la discesa. Chi vive in montagna, oltre ad avere una maggiore possibilità di sfruttare i dislivelli, ha anche una naturale predisposizione dovuta all’abitudine con certi sentieri e il tipo di sforzo muscolare, mentre per chi vive in pianura o in zone senza discese ripide e tecniche è ovviamente più complicato, se non impossibile, allenarsi sul terreno specifico, e al massimo può lavorare sulla muscolatura e sulla reattività dei piedi.

Insomma, il trail running è sempre uno sport parecchio complicato (ma anche semplicissimo) per via dell’enorme diversità dei sentieri, delle distanze e dei dislivelli delle gare e dei percorsi, oltre che delle condizioni meteo e mille altre variabili. E questo è il suo bello, non basta semplicemente correre. Meglio si è preparati per tutti i diversi tipi di sentieri che si incontreranno (salita ripida da camminare, salita facile da correre, scalini, discese ripide o scorrevoli, continui saliscendi o salite lunghe, lunghi rettilinei, e così via), meglio è. A fare a differenza è la capacità di adattarsi ai continui cambi di sforzo muscolare e di ritmo. Riuscire a combinare nel modo migliori i diversi stimoli allenanti, soprattutto concentrandosi sulle proprie carenze, può aiutare molto a sostenere egregiamente ogni diverso percorso.

Faccio qualche esempio sulla mia esperienza.

Quando ho iniziato a correre regolarmente trail e ultratrail non ero particolarmente bravo nel camminare in salita, anche se ero forse abbastanza predisposto per via della muscolatura e non la pativo così troppo. Però venendo dalla pianura e senza grossi trascorsi in montagna era di sicuro un gesto che mi richiedeva più fatica che la pura corsa. Così per diverso tempo, durante i miei inizi tra 2010 e 2011, mi sono concentrato ad abituarmi sempre di più alle ripide pendenze, sacrificando forse persino troppo la velocità in piano. Però col tempo affrontare salite lunghe dove camminare è stato sempre più facile, fino al punto che in gara delle volte non vedo l’ora di incontrare un tratto ripido dove poter camminare.

Altro esempio. Nel 2014 dovevo correre il Trofeo Kima. Avevo già affrontato quella gara nel 2012, ma ero piuttosto impedito nei tratti più tecnici, nonostante in discesa generalmente mi difendessi decentemente. Nei tratti attrezzati con catene ero lento, impacciato, insicuro, inoltre faticavo molto su tutte quelle pietraie e su salite così ripide a ritmi intensi ad alta quota. Nel 2014 già durante l’anno avevo corso molte gare più tecniche, con molte skyrace in alta quota. L’ultimo mese poi mi concentrai ancora di più sui tratti attrezzati, andando a cercare in allenamento dei percorsi con catene da affrontare su e giù per decine di minuti, sia per abituarmi all’esposizione che per migliorare la tecnica e non perdere troppo tempo a capire dove mettere mani e piedi. Addirittura un paio di volte mi ero allenato in casa su una scala allungabile legata al balcone di casa, facendo su e giù per decine di minuti e abituandomi a un minimo di esposizione (pochi metri, ma pur sempre qualcosa). In gara poi mi sentii tranquillamente a mio agio facendo una buona prestazione per le mie capacità, con solo una piccola crisi prima dell’ultima salita che mi fece perdere la possibilità di entrare nella top 20 che era sicuramente a portata.
Ma c’è stato anche l’esempio al contrario. Ad esempio nei miei primi anni nel mondo trail, tra 2010 e 2013 circa, come accennato mi concentravo solo ad accumulare dislivello trascurando quasi del tutto la corsa in piano. Così in ogni gara finivo nella condizione paradossale di soffrire proprio i tratti più corribili, nonostante vivessi in pianura!
Negli ultimi anni invece mi sono dedicato a migliorare la corsa in salita, cosa che fa la differenza specialmente in gare lunghissime. Credo che saper correre senza particolare dispendio energetico su molti tratti in salita dove normalmente, anche a buoni livelli, si cammina, sia stato uno dei motivi che più mi ha aiutato a raggiungere il risultato dell’UTMB nel 2018.
Solo col tempo, affinando gli allenamenti e stando più attento a certi particolari, sono riuscito a trovare spesso il modo migliore per prepararmi dove mi sento più carente prima di una specifica gara.

Insomma, spostare la propria comfort zone e migliorare nei terreni dove si va peggio non è facilissimo, ma è sicuramente un ottimo modo per divertirsi di più su tutti i percorsi.

giovedì 10 settembre 2020

La mia settimana tipo: per quando manca poco tempo, o per affinare la forma

Un classico che si legge nei programmi di allenamento di top runners vari è “la settimana tipo”, una specie di Santo Graal del quale tutti sono alla ricerca. Anche per un allenatore è una bella sfida trovare questa benedetta “settimana tipo”, la settimana dove amalgamare al meglio le diverse sedute, perché si sa, allenare è un po’ come cucinare, l’importante non è solo avere gli ingredienti, ma anche e soprattutto saperli mixare nel modo giusto. In realtà però la questione è un po’ più complicata, perché ci dovrebbe essere una settimana tipo diversa per ogni persona, per ogni periodo di allenamento e per ogni obiettivo. Anzi, ogni settimana dovrebbe proprio essere diversa. Quindi in sostanza, la settimana tipo non esiste. Tuttavia, nel mio caso ho svolto diverse volte un piccolo blocco che mi ha sempre aiutato molto a raggiungere una buona forma in un tempo ridotto, una sorta di programma di emergenza quando per motivi diversi avevo potuto fare poco nel periodo precedente. Così con qualche correzione nel tempo questo blocco è diventato la mia settimana ideale da affrontare ad esempio 2 o 3 settimane prima di una gara, da modificare a seconda del tipo di percorso da affrontare e sulla base della forma del momento.

Lunedì: bici agile di recupero (dato che il weekend precedente avrò probabilmente fatto degli allenamenti più lunghi);
Martedì: corsa lenta collinare + addominali e parte superiore;
Mercoledì: ripetute in piano (o su salite brevi) + forza gambe;
Giovedì: camminata intensa in salita (o bici con salite a intensità media, o mtb+scalinata camminata veloce);
Venerdì: corsa lenta in piano di recupero + pliometria (ma davvero poco, giusto un po' di corsa e qualche saltello per la reattività dei piedi);
Sabato: ritmi medi/intensi in salita lunghe;
Domenica: lungo lento con qualche tratto un po’ brillante (qualche volta con dieta ipoglucidica tra sabato sera e domenica mattina, a seconda della forma e della gara da affrontare).

Le sedute del sabato e della domenica possono anche essere entrambe lente, oppure con uno dei due giorni a ritmi più intensi, dipende dalla forma e dall'obiettivo.
Esempi di weekend diversi possono essere stati:
- 2 settimane prima della Daigonale des Fous 2017, per recuperare dopo settimane con problemi vari, 2 allenamenti da 6 ore circa ciascuno su terreno abbastanza tecnico a ritmo lento;
- 2 settimane prima dell’Ecotrail du Paris 2019, 50 km pressoché pianeggianti (qualche leggero saliscendi) a ritmo lento brillante il sabato + 2 ore trail con qualche breve salita ripida brillante la domenica;
- i weekend precedenti sia del Trail La Corsa della Bora che del Trailaghi XL 2019 (percorsi simili, rispettivamente 57 km 2650 m+ il primo [concluso al 4° posto con passo regolare], 54 km 2200 m+ il secondo [vinto dopo un bel finale di gara]), 2h30’ con salite medio/lunghe a ritmo intenso il sabato + 2h30’ lento su trail misto la domenica.
Anche la durata delle altre sedute dipende dallo stato di forma e dalla gara da preparare. Il lunedì in bici può essere di 1h/1h30'; idem il collinare di martedì; il mercoledì possono variare dai 6x1000 in pianura ai 5x4' in salita, ma ripetute più lunghe con un volume sui 12 km di lavoro, tipo 5x2000 o altre sedute più complicate, più una decina di minuti di esercizi di forza (niente di esagerato, ma utili per migliorare la capacità di spingere con gambe stanche); il giovedì mi piaceva molto fare 30' mtb + 40'/50' camminata su e giù da una scalinata + 30' mtb, in ottica migliorare la tecnica di camminata con recupero ancora incompleto dal giorno precedente, oppure un giro in bici con saliscendi a media intensità, possibilmente da seduto, oppure salita lunga camminata con qualche variazione di passo; il venerdì di recupero 45'/1h15', con eventuali esercizi per una decina di minuti (ma come detto, più lavori di reattività che vera e propria pliometria), se non ci sono particolari dolori o fastidi muscolari.

Questi sono esempi che andavano bene per me e in determinate condizioni, non è detto che possano andare bene per tutti. Ma una settimana di questo tipo è di sicuro una buona traccia che a volte mi capita di seguire anche con gli atleti che alleno. Spesso funziona.

giovedì 6 agosto 2020

Velocità per gli ultratrail?

Velocità e ultratrail per molto tempo non sembravano andare troppo d'accordo, e ancora oggi in effetti è difficile convincere tutti i trail runners dell'utilità di allenamenti ad alta intensità, sia in pianura che in salita.
Naturalmente non si sta parlando di allenamenti da centometristi, né tantomeno da mezzofondisti (o quasi), ma alcune sedute specifiche possono essere molto utili per migliorare le proprie qualità di base, sia a livello cardiorespiratorio che muscolare. Delle volte c'è il pensiero che allenamenti intensi stimolino fibre veloci a discapito delle fibre lente, ma non è proprio così, non è una questione di fibre, e in ogni caso, alcuni tipi di allenamenti sull'esplosività, come gli sprint in salita, possono essere utili anche per sport di endurance.

Quali sono quindi le sedute di intensità utili per l'ultrail? E quali vantaggi comporterebbero?

- Sprint in salita, dai 6” ai 30" (esempio 10-15x10", con recupero di 1'). In genere la durata è tra i 10” e i 15", oltre diventa uno stimilo lattacido più utile proprio per il mezzofondo, ma può talvolta servire anche per il trail. Lavorando sulla forza esplosiva si avrà una minor spesa energetica ad andature più basse. Può essere inoltre un ottimo allenamento cardiaco dovuto al rapido innalzamento della frequenza durante lo sforzo. Utile anche per migliorare la meccanica di corsa grazie alla naturale spinta con l'avampiede e al richiamo accentuato del ginocchio, e la reattività neuromuscolare grazia alla rapidità di appoggio (si spera).

- Interval training, dai 15" a 1’ (esempio 12x15" veloci/15" lenti, oppure 10x30" veloci/30" lenti). Anche in questo caso si lavora sulle qualità cardiache, dato che essendoci un breve recupero tra le variazioni il cuore rimane su alte frequenze, mentre a livello muscolare la brevità dello sforzo non permette di affaticarsi troppo (se la velocità rimane un minimo controllata, non devono essere degli sprint massimali). È ottimo anche per migliorare la tecnica di corsa, ampliando e velocizzando la falcata (personalmente preferisco di gran lunga questo allenamento – oltre agli sprint in salita - per la tecnica rispetto ai famosi “allunghi tecnici”, che se fatti male rischiano di portare più facilmente all'infortunio, dato che vengono effettuati spesso su range di movimento eccessivamente oltre le proprie possibilità). Si può effettuare in ogni momento della preparazione e della stagione. Li preferisco di gran lunga poco prima e poco dopo una gara, vista la loro peculiarità nel dare la sensazione di “risveglio" alle gambe senza un eccessivo affaticamento generale.

- Fartlek, variazioni dai 30" ai 3’ (esempio 5×2’ veloci/1’ lenti/1’ veloci/1’ lenti). (Premessa per i precisini: il fartlek vero e proprio sarebbe un gioco di velocità in base a sensazione o al percorso, ma è ormai praticato ovunque con vincoli di tempo. Inoltre le differenze tra interval training, intermittent training, fartlek sono spesso minime e sottili, non è mia intenzione aprire un dibattito su cosa sia degno di essere chiamato come). Generalmente svolto su tempi più lunghi rispetto all’interval training, è incentrato quindi più su un lavoro sulla soglia anaerobica, ma senza l'enfasi che richiedono le classiche ripetute. Banalizzando, dà stimoli importanti senza eccesso di fatica, sia fisica che mentale. Può essere ideale da svolgere quando condizioni meteo o di percorso non permettono la massima espressione di velocità, oppure per persone che non amano particolarmente correre su un terreno misurato, o alla ripresa dopo una pausa, o in un momento di non particolare forma, proprio per via dell’importanza delle sensazioni rispetto al puro ritmo. Svolto su un circuito collinare da ripetere più volte può servire per migliorare nei cambi di pendenza, oltre che in discesa (andare velocemente per un 1 minuto o 2 in discesa può essere un buon modo per migliorare la tecnica, il colpo d'occhio, le qualità muscolari, dato che probabilmente in questi brevi intervalli di tempo si andrà più veloci che durante un lungo trail).

- Fartlek/variazioni in salita (ad esempio 8x1’ forte/1’ piano). Utile per allenare la velocità ascensionale su terreno specifico, soprattutto quando ci si prepara per gare con salite lunghe (tra le decine di minuti o un'ora e oltre). Oltre a migliorare le qualità fisiche generali, allena la forza specifica per la salita. Dato che durante il recupero nel tratto lento non si smaltisce totalmente l’acido lattico, è ottimo per migliorare la resistenza alla fatica e i cambi di ritmo. La durata può andare dai 10' ai 40' o anche oltre, dipende dall'obiettivo che si vuole raggiungere, ma anche e soprattutto da cosa si ha a disposizione.

- Ripetute brevi, dai 400 ai 1000 metri (esempio 10x400, 6x1000). Utili per migliorare la potenza aerobica, o la massima velocità aerobica, quella che si può realmente chiamare ‘velocità di base’. Si va a stimolare il massimo consumo di ossigeno e i ritmi sono più veloci rispetto alla soglia anaerobica, infatti la produzione di acido lattico permette di tenere questi ritmi per poco tempo e pochi chilometri, di solito tra i 4 e i 6. Utili soprattutto a inizio preparazione per migliorare appunto la velocità di base, ma anche durante l'anno per dei richiami. Permette di gestire meglio le partenze e i ritmi medi di gare tirate. Ma è utile anche per chi affronta gare lunghissime: più giri ha a disposizione il motore, più si possono affrontare ore e ore ad andature lente più alte. Si possono svolgere a tempo per chi non ama i percorsi misurati, sovrapponendosi quindi al fartlek.

- Ripetute su salite brevi, dai 2’ ai 5’ (ad esempio 10x2’, o 5×4’). Si lavora ad un incrocio tra la massima velocità aerobica e la soglia anaerobica, ma in salita. Utile per il miglioramento non solo a livello organico, ma anche muscolare. Il recupero tra una serie e l'altra può aiutare ad allenare una corsa decontratta in discesa. Può migliorare anche la capacità di adattarsi a continui cambi di pendenza tra salita e discesa. Si può inserire più o meno sempre, a seconda dell'obiettivo.

- Ripetute medio lunghe, dai 1000 ai 3000 metri, o anche 5000, ma lì si entra più su ritmi medi – escludendo atleti elite (esempio 10-12x1000, oppure 5-6×2000, o ancora 3000+2000+5×1000). Questo è il tipico allenamento per la soglia anaerobica che si effettua normalmente per gare dai 10000 alla maratona, ma non solo. Nel trail e nell'ultratrail è una seduta un pelo meno importante rispetto alle sedute per la massima velocità aerobica, ma può essere comunque utile per allenare la tenuta alla velocità, soprattutto per atleti di classifica e per alcuni tipi di gare. Può dare qual qualcosa in più sia a livello fisico che mentale, ma è una seduta un po’ più delicata da recuperare, anche per chi macina centinaia di km o migliaia di dislivelli a settimana, in quanto è molto esigente. Per quanto fruttuoso, non bisogna abusare di questo tipo di allenamento. Anche in questo caso si possono effettuare le ripetizioni a tempo per chi non ha a disposizione un percorso segnato (ad esempio 10x4', oppure 5x8').

- Ripetute lunghe in salita, dai 5’ ai 20' (esempio 3x15', o 2x10'+4x5’+5×3’). Qua si lavora sulla soglia anaerobica in salita, decisamente un allenamento completo fisicamente e molto utile per migliorare quando la pendenza aumenta. Buono da inserire prima di gare molto intense per trovare i ritmi giusti, per migliorare nelle salite iniziali (dove tutti partono a bomba). Effettuando i recuperi in discesa ci si abitua a ripartire forte in salita con la muscolatura affaticata dallo sforzo eccentrico della discesa, nonostante il recupero, che non va fatto forte, ma essendo appunto in discesa richiede un minimo impegno di muscolare. La durata del lavoro specifico dovrebbe durare intorno ai 40’-45' per rimanere in modo specifico sulla soglia anaerobica, ma aumentando fino a 1h20’-1h30' di lavoro si agisce sulla tenuta per lunghi tratti, cosa sempre più importante in gare di corta e media distanza. Essendo anche questa una seduta molto esigente, non bisogna abusarne. Inoltre, considerando le discese, più il riscaldamento e il defaticamento, si può inserire all’interno di un allenamento lungo, dalle 2h30’ alle 4h. Si puè effettuare anche sulla base del dislivello (ad esempio 3-4x300-400 m+, ma personalmente preferisco a tempo, più gestibile).

In tutte le ripetute in salita tutto poi cambia a seconda della pendenza e del terreno. Questa si modifica a seconda dell'obiettivo che si cerca, e anche in questo caso, a seconda di cosa si ha a disposizione.
 
Ci sono poi una miriade di altri possibili allenamenti specifici sulla velocità, che vanno da gare corte in pianura ai vertical in salita, oppure scalinate fatte di sprint o con camminata veloce, ripetute in discesa, sedute miste tra ripetute lunghe e ripetute corte, o ancora variazioni intense miste tra salita e pianura (ottime saper rilanciare nei cambi di pendenza in gare molto intense e non troppo lunghe). L’importante è che i diversi tipi di allenamento vengano fatti nei giusti momenti, nelle giuste dosi e per i giusti obiettivi.

giovedì 30 luglio 2020

Una curiosità su corsa e ciclisti professionisti, un possibile spunto interessante

Piccola doverosa premessa. Siamo in un periodo decisamente particolare nel quale molte convinzioni stanno venendo messe in discussione spesso in toni e modalità sbagliate o con teorie strampalate, in particolare per ciò che riguarda la scienza. Non c’è quindi la mia minima intenzione di andare contro ciò che è stato assodato finora negli studi riguardo fisiologia e attività motorie. Per fortuna ci sono ancora un’infinità di cose da scoprire riguardo il movimento del corpo umano, lo dimostrano le sempre nuove metodiche di allenamento e i continui miglioramenti delle prestazioni nelle diverse discipline sportive. Quello di cui parlerò in questo articolo vuole essere solo uno spunto, niente di più.

Un mese fa circa aveva destato una certa curiosità vedere Wout Van Aert, ciclista belga 3 volte campione del mondo di ciclocross e facente parte della nuova generazione di fenomeni nel ciclismo, affrontare 3 sedute di allenamento di corsa durante una settimana molto intensa in un raduno in preparazione per la ripartenza della stagione che sta avvenendo in questi giorni. A me non aveva sorpreso più di tanto, considerando che nel ciclocross ci sono non pochi tratti da percorrere a piedi, soprattutto nelle gare più tecniche in Belgio, potrebbe tranquillamente rientrare in un’ottica di mantenimento per la sua attività invernale. Ma ho pensato anche a diversi altri casi degli ultimi tempi di cui ero a conoscenza, come ad esempio Nino Schurter, campione olimpico e pluricampione mondiale di mountain bike, tra i più grandi interpreti di sempre della specialità e famoso anche per i suoi allenamenti molto originali, che mantiene durante la stagione molta corsa a piedi, fino a sfiorare il 10% del tempo totale annuale. Ma ci sono altri casi, forse più sporadici, ma comunque curiosi. Ricordo Romain Bardet, tra gli scalatori francesi più forti degli ultimi anni, vincitore di un trail sulla neve in inverno, o Gioele Bertolini, campione italiano di ciclocross e mountain bike, capace di correre e molto forte alcune brevi corse in salita durante gli scorsi anni nel periodo di fine estate, durante il passaggio da una disciplina all’altra. Oppure ricordo persino una stories su Instagram di Remco Evenepoel, il nuovo fenomeno del ciclismo mondiale, nella quale si mostrava correre su un tapis roulant durante un ritiro a inizio stagione con la propria squadra, un esempio forse sciocco e che non significa nulla, ma comunque curioso.

Quello che voglio dire non è certo che ora i migliori ciclisti del mondo sono più forti perché si allenano a piedi. Non ci si è improvvisamente inventati nulla di così clamorosamente semplice e allo stesso innovativo. La mia è solo una riflessione su come delle volte i passi in avanti nella preparazione atletica vengano fatti quando si va contro certe convinzioni radicate, e quella della corsa come gesto “inquinante”, vista la contrazione eccentrica dei muscoli rispetto alla contrazione concentrica della pedalata, è sempre stata una delle più grandi convinzioni nel ciclismo. Ricordo che Aldo Sassi (storico direttore del Centro Mapei e tra i migliori preparatori di ciclismo degli ultimi decenni) aveva fatto degli studi riguardo probabili vantaggi nella forza concentrica anche dopo aver svolto sforzi eccentrici (che poi funziona così anche nel culturismo), ma forse si è tenuto tutto ciò nel cassetto per un po’ di tempo, non so se per timore o tradizione o altro. Per fare un altro esempio nel ciclismo per decenni si sono usati i classici metodi per migliorare la forza, soprattutto le famose SFR, mentre ormai è sempre più chiara l’importanza di inserire sedute di forza massima anche in palestra durante la stagione agonistica. Guardando alla corsa a piedi, nella maratona per decenni si è pensato al volume e a certi tipi di allenamento, mentre ora si tende sempre di più ad allenare la velocità concentrando sedute più lunghe a ritmi medi a discapito del volume totale, e viceversa nel mezzofondo veloce si sta capendo sempre più l’importanza di buoni volumi di chilometraggio e meno esasperazione dei lavori lattacidi.

Figuriamoci nel trail e nell’ultratrail, sport praticamente ancora neonati dal punto di vista della preparazione: anche qua si sta capendo sempre di più l’importanza della cura della velocità, anche per chi non punta a risultati agonistici, o l’importanza del cross training per aumentare il volume di lavoro aerobico riducendo il rischio di infortuni. Insomma, nel trail c’è un mondo ancora da scoprire riguardo la preparazione. Faccio un altro piccolo esempio personale. Mi è capitato sempre più spesso che dopo 5-10 giorni da un allenamento lungo e mediamente intenso o una gara, sempre lunga (da 4 a 10 ore), sul breve – che siano garette di 5-10 km o ripetute di breve distanza - vado più forte persino rispetto a periodi in cui ho preparato specificamente la velocità, nonostante muscoli ancora doloranti e magari un po’ di stanchezza generale. Come mai? Delle risposte ci sarebbero, ma chi farebbe mai correre ad un proprio atleta un allenamento lungo e intenso o una gara lunghissima prima di una gara breve? Nemmeno io lo farei con me stesso, me ne sono accorto quasi per sbaglio. Ripeto, c’è ancora tantissimo da scoprire sull’allenamento per il trail running, ed è una cosa bellissima.

mercoledì 22 luglio 2020

Prepararsi per un'ultratrail senza gare preparatorie: l'importanza del back to back (o weekend shock)


Si intravede all’orizzonte la sempre più concreta possibilità di alcuni ultratrail da settembre. Già ci sono stati eventi a cronometro di breve durata, soprattutto di corsa in montagna, mentre in Francia alcune gare ultra sono già iniziate (alla faccia di chi voleva a priori rimandare tutto all’anno prossimo già da febbraio: scusate la solita parentesi, ma me la sono legata al dito). Nel frattempo ognuno si è sbizzarrito in modo diverso tra esplorazioni di posti nuovo, salite di vette, gare virtuali, percorsi di gare annullate, FKT, lunghi giri in bici… Non sarà facile arrivare pronti per gli ultratrail di settembre, specialmente quelle gare lunghissime, diciamo oltre i 90 km e i 4000 metri di dislivello, che solitamente richiedono altre gare di preparazione, sia come allenamento fisico e mentale, che per testare materiali e alimentazioni.
Sarà difficile arrivare al 100%, ma ci si può comunque preparare in modo adeguato per poter terminare in buone condizioni qualsiasi gara. Anzi, se si hanno anni di esperienza e le gambe hanno accumulato già un sacco di km e dislivelli, potrebbe anche succedere che una maggior freschezza traduca il tutto in un migliore risultato finale. In ogni caso, per evitare infortuni, ridurre la possibilità di grosse crisi in gara e avere un miglior recupero post sforzo, è bene riuscire ad allenarsi in modo adeguato.

Data la difficoltà per molti di eseguire allenamenti lunghissimi, bisognerà adottare soluzioni alternative, da eseguire isolatamente oppure combinare insieme:

- Fare un paio di cicli di circa 10-15 giorni consecutivi cercando di accumulare un dislivello medio settimanale il più possibile vicino a quello da affrontare in gara, senza sedute lunghissime ma tenendo un certo impegno costantemente (da 1 a 3 ore al giorno, a seconda del tempo a disposizione e del livello atletico), allo stesso tempo senza strafare e mantenendo dei giorni di recupero per evitare sovrallenamento e infortuni. Non è semplicissimo e necessità di una certa sensibilità, ma può aiutare molto.

- Aggiungere degli esercizi di forza, anche brevi, al termine degli allenamenti più corti in settimana, soprattutto per chi ha poco tempo e poco dislivello disponibile. Molto utile per rinforzare le fibre muscolari, non tanto in potenza, ma proprio in resistenza ai ripetuti traumi, specialmente delle discese.

- Fare delle sedute in bicicletta possibilmente con molto dislivello e con salite lunghe, ma ovviamente necessita di tempo, percorsi, e deve piacere la bici, perché non a tutti i trailrunners piace pedalare, anzi.

- Effettuare i back to back (per dirlo all’americana, o weekend shock, alla francese), di sicuro il metodo più vicino a simulare le condizioni fisiche di gara. È un allenamento che già normalmente preferisco di gran lunga rispetto ai lunghissimi. Permette di dividere lo sforzo in 2 giorni (o anche 3), con meno stress fisico e mentale. Semplicemente consiste in due sedute di media/lunga distanza in due giorni consecutivi. Se associato a una dieta ipoglucidica tra i due allenamenti funziona ancora meglio, ma è una pratica da svolgere gradualmente e possibilmente sotto l’aiuto di un nutrizionista. Insomma, è una cosa che io faccio al massimo 2 o 3 volte all’anno, ma che non consiglio a nessuno per evitare spiacevoli danni.

Parlando del back to back, che è quello che più mi preme spiegare, facciamo qualche esempio. Per una gara da presunte 15 ore di percorrenza, invece che fare un singolo allenamento lungo di 8/10 ore e che si sarebbe potuto fare in un’altra gara preparatoria, si possono dividere quelle 8/10 ore in due sedute consecutive di 4/5 ore. Naturalmente non bisogna arrivarci da zero, ma gradualmente, partendo da back to back più corti, cosa che spesso già accade per molti, visto che generalmente nei weekend si fa di più già durante tutto l’arco dell’anno. Idem se si sta preparando una ultra ultra, anche sulle 30 ore o oltre di percorrenza. In quel caso il back to back può anche arrivare ad essere un weekend dove fare 10 ore al giorno. Si può effettuare anche inserendo una lunga seduta in bici, specialmente chi è reduce da infortuni o ha qualche acciacco latente da tenere a bada. L’importante è accumulare un buon volume di ore e di dislivello.
Una condizione essenziale per fare questo tipo di allenamenti è avere una minima freschezza psicofisica (quindi senza esagerare nei giorni precedenti), e recuperare in modo adeguato i giorni successivi.
Il back to back è utile in quanto dà stimoli davvero importanti al proprio fisico, per migliorare le qualità di endurance e creare gli adattamenti metabolici e muscolari necessari per terminare in modo più che decoroso le gare più lunghe.

lunedì 20 luglio 2020

La settimana di scarico, questa sconosciuta

Una delle cose più difficili da fare come atleta è il dover accettare dei periodi di recupero (la vecchia settimana di scarico), e una delle cose più difficili da allenatore è il far accettare ai propri atleti la necessità di avere dei periodi di recupero. In realtà non è così difficile quando c’è una gara in vista, con quello che modernamente viene chiamato tapering (appunto, il vecchio scarico pre gara), ma in periodi senza eventi è un po’ più complicato. Per fortuna alcune gare probabilmente verranno corse (alla faccia di chi prospettava uno stop totale a tempo indeterminato: scusate la parentesi), alcuni hanno corso in solitaria su particolari percorsi o hanno in programma di farlo, ma per molti ancora non ci sono obiettivi chiari in programma, e quando non c’è un obiettivo chiaro diventa anche più difficile avere una programmazione chiara dell’allenamento.

 Come funziona di solito?
Di solito, se si fa un minimo di programma stagionale e di cicli di allenamenti, si alternano 2 o 3 settimane di carico e una di scarico, detto il tutto banalmente, perché non sempre è così. Chi ha poco tempo per allenarsi e già fatica a correre 3 volte a settimana e ha problemi anche ad inserire il lungo, scaricare significherebbe delle volte non fare quasi nulla. Spesso ci sono gare che fanno parte del programma di avvicinamento ad un evento più importante (o di distanza maggiore), e allora diventa semplice fare la settimana di scarico prima di queste gare. Negli ultimi anni poi l’utilizzo di alcune app per controllare quotidianamente lo stato di forma attraverso la valutazione di alcuni parametri fisici ha modificato un po’ questo metodo, ma non tutti usano queste app, che hanno delle volte anche alcune limitazioni (sebbene possano essere molto molto utili).

 Com’è andata quest’anno?
In questo strano anno mediamente è andata così. Ci si stava preparando bene fino a febbraio, qualcuno stava raggiungendo un’ottima forma, qualcun altro stava ancora costruendo la base sul quale lavorare nei mesi successivi. Poi è arrivato questo maledetto virus, con lockdown e impossibilità di correre. Qualcuno ha mollato il colpo, mentre altri si sono allenati quasi più del solito con metodi alternativi. Quando poi a maggio si sono “riaperte le gabbie” quasi tutti abbiamo fatto più di quello che la saggezza suggeriva, ma era comprensibile. Così ci si è ritrovati a giugno con sempre maggiori libertà, una forma migliore di quello che si pensava (magari non sempre, ma per molti è stato così), e si è proseguito a correre, andare in bici o in montagna senza sosta. Poi però è arrivato il caldo, e spesso è arrivata anche la stanchezza, proprio perché non ci si sono concesse pause.

 Cosa fare quindi?
Se prima normalmente era più semplice inserire delle settimane di recupero durante una programmazione chiara, ora è più complicato, proprio per via di obiettivi aleatori, ma anche perché si vuole semplicemente sfruttare l’occasione di fare attività all’aperto e basta, senza tante menate. Inserire una o più settimane con allenamenti più brevi e meno intensi (considerando che generalmente l’intensità in estate viene comunque spesso ridotta per via del caldo) sembra quasi uno spreco, ma rimane ugualmente una cosa da fare per evitare infortuni e affaticamenti, oltre che per avere l’effetto di supercompensazione in grado di migliorare le proprie qualità fisiche, che male non fa, anche in vista di progetti solitari o di semplice mantenimento della forma.

 Quando inserire la settimana di recupero?
Ovviamente dipende sempre dai casi, ma generalmente, visti i programmi un po’ diversi dal solito e indirizzati più ad un miglioramento e mantenimento generale che alla ricerca della massima forma per un obiettivo preciso (anche se, ripeto, qualcosa all’orizzonte si sta intravedendo e anche solo fare da soli un certo percorso rimane un obiettivo importante e che merita rispetto), si può inserire un periodo di recupero semplicemente quando si sente stanchezza e sta venendo un po’ meno la voglia di impegnarsi. È una condizione normale, non c’è nulla di cui vergognarsi o preoccuparsi, l’importante è accorgersi in tempo e tirare un po’ il fiato, anziché fare di più pensando di dover recuperare la forma. In questi casi sono soprattutto l'esperienza e la capacità di sapersi ascoltare ad aiutare a capire quando la stanchezza è eccessiva. Se invece c’è un obiettivo di qualche tipo, allora la preparazione necessita di una certa logica nel quale rientrano per forza di cose anche dei periodi di recupero. Delle volte (anzi, forse molto spesso) questo periodo di recupero può coincidere con un momento lavorativo particolarmente intenso che non permette di allenarsi nelle migliori condizioni, oppure con delle vacanze in luoghi non troppo adatti ad allenamenti particolari.

 E se si sta bene bene si recupera lo stesso?
Soprattutto se c’è qualche obiettivo in particolare, sì. Il rischio di non recuperare è quello di continuare a spingere, raggiungere un picco di forma, passarlo, e arrivare al giorno dell’evento in fase calante. A maggior ragione quindi è importante inserire dei periodi di recupero. Per fare un esempio, mettiamo che ci sia un appuntamento sportivo a cui si tiene particolarmente tra un mese. Ci stiamo allenando tanto e bene da un paio di mesi almeno, la forma è buona. Non sentiamo la necessità di recuperare e continuiamo a spingere. Per un paio di settimane magari si va ancora bene, però senza recupero arriva per forza di cose il momento dell’affaticamento. Recuperare poi solo nelle ultime una o due settimane può non essere sufficiente a raggiungere il giusto livello di freschezza psicofisica. Ecco perché in questo esempio sarebbe opportuno inserire una settimana tranquilla prima di un ultimo blocco importante di allenamento di una settimana o 10 giorni, per poi affrontare il tapering finale partendo da una condizione di normale affaticamento, ma non di sovraffaticamento, che sarebbe difficile da smaltire in tempo. È un esempio banale, ci sarebbero mille considerazioni da fare nel mezzo, ma era per far capire l’importanza di ascoltarsi, di aver pazienza e di non voler strafare. E recuperare, ogni tanto.

lunedì 8 giugno 2020

L’armonia degli opposti (e il bisogno di aver certezze)

Mi rendo conto di apparire delle volte contradditorio quando prima dico che si può godere dello sport e del trail running anche senza gare e poi dico che sarebbe importante riprendere a gareggiare. Il fatto è semplicemente che secondo me sono opposti che possono convivere senza alcun problema. È una mia caratteristica (non so se pregio o difetto) quella di guardare le cose da lati e da punti di vista opposti, tentando di far convivere in armonia pensieri apparentemente in contraddizione. A volte è difficile, ma spesso è possibile e anzi, mi pare quasi naturale, anche se mi rendo conto che non sempre sia facilmente comprensibile, passando spesso per una persona neutrale che non sa prendere posizione. Ma non è proprio così, è un po’ più complicata. Forse questa caratteristica mi fa apparire spesso diplomatico, probabilmente più di quanto non voglia, perché ogni tanto un bel vaffanculo lo lancerei volentieri. In periodi di tifo sfrenato PRO o CONTRO qualsiasi cosa e su qualsiasi tema, avere uno sguardo laterale può non essere una pessima qualità, anche se non facile.

In questo momento senza gare e con enorme incertezza per il resto dell’anno, si possono ugualmente fare belle cose e divertirsi correndo e facendo sport, anche senza pettorale. E allo stesso tempo sarebbe bellissimo se tra pochi mesi si potesse tornare gareggiando sane competizioni, sarebbe utile per moltissimi motivi. Ecco perché spesso me la prendo quando qualcuno spinge perché vengano annullate e cancellate gare. Perché una cosa che ha fregato molti è la paura dell’incertezza. Non si accetta il dubbio, gare sì-gare no, si preferisce la certezza di sapere che non ci saranno più gare, è più semplice. Io non voglio certo credere che ci sia gente che dica "non ci saranno più gare" solo per poi sentirsi dire "bravo avevi ragione" (un po’ come chi tifa che il numero dei contagiati salga per poter dire “ecco bisognava tenere tutto chiuso”, o semplicemente per prendersela con qualcuno, ma questa è un’altra storia). Io alla certezza del peggio preferisco di gran lunga l'incertezza del meglio. È un periodo di precarietà, questo lo sappiamo, da febbraio tutti i programmi dell’anno o persino della vite intere sono andati a farsi benedire, ed è difficile accettarlo ed adattarsi, perché prima i ritmi erano ben scanditi, si programmava, si facevano progetti, mentre ora è tutto in standby, tutto in attesa. Ecco il motivo per cui molti preferirebbero così profondamente sapere che non ci siano più gare. Sarebbe una pessima certezza, ma pur sempre una certezza. Anch'io preferirei conoscere già cosa poter fare tra poche settimane e pochi mesi, ma non in questo caso. Attendo, e spero.

Intanto sempre più attività e sempre più sport stanno riprendendo, riprogrammando la stagione, con misure restrittive più o meno importanti, ma si riprende. Anche gare di corsa, anche in Italia. Ovviamente c’è ancora da lavorare per capire come saranno fatte, sperando che la situazione continui ad evolvere in meglio, ma intanto chi 3 mesi fa diceva che “fino al vaccino non si farà più nulla” (dando per scontato, a inizio pandemia, che si sarebbe trovato un vaccino, cosa che nemmeno i virologi fanno) rimarrà per fortuna deluso. Anche in questo caso si vorrebbero certezze su quali protocolli e quali misure sarà necessario avere, ma in una situazione in continua evoluzione credo sia normalissimo non sapere cosa potrà accadere tra due o tre mesi. Ci vogliono pazienza ed elasticità.

C’è anche chi non vorrebbe più sport perché è pericoloso (ma nessuno vorrebbe riprendere se il rischio fosse troppo alto, penso che lo si sia capito – e se vogliamo il rischio zero per qualsiasi cosa, allora stiamo a casa distesi a letto, ma anche questo è un altro discorso, persone ben più autorevoli di me spiegano bene come il rischio zero non esista), per rispetto per i morti (come se non ci fossero morti ovunque ogni giorno per tantissime tragedie che ci sfiorano più di quanto non pensiamo), per rispetto per i tempi (cioe?), per rispetto di chi non ha più lavoro (certo, perché invece cancellare eventi sportivi non fa perdere lavoro...). Ma va bè, ognuno ha le proprie ragioni e convinzioni, e anch’io ho le mie ogni tanto.

Come finire questo non-articolo che non aggiunge niente di nuovo? Non lo so. Forse aggiunge un poco di fiducia. Da un lato quasi mi disturberebbe vedere con un pettorale chi per oltre due mesi ha sbraitato sul fatto che non ci saranno più gare fino a chissà quando, ma dall’altro lato sarei ben contento che ciò possa avvenire. Pensando a me stesso, invece, sto bene anche senza competizione, sì, ma so che la prossima volta che mi attaccherò un numero sulla maglietta ci sarà un gusto speciale.

giovedì 14 maggio 2020

Siamo ancora in tempo per preparare un ultratrail per fine agosto o settembre?


Durante una diretta Instagram con Marco Maschietto, mio osteopata e fisioterapista in Italia, ci è stata rivolta una domanda: sarebbe possibile preparare adeguatamente l’Adamello Ultra Trail a settembre (170 km 11000 m+) con 4 mesi di allenamento? La domanda è simile a quelle che leggo a volte sui social, su quanto sarebbe possibile preparare un UTMB o un Tor des Geants se venissero confermate.
La risposta, detta semplicemente e genericamente, è sì, si possono preparare e si possono finire. Teoricamente tutto si può fare. Anche dopo 2 mesi di pausa, una persona potrebbe persino completare una maratona o un trail lungo, anzi, sono cose che sono anche già state fatte, ma la prestazione ne risentirebbe e ci sarebbe il non piccolo problema del rischio di infortuni e della lunghezza del recupero. Ma per quanto riguarda ultratrail in programma tra 3 mesi e mezzo o 4, c’è il tempo per prepararsi decentemente senza avere poi troppi strascichi. Anzi, partendo ora si avrebbe una buona freschezza fisica per i prossimi mesi. Uno degli errori più comuni di chi di solito prepara un UTMB è proprio quello di partire già dall’inverno con lunghissime distanze, tante gare di preparazione, arrivando a fine estate in condizioni più di stanchezza che di forma. Sono errori che ho fatto anch’io più volte e che di cui ho parlato meglio nello specifico nel mio libro “Fallire e riuscire all’UTMB”. Iniziando ora la preparazione si è tranquillamente nei tempi per poter arrivare discretamente preparati per fine agosto o metà settembre, a patto di non essere stati completamente fermi nei mesi precedenti, ma credo siano pochi i casi simili. Se in inverno si era già fatto qualcosa e se a marzo e aprile si sono mantenuti degli esercizi e delle anche piccole attività aerobiche (corsette in casa o in prossimità, scale, rulli…), ora si può riprendere con una buona preparazione, senza per forza esagerare sin da subito. Ovvio che sarà difficile arrivare al 100% delle proprie possibilità, soprattutto se non dovessero esserci gare preparatorie su distanze minori (tra i 60 e i 100 km, solitamente, o meglio, gare sopra le 10 ore di durata), ma i margini ci sono.

Un esempio su come allenarsi per arrivare preparati potrebbe essere questo.
- Maggio dedicato alla ripresa di attività aerobiche all’aperto, aumentando molto gradualmente le distanze, dando importanza ad esercizi di forza, con qualche lavoro di velocità per “risvegliare” le gambe e il sistema cardiorespiratorio.
- Giugno dove poter incrementare le ore di allenamento, inserendo a fine mese un giro più lungo, magari con un weekend shock (o back to back), ovvero 2 o 3 giorni consecutivi di allenamenti lunghi, se possibile su una parte di percorso che si dovrebbe affrontare in gara o su un percorso di una gara annullata (o un percorso nuovo o da riscoprire), a ritmi tranquilli, inserendo qualche lavoro più importante per migliorare la potenza aerobica e la soglia anaerobica nelle prime settimane del mese.
- Luglio dove fare una parte importante di volume, preferibilmente sempre in montagna, anche per soffrire meno il caldo e non stressare troppo il fisico, inserendo ancora un weekend shock, il più lungo e importante se si punta a fine agosto. È sempre fondamentale non strafare, concedersi dei bei giorni di riposo dopo gli allenamenti più lunghi, e mantenere il ritmo di progressivo aumento dei carichi e recupero.
- Agosto dove iniziare a recuperare per arrivare più freschi, mantenendo ancora qualche giro mediamente lungo nella prima metà del mese e con un piccolo richiamo di brillantezza, oppure dove inserire un ultimo weekend shock se l’obiettivo è per settembre.
Se poi la gara lunga dovesse essere più avanti, ad esempio la UTLO a metà ottobre, si può spostare di un mese questo schema, dandosi più tempo tra maggio e giugno per riprendere ancora più gradualmente.
Sarebbe importante avere la possibilità in estate di usare la bicicletta per aumentare il volume, riducendo il rischio di infortuni, lavorando su forza e ritmi medi su salite lunghe, ed evitando di prosciugarsi letteralmente dal caldo.

Ovvio, e mi pare superfluo dirlo e ribadirlo ancora, che tutto questo dipenderà dalle decisioni delle gare, o meglio, dalle decisioni dei governi, perché nessuno organizzerà una gara se queste fossero vietate o se la situazione non sarà ancora gestibile e se ci fossero eccessive restrizioni. Potrebbero venire annullate anche il giorno dopo in cui pubblico questo articolo. Però non bisogna smettere di vivere e di sognare (ah, la retorica…), quindi non resta che aspettare l’evoluzione e intanto mantenersi in forma per eventualmente essere poi pronti. Sentieri e montagna sono sempre lì, al limite si potranno fare dei bei giri in solitaria, che non hanno nulla di meno rispetto a una gara.

martedì 12 maggio 2020

La mia preparazione per le prossime settimane

Come anticipato la scorsa settimana, al momento è stata confermata la Beaverhead 100 km, in Idaho, in programma l’11 luglio. Come preparazione tra il 20-21 giugno proverò il FKT (Fastest Known Time) dell’AT Four State Challange, ovvero il tratto di Appalachian Trail che attraversa il Maryland. Questi obiettivi mi danno la motivazione per allenarmi con una certa programmazione nelle prossime settimane, in attesa anche di capire il destino delle gare europee estive e pensare poi all’autunno.
Per capire quale sarà il mio allenamento nelle 10 settimane fino alla Beaverhead (che ricordo, potrebbe anche venire annullata se dovesse ripeggiorare la situazione in Idaho o negli Stati Uniti in generale), serve capire anche quello che ho fatto nelle settimane di stop.

Il 29 febbraio ho vinto l’Hashawha Hills 50 km in Maryland con ottime sensazioni dopo una gara combattuta e tiratissima dall’inizio alla fine. Successivamente, per un paio di settimane mi sono allenato pochissimo, con diversi giorni di pausa, un po’ perché stavano saltando i piani per le gare successive (Maremontana, Uroc), un po’ perché ho avuto una fastidiosa colite, ma soprattutto per via del nervosismo e della preoccupazione per quello che stava accadendo in Italia e che stava per accadere anche qua negli States. Da metà marzo ho ripreso con un mese di allenamenti di mantenimento: ogni settimana svolgevo 2-3 corse lente su asfalto di un’ora di media, spinning quasi ogni giorno con variazioni intense 2 volte, molti esercizi di forza generale, core stability, oltre a 1-2 sedute su ostacolini, agility ladder, salto della corda. Fino a Pasqua la forma era buona e la voglia di muovermi anche. Poi sono arrivate un paio di settimane peggiori, con morale sotto i tacchi, poca voglia di allenarmi, pochi allenamenti fatti. Alla fine, tra stanchezza e stress (anche se ho cercato di tenere alto il mio spirito zen per quanto possibile), mi è venuta un’appendicite, non gravissima, ma comunque dolorosa, tra fine aprile e inizio maggio. Evitando l’ospedale, sono riuscito a tenerla a bada in casa con dieta (tra cui digiuno totale per 2 giorni e alimentazione leggerissima per altri giorni) e riposo assoluto per una settimana intera. Quando mi sono sentito di nuovo bene, per 3 giorni corsa lenta aumentando da 30 a 45 minuti. Dal 4 maggio, anche viste le news sulla Beaverhead, ho ripreso ad allenarmi con un programma un po’ strutturato puntando a quella data. La forma era di sicuro calata, ma niente di esagerato, recupero sempre abbastanza velocemente. Ora c’è tutto il tempo per arrivare in buone condizioni a quella data.

Ho diviso le prime 6 settimane in 3 mini fasi di 2 settimane ciascuna.

Prime due settimane (4-17 maggio):
- lunedì: 1h30’ mtb su strada;
- martedì: sprint in salita;
- mercoledì: 1h/1h15’ corsa lenta su strada;
- giovedì: 1h30’ mtb;
- venerdi: corsa con circuito aerobico intensivo;
- sabato: 1h30’/2h mtb;
- domenica: 1h30’/2h corsa lenta su sentiero.
Da lunedì a venerdì aggiungo 30’-45’ di spinning agile il pomeriggio, più 2 sedute di core stability, una di forza alle gambe (più come recupero e prevenzione che per incrementare davvero la forza) e una dedicata a braccia e tronco.
Per ora uso la mtb su strada e lo farò ancora per un po’ probabilmente, inserendo forse solo qualche tratto su sterrato facile. Lo sforzo su strada sui tanti saliscendi che trovo è più costante e più adatto per quello che mi serve, evitando strappi ripidi dei sentieri e magari anche il rischio di cadute, visto che ci sono passaggi discretamente tecnici dove mi sento un po’ arrugginito.

Il secondo ciclo di 2 settimane (18-31 maggio):
- lunedì: 1h/1h30’ mtb;
- martedì: ripetute in salita di 4’-6’;
- mercoledì: 1h15’/1h30’ corsa lenta + 30’-45’ corsa lenta il pomeriggio;
- giovedì: 1h30’/2h mtb;
- venerdi: fartlek su sentiero;
- sabato: 2h30’/3h mtb;
- domenica: 2h30’/3h corsa lenta su sentiero.
Aggiungo un’ora tranquilla di mtb o spinning martedì, giovedì e venerdì pomeriggio. Core stability 2 volte a settimana, braccia e tronco una volta, forza alle gambe forse non sarà necessario, dipende da come starò. Probabilmente la quarta settimana diminuirò leggermente il carico in vista del successivo periodo.

Il terzo ciclo di 2 settimane (1-14 giugno):
- lunedì: 1h mtb o spinning molto agile;
- martedì: 1h15’/1h30’ corsa lenta;
- mercoledì: ripetute lunghe (magari in pista);
- giovedì: 1h/1h30’ corsa lenta + 30’-45’ corsa lenta il pomeriggio;
- venerdi: 1h30’/2h mtb;
- sabato: fartlek su sentiero (almeno 2h totali di corsa);
- domenica: 3h30’/4h corsa lenta su sentiero.
Aggiungerei della mtb pomeridiana il mercoledì. Essendo le due settimane con più carico credo che manterrei solo una seduta di core stability.

La fase “calda” della preparazione finirebbe qua. Non sono un’amante dei grandi chilometraggi a piedi, anche l’”esperimento” invernale me lo ha confermato, quindi preferisco mantenere molta bici per fare volume, senza esagerare con la corsa e tenermi più fresco per i lunghi domenicali, che farò non propriamente lento, ma a ritmi più sul “lento svelto”, o lento brillante, più adatto per i ritmi gara, con magari alcune decine di minuti a ritmi medi. Anche coi lunghi so di non aver bisogno di enormi chilometraggi, e comunque già aumentare mezz’ora ogni settimana non è facile (bisogna tenere conto che i miei percorsi sono totalmente corribili, è diverso e più dispendioso rispetto a percorsi trail montani, dove le ore possono aumentare in modo più repentino, seppure sempre progressivamente). Tutto questo anche in considerazione di eventuali successive gare, cosa che si capirà col passare del tempo, quindi tenere è importante tenere del margine.

La settima settimana, quella pre Appalachian Trail, sarà sostanzialmente di recupero. A meno che ci sia davvero un caldo infernale o di altre complicazioni, tra il 20 e il 21 giugno farò il percorso: se non dovessero esserci le condizioni per la migliore prestazione possibile, sarà comunque un buon allenamento in vista della gara ed eventualmente una ricognizione per quando ci sarà un clima più favorevole.
Dopo una settimana di recupero, la penultima settimana (tra fine giugno e fine luglio) sarà dedicata ancora ad un paio di allenamenti di brillantezza, senza grandi volumi. E poi, ultima settimana pregara con buon riposo.
Avrei voluto aggiungere degli allenamenti con corda, ostacolini, agility ledder, visto che i terreni dei due appuntamenti, seppur con dislivelli ridotti, non sono semplicissimi, ma è difficile inserirli nel piano. L’Appalachian Trail sviluppa appena quasi 2000 metri in 72 km, mentre la Beaverhead 3800 metri in 100 km, ma sono pochi i tratti dove poter correre bene, quasi sempre le molte rocce sui sentieri non permettono una corsa piena, per questo sarebbe importante avere una buona reattività dei piedi. Vedrò forse di inserire qualcosa magari nelle ultime 3 settimane per richiamare un po’ di agilità. In ogni caso, giocare con il cane in cortile saltando tra le aiuole è un ottimo e divertente allenamento, potrebbe anche bastare!

Per alcuni questo piano di allenamento potrà sembrare molto, per altri potrà sembrare poco. So solo che questo potrebbe essere il piano migliore per me, che è quello che conta. Il giusto compromesso tra quantità e qualità per arrivare in condizioni buone e mantenere margine per l’eventuale proseguo di stagione, mettendo insieme impegno, divertimento e benessere, tenendo sempre ben presente la precarietà di ogni programmazione in questi  tempi.

venerdì 8 maggio 2020

L'estate prova a prendere forma


Un po’ alla volta le misure restrittive stanno venendo allentate ovunque. E mentre in Italia già un mese fa qualcuno avrebbe voluto vedere cancellate gare da qua al 2024, da altre parti alcune competizioni riprenderanno presto, sempre con misure di sicurezza. Non so dire se negli Stati Uniti le misure siano state efficaci e sufficienti, è una nazione con posti talmente diversi che è quasi fisiologico che ci siano state zone gravemente colpite e altre appena sfiorate (già questo in parte è accaduto nella “piccola” Italia). Ma non volevo parlare di questo, volevo solo dire che due giorni fa è stata confermata la Beaverhead 100 km, in Idaho, che avevo in programma per l’11 luglio. Da quelle parti la situazione è molto sotto controllo (anche per via delle dimensioni dello stato, della bassa densità di popolazione e di vie di comunicazioni non così importanti come altrove), è tra gli stati con meno casi in assoluto e meno casi medi per mille abitanti, hanno un piano di ripresa di 2 mesi con step progressivi ogni 2 settimane, e con attenzione nel pre e post gara (mascherine, igiene… le solite cose). Potrebbero comunque annullarla da un giorno all’altro se gli step dovessero venire spostati o cancellati o se dovesse essere un qualsiasi peggioramento, ma terranno costantemente aggiornati nelle prossime settimane in modo da non trovarsi la sorpresa improvvisa e inaspettata.

Ora, fare come se la gara si corresse o lasciar già perdere? Confesso che credevo già che quest’estate gare non ci sarebbero state, quindi il piano era allenarmi giusto per tenermi in forma e aspettare evoluzioni per l’autunno. Sullo svolgimento della gara non sono né ottimista né pessimista, prendo solo il dato che c’è, ovvero che al momento è confermata. Quindi mi allenerò come se si facesse, anche perché ho una gran voglia di vedere posti diversi dopo mesi chiuso in casa alla periferia di Baltimore, ma senza pretendere di arrivare al 100% della forma. Nel frattempo sarà anche più chiaro cosa accadrà in Europa e con le altre gare che avevo in programma (MEHT e UTMB) tornando in Italia per l’estate (si spera). Ci sarebbe il problemino della mancanza di qualche gara di preparazione, ma ho trovato una buona alternativa: il tentativo del Fastest Known Time dell’Appalachian Trail in Maryland, conosciuto anche come “AT Four State Challenge”, visto che tocca i confini di altri 3 stati (Pennsylvanya, West Virginia, Virginia), circa 72 km e 2000 metri di dislivello, probabilmente 3 settimane prima della gara, quindi intorno al 20 giugno (ma dipende dal meteo, meglio evitare una giornata da 35°).
Da questa settimana mancano 10 prima della gara, non facile visto che ho avuto un po’ di deallenamento negli ultimi 2 mesi e soprattutto settimana scorsa totalmente fermo a causa di un’appendicite… Prossimamente parlerò di come mi allenerò per Appalachian Trail e Beaverhead.

PS: Se ci sono in mente critiche riguardo il ritorno delle gare bisogna considerare che negli Stati Uniti queste manifestazioni sono completamente diverse dall’Italia o dall’Europa. I numeri sono bassi (la Beaverhead ha 234 iscritti), partenze e arrivi sono in località isolate e senza pubblico se non gli accompagnatori (le crew, che verranno comunque probabilmente limitate), l’organizzazione è composta da un ristretto gurppo, senza personale dislocato ovunque (ci sono i volontari nei ristori e basta, niente protezione civile, ambulanze, soccorso alpino…). Se poi dovessero esserci problemi a viaggiare o non dovessi sentirmi sicuro, sarei io stesso a tirarmi indietro. Ma per il momento ci credo e ci provo.

giovedì 7 maggio 2020

Ci sarà stato qualche vantaggio dalla pausa?



Odio la retorica, le frasi fatte, le banalità, anche se pure io delle volte ci casco. In fondo quella cosa del trarre vantaggio da situazioni negative ha una buona dose di retorica, e io la tiro fuori spesso. Ma lo faccio semplicemente perché per me è davvero così, tante volte l’ho provato sulla mia persona. In tanti dicono o pensano che la situazione in cui ci siamo trovati in questi mesi ci renderà migliori, ma su questo tema non sono molto d’accordo, semplicemente renderà - come ogni evento significativo del passato – alcune cose migliori e molte altre peggiori. Poi come persone, non lo so, dipende da ognuno. Di sicuro saremo diversi, ma grazie tante, ogni giorno siamo diversi dal giorno precedente. Aldilà di queste disquisizioni pretestuose e pseudofilosofiche, anche come atleti e come trailrunners saremo diversi, sotto alcuni punti di vista migliori, sotto altri peggiori. E sotto il punto di vista fisico pure. Potrà aver portato anche qualcosa di positivo questo periodo forzato a casa, giusto?? Diciamo di sì, altrimenti a cosa serve motivarsi!?
Sarà stato deleterio per tante cose (l’umore, il sistema immunitario, la forma generale, oltre che il portafoglio...), ma - a parte farci stare lontani dal virus: teniamolo in conto, senza polemiche, perché deve essere servito a qualcosa questo sacrificio, porco cane - può essere stato vantaggioso per tanti altri motivi:
- può aver fatto scoprire quanto davvero ci piace correre e fare sport, che delle volte sembra scontato, ma come tutto, è quando qualcosa manca che ne si scopre il reale valore (ok, frase retorica, concedetemela);
- può aver migliorato la capacità di adattarsi agli imprevisti, e lo abbiamo scoperto tutti inventando allenamenti delle volte persino assurdi, pur di fare qualcosa;
- può aver fatto scoprire quanto sia utile fare del cross training, e magari lo si scoprirà ancora di più tra qualche settimana, quando ci si accorgerà di non aver poi perso tutta questa forma che si pensava;
- può aver fatto scoprire un sacco di esercizi utili per evitare infortuni in futuro e magari aiutarci anche ad avere più forza nelle gambe (anche se ora probabilmente non li si vorranno più vedere per un po’);
- può aver dato un po’ di “respiro” a muscoli, tendini e articolazioni usurati dal tempo e dai km, perché dai, lo so che prendersi uno o due mesi dove far riposare il corpo è cosa che fanno pochissimi;
- diversi mesi senza competizioni potrebbero “allungare la carriera”, proprio per i minori sforzi fisici di allenamenti e gare (a meno che non si siano corse delle ultra casalinghe, in quel caso la carriera sarà accorciata probabilmente…);
- si potrebbe aver “studiato” in casa, sia cercando percorsi nuovi da fare in estate o in futuro, sia documentandosi sui materiali tecnici (oltre alla virologia) per cercare magari nuove soluzioni su scarpe, bastoni, zainetti, calze, integratori, eccetera.
E ci sono un sacco di altre cose che ora mi sfuggono, o che io magari non reputo importanti come lo sono per tanti altri di noi. Insomma, cerchiamo di guardare il bicchiere mezzo pieno (chiusura che più retorica non si può, ma ci sta, no?).

martedì 5 maggio 2020

Idee per l'estate


Io la meno spesso con gli obiettivi. Eviterei anche, si potrebbe farne a meno degli obiettivi, ma se si hanno le cose possono diventare più semplici, oppure ci si può illudere che siano più semplici, ma tant’è, di solito funziona. C’è chi senza obiettivi specifici fatica a fare qualcosa, e chi può farne tranquillamente a meno. D’altronde siamo tutti diversi. Ma ora che si può tornare a correre, quali obiettivi ci possono essere se di gare ancora non se ne parla per minimo un paio di mesi e molto probabilmente anche oltre?

Di certo per ora è fondamentale semplicemente correre, questa è la prima cosa, la più importante. Rimettersi o mantenersi in forma, respirare, stancare i muscoli, star bene. E fin qua ci siamo. Ma per quale obiettivi più specifici ci si può allenare? In questo momento è ben problematico capire se e per quali gare. Senza entrare nel dettaglio cosa sarà neil futuro più prossimo e nel futuro più remoto (è difficile fare previsioni anche per epidemiologi, virologi, statistici, scienziati vari, figuratevi per me che non so nulla), 
sapendo bene che esiste il rischio di nuovi lockdown o nuove misure restrittive, almeno fino a fine giugno non ci saranno gare, e difficile è pensare entro fine luglio (ma chissà), per non parlare dei grandi eventi (UTMB e Tor des Geants su tutti). Per ora quasi tutto è confermato in autunno, ma anche qua è impossibile riuscire davvero a prevedere cosa accadrà. Il maggior evento trail a cui pensare potrebbe essere la UTLO, che tanti hanno già messo nel mirino. Anche molte maratone autunnali sono al momento non ancora rinviate. In autunno ci si potrebbe davvero sbizzarrire, se si potrà correre. Ovvio che bisognerà vedere con l’andare del tempo cosa succederà e quali eventuali misure si dovranno eventualmente prendere per gareggiare, quali delle proposte che si stanno facendo saranno applicabili e quali no. Ma se non si potrà? E cosa poter fare comunque nel frattempo?

Di alternative ce ne possono essere molte, sempre sperando che la situazione sarà sotto controllo nelle prossime settimane e che si potrà ancora fare attività all’aperto senza eccessive limitazioni in estate. Ci potrà essere occasione per fare dei giri in solitaria (o in coppia, o in piccoli gruppetti, ipotizzando che possa venire permesso), su particolari percorsi che si sognano di percorrere, o raggiungendo una cima sognata da tempo. Ad esempio chi non ha potuto correre la LUT potrebbe fare il percorso in 2 o 3 giorni, sarebbe molto utile in vista dell’anno prossimo. Stessa cosa coi percorsi di UTMB o Tor (anche solo una parte), se non si dovessero correre, per fare un esempio sulle gare più conosciute e partecipate, ma ci sono un’infinità di altri percorsi. Magari saltano pure fuori idee per gare future, chissà, concatenando alcune cime o toccando alcuni punti particolari, o qualcosa di simile. Chiaro che bisognerà capire come sarà con le strutture alberghiere e i rifugi alpini, ma intanto si possono mettere giù idee. Oppure per chi ama la bici potrebbe saltare fuori l’idea di lunghi percorsi con diversi passi alpini (cosa che io ho fatto lo scorso anno in preparazione al Tor), o un backpacking tour in più giorni. Si potrebbero anche unire le due passioni di bici e trail facendo un avvicinamento sui pedali e poi arrivare su una vetta a piedi. Per i più veloci potranno venir fuori tentativi di record (o meglio, i FKT, Fastest Known Time, il miglior tempo conosciuto su un particolare percorso: io ad esempio ho un paio di piccole idee in Maryland, fattibili più in estate inoltrata o autunno che in piena estate, per via del caldo torrido, ma altri progetti potrebbero saltar fuori), pratica sempre più diffusa negli ultimi anni e che ora potrebbe avere il suo culmine. Qualcuno ci ha già pensato, e sono sicuro che in estate in tanti si inventeranno qualcosa.

Per chi corre su strada e non fa trail forse è un poco più difficile trovare alternative, anche se la fantasia non ha limiti. Potrebbero saltare fuori sfide tra amici su sezioni di Strava (che non ho mai amato, non raramente ha spinto atleti dotati a fare più “risultati” in allenamento che in gare, ma ha può avere anche una sua utilità, in questo caso più che mai), oppure creare una sfida con se stessi a fare 10 km al giorno un tot di giorni a settimana (o qualcosa di simile), oppure chi avrebbe in programma la sua prima maratona in autunno potrebbe comunque testarsi su distanze intermedie.

 Questi sono solo esempi, di sicuro che se sono tanti altri che al momento mi sfuggono. Ognuno può trovare la propria sfida personale dandosi degli obiettivi da seguire. Con un po’ di fantasia ci si potrà ugualmente divertire, anche senza gare.

martedì 28 aprile 2020

Come affrontare la ripresa delle attività all'aperto


Lo so, vi conosco, CI conosco. Lunedì 4 maggio le strade, i sentieri e i parchi saranno invasi di gente che corre. Non facciamoci però odiare ancora. Usiamo la testa. Questa è la prima premessa da fare per non creare ancora divisioni, conflitti e litigi. Oltre che limitare i rischi di una nuova diffusione del virus. È comprensibile che dopo un mese e mezzo o due senza poter correre liberamente e con stress e tensioni a livelli estremi non si veda l’ora di stare in giro a prendere aria, a far girare le gambe, a vedere i posti che tanto ci mancano, ma sappiamo che se tutti usciamo a fare la stessa cosa, ci si ritroverà a passare vicini, incrociandosi o sorpassandosi. (Qua aggiungo un’opinione personale su cui poggiare un consiglio utile: parlare di distanza di sicurezza dicendo di stare a un metro non ha alcun senso, ché è una distanza ridicola nella corsa, semplicemente quella non è distanza, vuol dire stare attaccati, quindi facciamo che se si corre passiamo anche a 3 o 5 o pure 10 metri l’uno dall’altro, per evitare ancora di più rischi, soprattutto di assembramenti, e conseguenti infinite polemiche).

Poi, per la parte più pratica degli allenamenti, sapete che io sono in generale prudente, quindi non posso che suggerire prudenza a tutti. Vedo che in alcune zone dove è stata anticipata la possibilità di correre ci sono stati già mega giri lunghissimi. Ok, si è stati come animali in gabbia per molte settimane, ma bisogna fare attenzione, che essere poi costretti a casa per un infortunio non sarebbe proprio il massimo, no? Bisogna riprendere molto gradualmente. Chi è riuscito a correre in casa avrà meno rischi di infortuni o acciacchi da sovraccarico alla ripresa, e potrebbe già fare un discreto numero di chilometri senza eccessivi problemi, ma senza esagerare, perché sarà normale voler fare più di quello che il fisico deallenato permette senza sovraffaticarsi (a meno che si siano fatti ultramaratone o ultratrail casalinghi…). Chi ha sfruttato molto i rulli o lo spinning non avrà grosse difficoltà di “fiato”, ma potrebbe avere problemi a livello muscolare, a causa della mancanza della fase eccentrica della corsa per settimane e settimane. Sarà normale avere mal di gambe dopo le prime corse, quindi sarà fondamentale una ripresa graduale, magari mantenendo ancora qualche seduta sui pedali (anche se si sarà stufi marci di stare in sella, ma si potrebbe sfruttare la bici in strada, finalmente) per non dover creare una sorta di shock muscolare nello shift tra le diverse attività e poter lavorare a livello aerobico senza rischiare sorprese da giorni consecutivi di corsa. Chi non ha potuto correre del tutto (in genere soprattutto chi vive nelle grandi città), senza poter pedalare e non ha potuto fare altro che esercizi in casa, la ripresa dovrà essere ancora più graduale. Sarà normale che soprattutto loro abbiano una voglia matta di uscire a correre per ore e ore anche per più giorni di fila, o di andare sui sentieri preferiti e fare qualche ora in giro, come se non ci si fosse mai fermati, ma è importante riprendere con prudenza e senza farsi prendere dalla smania di recuperare. In alcuni casi anche solo i 30 o 40 minuti saranno utili per una ripresa cauta e senza rischiare di farsi male e dover stare di nuovo fermi dopo poche settimane. Io stesso, quando riprendo da uno stop per qualsiasi motivo, riprendo dalla mezzoretta “omeopatica”, allungando molto lentamente, senza ripartire con 1h o 1h30’ per la fretta di riprendere. Gradualmente, una settimana alla volta, si potranno aumentare i propri allenamenti. Per tutti sarebbe utile non eliminare gli esercizi di core stability o di rinforzo muscolare che si sono fatti in questi ultimi tempi, mantenendoli come routine settimanale anche in futuro.
Per ora l’importante è riprendere, l’obiettivo è tornare a correre all'aperto, prendere aria, prendere luce. Se poi tutto andrà bene per diverse settimane (soprattutto se i contagi non rimbalzeranno verso l’alto e se non ci saranno altre polemiche) e se la situazione sarà più o meno sotto controllo, allora si potrà tornare a pensare di allenarsi eventualmente anche con qualche obiettivo più specifico.
Ovvio che per le gare ci sarà bisogno di tempo per capire se e quando riprenderanno, ma ci potrebbero essere altri obiettivi. Di questo ne riparlerò nei prossimi giorni per provare a dare qualche spunto.

lunedì 27 aprile 2020

La settimana prima della ripresa


Tralasciando considerazioni e interpretazioni sulla cosiddetta "fase 2" e chi ha già potuto vedere allargate con leggero anticipo le restrizioni, ecco qualche consiglio su come avvicinarsi alla ripresa (per gli allenamenti durante questo periodo trascorso siete e siamo stati già tutti inondati di proposte).
La settimana prima della ripresa delle attività all’aperto dovrebbe essere leggermente di recupero, per diversi motivi. Intanto non bisognerebbe farsi fregare dalla trappola del traguardo quasi raggiunto, ovvero, iniziare a sfruttare della libertà prima che questa venga concessa. Capita, è un meccanismo psicologico non poco comune. Continuare con le corsette “in prossimità”, o nei cortili più o meno grandi di casa va bene, ma meglio non aumentare le lunghezze delle uscite convinti di essere ormai sani e salvi. (E poi bisognerebbe non ripartire subito a mille, anche questo un meccanismo psicologico, non solo comune, ma quasi universale, che rischia di ritorcersi contro: ne parlerò meglio molto presto).
Sarebbe bene quindi prima della ripresa fare una settimana più tranquilla delle precedenti, anche se l’attività si è ridotta agli esercizi casalinghi e il lavoro aerobico è stato tralasciato. I lavori di forza o di reattività verranno sicuramente utili, ma una settimana più leggera può essere necessaria per riprendere senza fastidi da sovraccarichi, che purtroppo potrebbero essere capitati data la mole di esercizi a cui il corpo era poco abituato. Stessa cosa per chi ha sfruttato rulli o spinning. Di sicuro si sarà spinto non poco e a livello cardiorespiratorio non si sarà perso molto, ma per aiutare una ripresa motoria migliore nel gesto tecnico della corsa sarebbe bene diminuire leggermente il carico delle sedute di allenamento, soprattutto nell’intensità, come se fosse una settimana di scarico insomma, proprio per avere gambe un po’ più fresche (se mi si passa il termine) per riprendere con la corsa con più facilità e sentirsi meno "imballati". Anche chi è riuscito a fare dei buoni allenamenti di corsa in casa (che sia stato su tapis roulant o grazie ad ampi cortili o giardini) potrebbe recuperare leggermente in vista delle sedute all’aperto (che in ogni caso non dovrebbero essere immediatamente troppo lunghe o intense, lo ripeto e lo ripeterò), per poter godere di una miglior freschezza alla ripresa.
Poi, mi raccomando di nuovo, non buttatevi fuori a capofitto in mega allenamenti, col rischio poi di dover stare a casa per colpa di un infortunio.