mercoledì 29 settembre 2021

Viva chi si ritira!

Non sono io il primo a dirlo, già in tanti dicono o hanno detto che la nostra società è avvolta dalla paura del fallimento, anche se non sono convinto che sia sempre sempre così. Vengono spesso riportati anche esempi di insuccessi che hanno poi portato al successo. Anzi, fa parte proprio della storia del progresso dell’essere umano. Certo è vero che nel trail, e nello sport in generale, ha molta più rilevanza la vittoria, il traguardo raggiunto, che il ritiro o la prestazione opaca. Ed è anche normale che sia così, è naturale celebrare la vittoria e non la sconfitta, non c’è niente di scandaloso.

Sarà forse perché io mi sono ritirato molte volte, soprattutto nelle gare più dure e competitive, che però ho molta simpatia per chi si ritira. Diciamolo, delle volte si esagera con la retorica del finire a tutti i costi, del non mollare mai, dell’essere più forti dei dolori e della fatica e dei malesseri. Ma ci sono sempre casi e casi. Per qualcuno bravissimo a finire una gara con enormi difficoltà e magari problemi fisici, c’è qualcun altro che ha preferito mollare, ritirarsi, rispettare il proprio corpo e forse anche la propria testa. Non sto dicendo che bisogni ritirarsi quando non ce la si fa più o non si ha più voglia. Sono un allenatore, devo anche saper motivare, che diamine! E motivo sempre le persone che seguo, ci mancherebbe altro. Ma trovo che ci voglia ugualmente un certo equilibrio. Delle gare si possono finire sforzandosi oltre la propria comfort zone, resistendo ai dolori, combattendo col desiderio di fermarsi, farsi una doccia, mangiare e dormire, ma ci si può anche ritirare senza che diventi vergogna.

Nell’ultimo mese, tra UTMB e altre gare, ho visto diversi atleti molto forti ritirarsi, e ammetto che quando capita li rispetto quasi più che quando vincono. Non che sia contento, non sono così cinico, non auguro il male a nessuno, so la fatica che hanno fatto per arrivare fin lì e so benissimo il dispiacere che porta un ritiro. Anzi, è proprio perché so quanto costa un ritiro che spesso mi sento molto più vicino a loro.

Come ammiro l’atleta che sa andare oltre i propri limiti, ammiro anche l’atleta che li accetta e sa fermarsi quando non è più necessario proseguire. Rimangono gare, eventi, che sono importanti e fanno parte della nostra vita, certo, ma non sono tutta la nostra vita.

lunedì 27 settembre 2021

Le doti contano, e si vedono

Avendo allenato decine e decine di persone negli ultimi anni per diverse distanze, con varietà di età, sesso, background sportivo, possibilità di allenamenti, impegni famigliari e lavorativi, posso notare alcune cose. Una di queste è che ci sono persone più portate in modo naturale per certe distanze e certi sforzi, e chi invece è più portato per altre distanza, oppure semplicemente fatica di più ad allenarsi, sia per brevi che per grandi distanze.

Ad esempio c’è chi riesce a fare grandi volumi di allenamento senza particolari problemi, completando gare molto lunghe in (più o meno) totale serenità. Sicuramente questi atleti hanno doti fisiche e muscolari per cui possono sopportare meglio certi carichi, magari anche grazie ad un certo passato sportivo, ma non per forza, perché c’è anche chi ha iniziato da poco e riesce a destreggiarsi subito bene con volumi importanti. Dall’altro lato c’è chi pur allenandosi non poco, e magari con un buon motore di base, fatica a digerire distanze ultra. Capita non raramente che chi è più veloce e riesce ad allenarsi con buona costanza, su una distanza lunga va più piano di chi ha meno “cavalli” e meno possibilità di allenamento, ma è più portato per grandi chilometraggi.

C’è chi brama di correre gare molto lunghe, e magari riesce anche a finirle in buone condizioni, ma fatica non poco nella preparazione e poi nel recupero. Per questo tipo di atleti ogni distanza lunga, in allenamento o in gara, porta dietro strascichi e difficoltà nel riprendere una certa freschezza.
C’è chi si diverte molto a fare allenamenti intensi, e chi no. Chi vorrebbe fare solo allenamenti lenti e lunghi, e chi li eliminerebbe del tutto, oppure semplicemente non ha mai tempo per farli, anche se bisogna prepararsi per un ultratrail impegnativo (e allora sì che diventa difficile trovare dei modi per rimediare, ma si può sempre trovare qualche alternativa per salvare il salvabile).
Insomma, ormai lo sappiamo che l’allenamento dev’essere personalizzato, non scopro niente di nuovo. È importante comunque capire, non solo da parte mia (o di un allenatore in generale), ma anche da parte dell’atleta stesso, quale siano le distanze dove si rende meglio ed eventualmente ridimensionare gli obiettivi. Però c’è un però.
Se si è portati per trail diciamo di 30-35 km (non entro nel dettaglio dei dislivelli e della durata, semplifico al massimo), un trail di 50 km può essere un buon obiettivo raggiungibile, seppur forse con un po’ di fatica. Un trail di 100 km sarebbe molto più difficile, per non parlare di una 100 miglia (sempre semplificando). Ciò non toglie che si possa preparare e correre una di queste distanze. Magari è anche solo una questione di tempo, con esperienza e adattamenti fisici distanze molto lunghe possono sicuramente rientrare più facilmente nelle proprie corde. Oppure si può semplicemente terminare una distanza così lunga, togliersi la soddisfazione di averlo fatto, e poi tornare sulle distanze più adatte. Non c’è scritto da nessuna parte che più lungo uguale più figo.

Come detto, c’è chi riesce ad affrontare ultradistanze pur senza riuscire ad allenarsi con grande costanza e senza subire conseguenze come infortuni o altri problemi. E lì entrano in gioco le doti fisiche e le caratteristiche mentali, che sono altrettanto importanti. Perché alla fine ci può essere l’impegno, l’allenamento, la “testa”, ma c’è chi ha naturali doti di resistenza, e chi no.

L’unica cosa che può fermare la buona volontà è il talento, che a dispetto di quello che spesso si dice, conta, eccome. Perché come diceva non ricordo quale grande fisiologo, se vuoi essere un grande atleta, devi sceglierti bene i genitori. Poi certo che l’allenamento fa il resto. Per forza.

mercoledì 22 settembre 2021

Non ho le caratteristiche per le ultra xl

Allora, dopo il ritiro all’UTMB ho avuto un po’ di pensieri a proposito delle mie caratteristiche per gli ultratrail. Sono cose che avevo già notato gli anni scorsi, ma ora ho deciso di provare a scrivere per bene come mi sono andati alcuni tipi di gare nel tempo, cercando di cavarne considerazioni utili per puntare ad obiettivi più nelle mie corde in futuro, soprattutto considerando che dall’anno prossimo si dovrebbe (speriamo) poter scegliere tra più eventi rispetto a 2020 e 2021.
(Chi volesse può saltare oltre l’elenco delle gare e arrivare direttamente al risultato finale)

Ecco come sono andate le gare ultra XL nella mia “carriera”.

ULTRA OVER 100 KM da 14 ore di gara – proiezioni finale – in poi, partenza di giorno o di sera, con lunghissimi tratti di notte.

UTMB 2011: ritirato dopo 110 km per contrattura quadricipite. Partenza ore 23. Pioggia in partenza, molto freddo di notte, bel tempo di giorno. Problema agli occhi tra fine notte e mattino. Partito allenato male o nulla nell’ultimo mese.
UTMB 2013: ritirato dopo 110 km per problemi alla vista e perdita di energie. Bel tempo, ma freddo secco di notte. Partito ben allenato.
UTMB 2015: ritirato dopo 50 km. Sovrallenato. Stanco da subito, dolori diffusi (iniziale fascite plantare portata dietro per tutto l’inverno). Ritirato sfinito nonostante la poca strada. Meteo buono.
UTMB 2016: 36° (27h10’). Ottima forma all’inizio, difficoltà a mangiare, crollato alla distanza. Sofferto il caldo. Partito con ottima forma.
UTMB 2018: 7°, 23h02’. Pioggia intermittente, freddo umido. Gara perfetta, la mia migliore.
UTMB 2021: ritirato dopo 77 km per contrattura flessori coscia, problemi gastrointestinali, vertigini. Forma pregara perfetta. Freddo secco notturno che ha amplificato i problemi.

DIAGONALE DES FOUS 2014: 7° (29h00’). Pioggia intermittente per buona parte della gara, soprattutto la prima notte con freddo umido. Partito ben allenato. Finito con gran stanchezza nel finale (in piena seconda notte).
DIAGONALE DES FOUS 2015: ritirato dopo 120 km. Patito molto caldo di giorno. Ancora postumi da sovrallenamento, fascite plantare e dolori diffusi. Partito poco preparato.
DIAGONALE DES FOUS 2016: ritirato dopo 77 km per dolore ginocchio (borsite post caduta in bici), impossibile piegare la gamba. Forma fisica buona fin lì. Pioggia nella prima parte.
DIAGONALE DES FOUS 2017: 23° (28h29’). Buona forma fisica, gestita per tutta la gara contrattura al polpaccio di un mese prima ripresentata dopo 50 km. Patito tantissimo il caldo di giorno che mi ha rallentato troppo. Benissimo inizio e fine. Post gara in ottime condizioni.

LUT 2012: ritirato dopo 78 km per dolori diffusi (principio di fascite plantare) e stanchezza generale. Stanco dalle gare precedenti e dai troppi allenamenti. Meteo buono.
LUT 2015: 18° (14h08’). Buona gamba, patito crollo fisico dopo 80 km, recuperato molto bene nel finale.
LUT 2016: 17° (14h21’). Nessun problema di gambe o forma, qualche problema intestinale, finito in ottima freschezza, solo un po' lento.
LUT 2018: ritirato dopo 56 km per infortunio piede sinistro. Anche problema agli occhi a causa del freddo secco.
LUT 2019: ritirato dopo 45 km per vomito, problemi gastrointestinali e perdita di energia. Partito in non buone condizioni. Preso antibiotico nella settimana di gara dopo operazione dentistica.

TRANSGRANCANARIA 2015: ritirato dopo 65 km circa. Dolori diffusi e stanchezza generale. Partito non ben preparato.
TRANSGRANCANARIA 2017: 19° (15h12’). Ottima forma, gran rimonta finale, una delle mie migliori gare sulla distanza. Forse la gara più partecipata e competitiva a cui ho partecipato su questo chilometraggio.

MADEIRA ULTRA TRAIL 2017: ritirato dopo 80 km. Caduta con botta al ginocchio (dove presente ancora leggera borsite dall’autunno precedente), estrema spossatezza generale. Partito in pessime condizioni, febbre e tosse nella settimana della gara.

SCENIC TRAIL 2017: ritirato dopo 60 km circa. Bene all’inizio, poi stanchezza e vertigini con difficoltà ad alimentarmi. Meteo buono. Partito poco preparato.

TOE DES GEANTS 2019: ritirato dopo 85 km circa per problema lombare/coscia dx simil sciatica, più difficoltà ad alimentarmi con mal di stomaco e nausea, problemi agli occhi a causa del freddo secco di notte.

UTLO 2019: 3°, 16h40’. Ottime sensazioni per tutta la gara. Pioggia quasi tutto il tempo, con freddo umido di notte.

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ULTRA OVER 100 KM da 14 ore di gara – proiezioni finale – in poi, partenza di mattino, solo brevissimi tratti al buio nel finale.

ABBOTS WAY 2012: 1° (14h14’). Nessun grave problema fisico. Distorsione alla caviglia 2 settimane prima, ma gestita durante la gara. Clima buono, qualche pioggia leggera nelle primissime ore. Buio nell’ultimo tratto.

VIE DI SAN FRANCESCO 2013: 1° (14h20’). Nessun prolema. Forti scrosci di pioggia nella prima parte di gara. Il resto del meteo ottimo. Buio nell’ultimo tratto. Corso e vinto il Morenic Trail (110 km) la settimana precedente, quindi partito un po’ stanco.

VERMONT 100 MILES 2017: 9° (17h53’). Gambe distrutte negli ultimi 60 km con enormi patimenti per finire la gara, nonostante non altri problemi fisici o energetici. Arrivato allenato non nel modo giusto sotto il punto di vista muscolare (prima gara di questo genere, tutta corribile). Ultima ora al buio. Meteo buono.

TDS 2017: ritirato dopo 70 km per episodi di aritmie. Partito ottimamente allenato. Buone condizioni fisiche iniziali. Molto caldo.

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STATISTICHE VARIE

Gare over 100 km oltre 14 ore con partenza di giorno/sera.

Partito 21 volte. Finisher 8. Finite bene senza particolari problemi, 4. In 3 di queste ha piovuto per lunghissimi tratti, anche con freddo, ma umido. Nei 13 ritiri, 8 volte ero partito male allenato, con problemi fisici o infortuni. Dei restanti 5 ritiri, 3 volte c’era freddo con vento secco.

Gare over 100 km oltre 14 ore con partenza il mattino ed eventuali pochissime ore di buio nelle ultime ore.

Partito 4 volte. Finite 3. Un ritiro a causa di aritmie cardiache (e caldo). 3 volte finito nonostante fossi partito non fresco, oppure non perfettamente preparato.

ALTRE ULTRA

Gare tra 6h/7h e 12h con partenza tarda sera/notte e terminate il mattino presto. Partito: 4. Completate: 4.

Gare tra 6h e 12h con gara di giorno, eventuale breve tratto iniziale o finale al buio. Partenze 43. Ritiri: 3 (infortunio + strada sbagliata UROC, problemi alla vista Bettelmatt, errore di percorso + “depressione” JFK). Terminate in pessime condizioni rallentando molto nel finale a causa di crisi o problemi di diversa natura: 8 (se non ricordo male), la maggior parte delle quali nelle mie prime gare o dopo infortuni. Ritirato per stanchezza, malesseri o dolori: 0 (esclusa la UROC, infortunato). (Potrei forse aver dimenticato qualcosa, queste sono quelle che sono riuscito a ricordare e ricostruire.


Tra 6 ore di gara o 12 cambia tantissimo (12 ore sono sicuramente più simili a 14), ma dato che c’è proprio una netta divisione nei miei risultati tra questi tempi di gara, li ho presi come riferimento per la divisione in categorie. Non parlo di altre gare tra le 3h30’ e le 5h30’, un po’ perché sono davvero tante, un po’ perché in quel caso si parlerebbe quasi solo di prestazione e poco di infortuni, acciacchi, problemi fisici, ritiri, e alcune sono state prese come allenamento.

CONCLUSIONI
Mi posso trovare bene in gare lunghe, ma con partenza il mattino. Ne sono consapevole da tempo, forse per questo motivo il mio maggior obiettivo futuro rimane la Western States, anche se fa molto caldo e non è esattamente adattissima alle mie caratteristiche. Di sicuro se piove mi trovo molto bene. Non amo particolarmente correre con la pioggia, ma in queste condizioni mi sono spesso trovato a dare il mio meglio, anche in ultra tra 6 e 10 ore. Di sicuro con la pioggia, anche se con freddo, non patisco problemi agli occhi o problemi gastrointestinali. Soffro la notte? Probabilmente non la notte in sè, visto che in gare con partenza in notturna (tra le 23 e la 1) non ho mai avuto problemi, anzi, forse ho fatto alcune delle mie gare migliori. Molto probabilmente soffro molto i decisi cambiamenti di clima (ma anche qua non è detto, non sempre è così). Nelle gare in notturna più brevi non ci sono mai stati clamorosi sbalzi termici (intendo di 15° o oltre, come può avvenire a UTMB, Diagonale, LUT, Tor). In gare XL ho raggiunto “solo” 2 risultatoni (mica male, poi, come risultati, UTMB ’18 e Diagonale ‘14) con pioggia e umido, il che significa appena un 10%, più altre 2 ottime gare (Transgrancanaria, UTLO), altre 2 finite almeno decentemente (le 2 LUT terminate), e 2 concluse dopo patimenti di ore (UTMB ’16 e Diagonale ’17) in condizioni di gran caldo.

Probabilmente le gare dove riesco a dare il mio meglio sono quelle tra le 8 e le 10 ore, o poco più. Forse dovrei correre più ultra con partenza di mattino, come molte 100 miglia americane, appunto. In questi casi riesco anche a gestire meglio eventuali crisi o problemi. In ogni caso nelle ultra over 12-14 ore credo che anche le statistiche generali dimostrino un maggior numero di ritiri (per persone più lente di me quindi si parla anche di gare più brevi, 80-100 km). Di sicuro è molto più semplice avere problemi gastrointestinali dopo molte ore e cambi di clima e di “luce”.

Delle volte ho avuto anche un po’ di sfortuna forse, viste le occasioni in cui sono partito già infortunato, acciaccato o del tutto sovrallenato (o male allenato, come il primo UTMB). Ma ho avuto anche dei di brutti flop nonostante una bella forma, quasi sempre quando c’era intenso freddo secco. Diciamo anche che sulle lunghissime distanze ho spesso corso in eventi super competitivi, il che significa osare, sia in allenamento che in gara, con in mezzo impegni di sponsor, public relations e simili, senza che questa sia una scusa, ma probabilmente un po’ incide. Anche il fatto che siano generalmente lontane da casa, con abitudini e alimentazione diversa dal solito, mentre gare più brevi, seppur di 10-14 ore, portano lontano da casa per meno giorni.

Considerazioni buone per decidere i prossimi obiettivi a partire dall’anno nuovo, e sfruttare le possibilità che negli ultimi 2 anni non ci sono state.

venerdì 3 settembre 2021

HRV e forma pre UTMB

Ancora UTMB, poi spero basta.

Mi sentivo in forma, l'ho già detto. Qualcuno mi ha detto o scritto che forse ho chiesto troppo al mio corpo. Potrebbe essere, anche se per arrivare pronti per una gara così bisogna darci dentro, poche storie, ma in realtà sono arrivato molto più fresco rispetto ad altre volte. Forse troppo? Eh, chissà... Nel 2018 ero davvero "giusto", avendo dovuto recuperare la forma in pochissime settimane. Ora no, ero riposato, e non lo sentivo solo io a livello soggettivo, ma me lo diceva anche un parametro oggettivo, ovvero l'HRV. Che diavolo è l'HRV? Heart Rate Variability, cioè la variabilità della frequenza cardiaca. Cosa sia e come può essere utile ve lo faccio cercare su Google, altrimenti scrivo un altro post eterno (e già non sarà breve). Si può misurare con un'app attraverso lo smartphone. Ho iniziato ad usare questo strumento 4 anni fa, più o meno, ma a periodi alterni. Ad esempio prima del Tor non lo avevo usato, essendo troppo sfasato. Lo scorso anno nemmeno, visto che la stagione era saltata e che con la vita nuova insieme a Ulysses facevo fatica ad avere lo spazio il mattino appena sveglio. Quest'anno invece ho ripreso a monitorare la mia frequenza cardiaca ad ogni risveglio, il che mi ha aiutato a capire la mia forma costantemente. Andando a vedere i dati posso notare come HRV e frequenza andassero di pari passo con il carico di allenamento, scarico pregara, gare, riposi. Il che significa che ho fatto tutto davvero al meglio.

Ora, come si può vedere nelle foto 1 e 2, nei 10 giorni prima della partenza HRV e frequenza erano perfette. HRV giusta (non deve essere né troppo bassa, né troppo alta), frequenza bassissima. Quindi ben riposato. Si può vedere anche come durante le 2 settimane a Sestriere i valori fossero diversi (HRV ballerina, frequenza leggermente più alta), proprio perché stavo caricando molto. Soprattutto dopo le gare a Courmayeur (durante le quali non ho preso le misure, così come non l'ho fatto a Chamonix nei 2 giorni prima della partenza, per evitare possibili condizionamenti psicologici - cosa che faccio sempre prima di una gara) si può vedere come i valori fossero ancora più sballati, ma dopo 3 o 4 giorni ero quasi tornato alla norma (infatti in quei giorni avevo fatto allenamenti più blandi, soprattutto con meno volume).

(foto 1)
(foto 2)
























Nelle foto 3, 4 e 5 invece ci sono dei grafici che mostrano anche il livello di forma generale nel rapporto tra carico e riposo (calcolato anche in base ai dati soggettivi di stanchezza o freschezza che inserisco manualmente). Ecco, come si può vedere soprattutto nella foto 5, il rischio di infortunio non è presente solo quando si fa troppo (ad esempio dopo le 3 gare di Courmayeur di un mese fa), ma anche quando si fa poco, come per me gli ultimi giorni prima dell'UTMB. Non so se davvero abbia perso davvero così tanto in pochissimi giorni e se possa essere la causa della contrattura alla coscia (o meglio, una della cause). Però provo a capire, e sono sicuro che imparerò ancora qualcosa da questa esperienza.

(foto 3)
(foto 4)


































(foto 5)











Insomma, arrivare al giorno x nel pieno della forma è davvero un bel rebus, per quanto ci si possa allenare bene e si possa stare attenti a tutto. Quelli che non sbagliano mai appuntamento sono davvero in pochi. Quando poi si è anche talmente forti da poter giocare comunque su un certo margine, è sicuramente più semplice rispetto a chi deve limare su ogni cosa per poter essere competitivo.

mercoledì 1 settembre 2021

Due parole in generale sull'UTMB

Due parole sull'UTMB. Pensieri sparsi sulle prestazioni dei top, sulla mia, e forse anche altro.

- D'Haene è l'unica certezza in questo tipo di gare, e per questo si inizia un po' ad odiare. Chi si ritira, come a me, pensa come sia possibile che a lui non venga mai un mal di pancia, un infortunio, una qualsiasi altra cosa, il tutto con una semplicità disarmante. Sia chiaro, nessuno gli augura niente, anzi, credo sia una delle persone più belle di questo mondo. Certo che quando durante la premiazione ha fatto un salto dal podio con successiva corsetta per recuperare il premio, ha dato un'altra decisa mazzata all'orgoglio di tutti, compresi gli altri fenomeni vicino a lui, arrivati là sopra zoppicanti e stravolti. Lo scorso anno ha corso forse l'unica gara dove ha sofferto per ore tra crampi e altri problemi, raggiungendo però ugualmente l'arrivo. È stato giustamente acclamato per questo, ma diciamo anche che se ti succede una volta si può riuscire a tenere duro, il problema è quando la maggior parte delle gare a cui si partecipa diventa un viaggio di sopportazione di dolori e malesseri, lì è un po' più difficile. Chapeau.

- Ancora una volta i ritirati tra i top sono stati tantissimi, a occhio direi più della media, come al solito (ma ci vorrà qualche statistica che sicuramente arriverà). Ogni volta si pensa ai motivi, posso provare a dirne alcuni che secondo me sono i principali. Si parte come i matti. Io mi sono ritirato pur partendo tranquillo, ma di sicuro davanti vanno davvero fortissimo. Ho visto un video dell'ingresso sul sentiero che porta a Les Houches dopo l'uscita dal centro di Chamonix, e davanti andavano a velocità folli. La cosa curiosa è che in testa per tutto quel pezzo c'era proprio D'Haene. Lui parte sempre forte nei primissimi chilometri, lo ricordo anche alla Diagonale des Fous, probabilmente per stare fuori dai guai ed evitare cadute, ma secondo me anche perché sa che tutti lo seguiranno andando oltre i propri limiti, così che alcuni (molti) di loro esploderanno. Poi si mette lì a controllare, fa sfogare qualcuno che prova la fuga, fino a che ad un certo punto passa in testa e non molla più. Essere sempre al limite - anche nella preparazione - aumenta sensibilimente il rischio di subire infortuni o altri problemi. Alcuni si ritirano troppo "facilmente"? Bè, ognuno ha le proprie motivazioni (sia intese come cause del ritiro, che come obiettivi da raggiungere). Una persona comune magari ha meno cartucce da sparare, ha più difficoltà a iscriversi, non ha davanti una carriera sportiva a cui pensare, non ha successive gare dove potrebbe presto rifarsi, così riesce a proseguire nonostante malesseri e fatica. Nel mio piccolo, dopo essermi ritirato ho sempre trovato il modo di raggiungere subito altri buoni risultati, e posso dire di essere tra i pochi a non aver mai subito un'operazione o lunghi infortuni debilitanti. Ho già un sacco di problemi fisici che mi porto dietro sin da quando giocavo a calcio da ragazzino, mi sembra già un miracolo questo. Ah, un altro motivo che secondo me contribuisce al ritiro di tanti top runners, e forse non solo, è la prima discesa. L'ho sempre detto che lì quasi tutti vanno troppo forte, e ho l'impressione che quest'anno sia successa la stessa cosa. A me non ha sorpreso il risultato della Dauwalter, considerando com'è andata nella prima parte di gara, ma ne parlo dopo. Altro fattore è il pre gara, una centrifuga difficile da gestire, tra impegni con sponsor, media, tifosi, abitudini alimentari e routine completamente ribaltate. C'è chi passa tutto questo senza alcun problema, e chi è più sensibile e ne subisce le conseguenze.

- Ancora una volta i maschietti americani sono esplosi tutti. Io ho di sicuro poco da parlare, visto che pure io qua mi sono ritirato per l'ennesima volta, ma... non lo so, ogni volta pensiamo che abbiano imparato dagli errori degli anni passati, e ogni volta esplodono. Ogni volta vengono dati tra i favoriti ("quest'anno hanno capito, si sono allenati bene"), e ogni volta niente. Oh, prima o poi un americano vincerà l'UTMB (se un italiano ha vinto i 100 metri alle olimpiadi, succederà!). Aggiungo una piccola battuta, parafrasando una battuta che qualcuno aveva fatto a Kilian dopo il suo stop nel tentativi di record delle 24 ore. Bravo lo stesso, Jim. Oh, è una battuta, davvero, lo ripeto, stimo Walmsley sotto ogni punto di vista, è simpatico, fortissimo, con una storia difficile e bella, e mi piace come faccia gare diversissime tra loro. La mia è diciamo una frecciatina agli "americanofili", non di certo a lui. Se c'è una persona che spero che prima o poi vinca a Chamonix, è proprio Jim.

- A proposito dei risultati. Primi 5 posti tra gli uomini ai francesi. Ok, sono di casa, sono di più, ma ecco, forse qualcosa vuol dire. Ecco perché io prendo sempre da esempio i loro metodi di allenamento e non quelli americani, almeno per i trail europei, perché poi certo che per gare americane molto veloci diventa meglio forse il contrario, sebbene poi quando qualche europeo va a correre le più dure gare americane, quasi sempre vince (ad esempio alla Hardrock...).

- Courtney Dauwalter, le altre donne, gli altri uomini "outsider". Durante la prima parte di gara vedevo la Dauwalter sempre poco davanti a me. Infatti fino a Les Contamines, 31 km, aveva esattamente gli stessi tempi che io avevo in programma, in linea con quello che avevo fatto 3 anni fa. Io ero leggermente dietro perché a causa della gamba e della pancia che già dava problemi dovevo rallentare in pianura, ma davvero poca roba. Nella discesa tra il Delevert e St Gervais lei ha perso diverse posizioni, con un passo tranquillo (più o meno come il mio, appunto), e ha salvato decisamente le gambe. Mate Maiora, ad esempio, nella prima discesa andava giù come un ossesso, come un trail di 50 km, non una 100 miglia, e poi si è ritirata (ma non conosco il motivo). Anche Rory Bosio, quando vinse la prima volta entrando nella top ten assoluta, era più o meno con me fino a Les Contamines, prima di iniziare a rimontare tutti. Ora, non dico chi punta alla vittoria e al podio maschile, che sicuramente difficilmente può permettersi di perdere contatto dalla testa (anche se i podi di David Laney e Tim Tollefsson arrivarono proprio dopo partenze super caute, a proposito ancora di americani), ma almeno chi punta al piazzamento in alcuni casi potrebbe giocare un po' meglio di tattica conservativa in questi casi. Però io mi sono ritirato lo stesso, quindi non posso parlare molto. In ogni caso, la Dauwalter ha poi proseguito con un ritmo pazzesco fino alla fine, io non avrei mai potuto seguirla, credo. Probabilmente di base lei è molto più veloce di me, oltre ad essere terribilmente tosta, e la sua carriera lo dimostra.

- Per concludere, agganciandomi ancora alla Dauwalter, si può notare come spesso il risultato all'UTMB arrivi dopo un periodo travagliato, e non quando tutto va bene da tempo. In piccolo è capitato anche a me, confrontando il 2018 e quest'anno. La Dauwalter, dopo aver fatto un paio di anni eccezionali, ha avuto un periodo più difficile, con alcuni problemi fisici (il ritiro alla Hardrock a luglio, la bronchite acuta l'anno scorso durante il tentativo di un record in Colorado), mentre intorno al Bianco ha fatto una prestazione pazzesca. Anche la Kotka ha avuto un periodo travagliato ed è dovuta praticamente ripartire da capo con l'allenamento, per poi arrivare terza. Al contrario, Jim Walmsley sembrava non sbagliare più una gara, pronto a raccogliere quello che potrebbe e si meriterebbe, invece si è fermato ancora. Pensando anche alle altre gare, il mio compagno del Team Vibram Scott Hawker ha raggiunto un grandissimo 2° posto nella super competitiva CCC, dopo un periodo molto difficile e con un'operazione subita a inizio anno alla caviglia, che fino a due mesi fa lo limitava molto. Ma questi sono solo alcuni esempi. Si potrebbero aggiungere tanti altri (Gamito, Mityaev, la Debats, gli americani, solo per citare i più noti) super preparati che poi hanno avuto problemi, e molti altri invece tra i nomi meno noti tra vincitori e piazzati (anche di CCC e TDS) che ultimamente non avevano raggiunto grandissimi traguardi.

- Ah no, l'ultimo punto è questo, sulla TDS. Ricordo il mattino del giorno della tragedia svegliarmi alle 8 del mattino e leggere gente che aveva già sentenziato, già condannato gli organizzatori per quello che era successo, senza che si sapesse letteralmente nulla. Era bastato un video di un partecipante, ed ecco subito i commenti, i soliti, quelli di pancia, senza sapere niente di niente. Poi ho sentito i racconti di chi era in gara, chi ha potuto proseguire e che è stato fatto fermare e fatto tornare indietro. C'è stato un momento di indecisione e incertezza? Forse, ma chi avrebbe preso la decisione giusta senza alcuna esitazione, di notte, magari con informazioni imprecise e incomplete? Anzi, forse la decisione giusta nemmeno esiste, perché che fosse far proseguire tutti, far fermare e attendere tutti in cima (poi recuperati tutti con gli elicotteri??), far tornare indietro chi era rimasto bloccato, di sicuro si sarebbe scontentato qualcuno. Sono state messe corde fisse sul momento per far tornare indietro le persone che dovevano scendere da un sentiero che in salita era "normale", ma che affrontato in discesa per tornare indietro verso Bourg St Maurice sarebbe stato troppo pericoloso. È arrivato l'SMS di annullamento della gara e con relative istruzioni a tutti i concorrenti coinvolti nello stesso istante, nella propria lingua. Sono stati predisposti dei passaggi di rilevamento dei chip, per assicurarsi che tutti venissero messi in sicurezza tornando indietro. A Bourg St Maurice tutti erano al riparo al chiuso. I bus hanno portato oltre 1000 persone verso Chamonix, un viaggetto nemmeno tanto breve. E tanto altro. L'unico modo per essere in sicurezza maggiore sarebbe semplicemente non fare la gara. Ah, a proposito del telo termico che qualcuno dice che non serve: bè, bisogna saperlo usare, perché poche cose scaldano - o raffreddano, in caso di caldo - come questo cosetto argentato/dorato e super leggero, lanciare coperte dall'elicottero sarebbe stato un poco difficile, credo.

- Un altro punto, dimenticavo. Sì, ho criticato l'UTMB per le scelte sul futuro della gara. Quelle critiche rimangono valide, ci sono tante cose non chiare sulle gare qualificanti, le iscrizioni, l'etica, eccetera. L'anno prossimo penso che non potrei nemmeno partecipare, non dovrebbero essere più sufficienti i punti ITRA - che poi io non li ho nemmeno così alti -, ma... quando ero lì, sia durante tutti quei giorni, che poi in gara, mi chiedevo davvero se ci fosse qualcosa di meglio. Certo che ci sono sentieri più belli, gare bellissime, organizzazioni più semplici con il loro bel perché. Ma questo è davvero il mondiale trail. Difficile staccarsene. Difficile per me pensare di non tornarci. Vedremo.