lunedì 20 luglio 2020

La settimana di scarico, questa sconosciuta

Una delle cose più difficili da fare come atleta è il dover accettare dei periodi di recupero (la vecchia settimana di scarico), e una delle cose più difficili da allenatore è il far accettare ai propri atleti la necessità di avere dei periodi di recupero. In realtà non è così difficile quando c’è una gara in vista, con quello che modernamente viene chiamato tapering (appunto, il vecchio scarico pre gara), ma in periodi senza eventi è un po’ più complicato. Per fortuna alcune gare probabilmente verranno corse (alla faccia di chi prospettava uno stop totale a tempo indeterminato: scusate la parentesi), alcuni hanno corso in solitaria su particolari percorsi o hanno in programma di farlo, ma per molti ancora non ci sono obiettivi chiari in programma, e quando non c’è un obiettivo chiaro diventa anche più difficile avere una programmazione chiara dell’allenamento.

 Come funziona di solito?
Di solito, se si fa un minimo di programma stagionale e di cicli di allenamenti, si alternano 2 o 3 settimane di carico e una di scarico, detto il tutto banalmente, perché non sempre è così. Chi ha poco tempo per allenarsi e già fatica a correre 3 volte a settimana e ha problemi anche ad inserire il lungo, scaricare significherebbe delle volte non fare quasi nulla. Spesso ci sono gare che fanno parte del programma di avvicinamento ad un evento più importante (o di distanza maggiore), e allora diventa semplice fare la settimana di scarico prima di queste gare. Negli ultimi anni poi l’utilizzo di alcune app per controllare quotidianamente lo stato di forma attraverso la valutazione di alcuni parametri fisici ha modificato un po’ questo metodo, ma non tutti usano queste app, che hanno delle volte anche alcune limitazioni (sebbene possano essere molto molto utili).

 Com’è andata quest’anno?
In questo strano anno mediamente è andata così. Ci si stava preparando bene fino a febbraio, qualcuno stava raggiungendo un’ottima forma, qualcun altro stava ancora costruendo la base sul quale lavorare nei mesi successivi. Poi è arrivato questo maledetto virus, con lockdown e impossibilità di correre. Qualcuno ha mollato il colpo, mentre altri si sono allenati quasi più del solito con metodi alternativi. Quando poi a maggio si sono “riaperte le gabbie” quasi tutti abbiamo fatto più di quello che la saggezza suggeriva, ma era comprensibile. Così ci si è ritrovati a giugno con sempre maggiori libertà, una forma migliore di quello che si pensava (magari non sempre, ma per molti è stato così), e si è proseguito a correre, andare in bici o in montagna senza sosta. Poi però è arrivato il caldo, e spesso è arrivata anche la stanchezza, proprio perché non ci si sono concesse pause.

 Cosa fare quindi?
Se prima normalmente era più semplice inserire delle settimane di recupero durante una programmazione chiara, ora è più complicato, proprio per via di obiettivi aleatori, ma anche perché si vuole semplicemente sfruttare l’occasione di fare attività all’aperto e basta, senza tante menate. Inserire una o più settimane con allenamenti più brevi e meno intensi (considerando che generalmente l’intensità in estate viene comunque spesso ridotta per via del caldo) sembra quasi uno spreco, ma rimane ugualmente una cosa da fare per evitare infortuni e affaticamenti, oltre che per avere l’effetto di supercompensazione in grado di migliorare le proprie qualità fisiche, che male non fa, anche in vista di progetti solitari o di semplice mantenimento della forma.

 Quando inserire la settimana di recupero?
Ovviamente dipende sempre dai casi, ma generalmente, visti i programmi un po’ diversi dal solito e indirizzati più ad un miglioramento e mantenimento generale che alla ricerca della massima forma per un obiettivo preciso (anche se, ripeto, qualcosa all’orizzonte si sta intravedendo e anche solo fare da soli un certo percorso rimane un obiettivo importante e che merita rispetto), si può inserire un periodo di recupero semplicemente quando si sente stanchezza e sta venendo un po’ meno la voglia di impegnarsi. È una condizione normale, non c’è nulla di cui vergognarsi o preoccuparsi, l’importante è accorgersi in tempo e tirare un po’ il fiato, anziché fare di più pensando di dover recuperare la forma. In questi casi sono soprattutto l'esperienza e la capacità di sapersi ascoltare ad aiutare a capire quando la stanchezza è eccessiva. Se invece c’è un obiettivo di qualche tipo, allora la preparazione necessita di una certa logica nel quale rientrano per forza di cose anche dei periodi di recupero. Delle volte (anzi, forse molto spesso) questo periodo di recupero può coincidere con un momento lavorativo particolarmente intenso che non permette di allenarsi nelle migliori condizioni, oppure con delle vacanze in luoghi non troppo adatti ad allenamenti particolari.

 E se si sta bene bene si recupera lo stesso?
Soprattutto se c’è qualche obiettivo in particolare, sì. Il rischio di non recuperare è quello di continuare a spingere, raggiungere un picco di forma, passarlo, e arrivare al giorno dell’evento in fase calante. A maggior ragione quindi è importante inserire dei periodi di recupero. Per fare un esempio, mettiamo che ci sia un appuntamento sportivo a cui si tiene particolarmente tra un mese. Ci stiamo allenando tanto e bene da un paio di mesi almeno, la forma è buona. Non sentiamo la necessità di recuperare e continuiamo a spingere. Per un paio di settimane magari si va ancora bene, però senza recupero arriva per forza di cose il momento dell’affaticamento. Recuperare poi solo nelle ultime una o due settimane può non essere sufficiente a raggiungere il giusto livello di freschezza psicofisica. Ecco perché in questo esempio sarebbe opportuno inserire una settimana tranquilla prima di un ultimo blocco importante di allenamento di una settimana o 10 giorni, per poi affrontare il tapering finale partendo da una condizione di normale affaticamento, ma non di sovraffaticamento, che sarebbe difficile da smaltire in tempo. È un esempio banale, ci sarebbero mille considerazioni da fare nel mezzo, ma era per far capire l’importanza di ascoltarsi, di aver pazienza e di non voler strafare. E recuperare, ogni tanto.

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