giovedì 26 settembre 2019

Autunno: chiusura di stagione o nuovo inizio?



Con l'arrivo dell'autunno si entra nella fase terminale della stagione, sebbene ormai la quantità di trail e di gare disponibili è senza soluzione di continuità, con ben pochi periodi disponibili di riposo dalla scorpacciata di chilometri e dislivelli. Tuttavia, tra settembre e novembre si cerca spesso di sfruttare gli ultimi scampoli di forma e motivazione, approfittando per recuperare con questi “esami di riparazione” dopo delusioni estive, oppure accumulando gli ultimi punti ITRA per tentare la fortuna in inverno con le gare della settimana dell'UTMB dell'anno successivo. E poi c'è anche l'altra strada, ovvero, la… strada: infatti non è raro nel finale di stagione puntare a una maratona, sia con velleità di tempo, sia per togliersi uno sfizio. Oppure ci si può semplicemente riposare e rifocalizzare sulla stagione successiva, why not?
E come sarebbe bene allenarsi? Naturalmente dipende dai casi in questione. Se l'estate è andata bene e si è fatto un buon volume, sia in gara che fuori competizione, si può vivere un po' di rendita, puntando a fare lavori di brillantezza e velocità, grazie anche alle temperature più miti dell'autunno, ma senza sopravvalutarsi e lasciando ugualmente al corpo il tempo di recuperare eventuali impegnativi lunghi sforzi estivi. Se invece gli obiettivi dell’estate fossero andati male, prima di tutto si dovrebbe analizzare cosa è andato storto, capire se fisicamente si è a posto, e poi, sempre che l’allenamento estivo sia stato comunque importante, si può anche in questo caso vivere un po' di rendita e puntare sulla qualità, ma con qualche richiamo sul lato estensivo se si punta a una gara dal lungo chilometraggio. E se invece in estate si è fatto poco, per acciacchi, malesseri o impegni? In questo caso si possono spostare obiettivi importanti in autunno inoltrato, o anche direttamente in inverno, cercando di mettere però una buona base per evitare ricadute o altri problemi.
E poi c'è la maratona. C'è chi dice che ci vogliono 6 mesi per prepararla bene, chi 3 mesi, chi un mese e mezzo, oppure che basta correrla e bon, senza tanti fronzoli. Tutto dipende da quali sono le intenzioni. Come per ogni prestazione massima, 6 mesi è il tempo necessario per prepararla in modo impeccabile, ma se fare 1 o 2 minuti – o anche 5 o 10 - in meno del proprio massimo potenziale non interessa, e se si ha una discreta base di partenza, 3 mesi possono essere sufficienti, mentre se si viene da una lunga stagione trail, un mese e mezzo è il minimo ideale per creare (o ricreare) gli adattamenti fisici e muscolari per affrontare in modo decente i 42 km su asfalto, senza esagerare dal punto di vista del volume nel caso si siano corsi degli ultratrail a non grande distanza di tempo, quindi con qualche lavoro di velocità, ma soprattutto di tenuta sul ritmo, sia per adattarsi fisicamente al gesto ripetitivo della corsa in pianura, che per abituarsi mentalmente alla “noiosità" del piattume.
L’ultima alternativa è quella di riposarsi (attivamente), recuperare energie psicofisiche e impostare la nuova stagione di gare. Opzione spesso dimenticata, ma fondamentale per non perdere voglia e motivazione, e magari evitare infortuni.

lunedì 23 settembre 2019

Si può davvero preparare a sufficienza un Tor des Geants?

(foto Luca Truchet)

“Sei pronto per il Tor?” ha vinto il premio come domanda più gettonata tra quelle fattemi nella settimana precedente la partenza. Come risposta il successo è andato a “Mah, si può essere davvero mai pronti a sufficienza per il Tor?”.
Dopo la mia breve esperienza sui sentieri del Tor des Geants (ritirato in gara dopo 80 km circa, mentre grazie a diverse ricognizioni avevo provato 280 km) e aver assistito a qualche altro passaggio tra basi vita e arrivo (pochi - e per fortuna, verrebbe da dire, per motivi diversi), posso confermare che la mia replica era più che mai appropriata. Dopo avere concluso alcune 100 miglia di percorsi e durata diverse, e aver visto dal vivo il prima dopo e durante di altre gare molto lunghe, mi viene da pensare ancora di più che il Tor è preparabile a livello fisico solo fino ad un certo punto, soprattutto se si punta ad un buon risultato agonistico (anche se poi in realtà quasi tutti spingono non poco nella prima parte del percorso a forze fresche). Sì, anche gare di 100, 120 o 170 km sono il più delle volte allenabili solo fino ad un certo punto per chi non punta al risultato e ha poco tempo per allenarsi, ma la distanza che si deve percorrere “in riserva", o come si dice spesso, “di testa", è confinata a qualche ora, magari anche 20 o 30 ore, ma di certo non giorni interi come al Tor. E in queste ultra tra i 100 e i 170 km per i più forti è possibile tenere un ritmo alto dall'inizio alla fine, nonostante probabili e comprensibili cali, e recuperare dopo pochi giorni, mentre al Tor dopo 200 km il calo, anche da parte di chi fa una gara con intento agonistico, alla lunga diventa sempre più sensibile, e il recupero può durare mesi interi.
In un Tor des Geants una delle componenti più importanti – e che spesso fa a differenza tra i primi posti - è la tolleranza alla deprivazione di sonno, fattore forse più legato alla propria storia personale e alle abitudini di una vita e allenabile solo fino ad un certo punto, soprattutto in un breve termine di pochi mesi di preparazione.
Quindi, quanto si può allenare un Tor des Geants? Inutile parlare di percentuali. È ovvio che per fare un Tor, sia che si punti al risultato, che all'essere finisher, bisogna essere allenati il più e il meglio possibile, ma mentre per altre gare è possibile replicare un certo tipo di disagio fisico che fa scattare l'adattamento fisico e mentale per prepararsi in modo specifico al percorso e alla durata che ci aspetta, per un Tor è quasi impossibile creare allenamenti di questo tipo. Il massimo che si può fare è allenare l’endurance, caratteristica principale di una gara come questa, sia con allenamenti lunghi, soprattutto lunghe camminate, che attraverso altre gare, ma richiede moltissimo tempo e può aiutare “solo” a ritardare la comparsa dei segnali di difficoltà.
Importante è avere una buona esperienza in montagna per affrontare i continui cambiamenti climatici, per una buona parte del tempo in notturna. Avere un “motore" efficiente rimane un elemento importante, ma non così fondamentale. A livello fisico, più di ogni cosa è importante avere un ottimo allenamento muscolare, visto che la quantità di metri di dislivello, soprattutto in negativo, crea degli enormi problemi muscolari, articolari e tendinei. Anche l’alimentazione è importante, ma ai ritmi più lenti di questa gara è teoricamente più riuscire a mangiare buone quantità di cibo, seppur mai sufficienti a riequilibrare il dispendio energetico del movimento.
L’unica certezza è che bisogna arrivare nelle migliori condizioni fisiche e mentali possibili, in quanto ogni piccolo problema che si può avere in partenza diventerà un ostacolo insuperabile durante le immense difficoltà richieste da un percorso così esigente. Esattamente come è successo a me.
Certo, esistono casi di persone che hanno terminato bene il Tor pur partendo con acciacchi o malesseri più o meno gravi, ma si parla probabilmente di una percentuale minore e forse non sempre da prendere da esempio se si vuole praticare trailrunning per stare bene e senza compromettere la propria salute a lungo termine.