giovedì 30 maggio 2019

Bastoni sì o bastoni no?

Bastoni sì – bastoni no. Da sempre il mondo del trail running si pone di fronte a questo eterno dilemma. Non c'è gara di trail dove i dubbi assalgono i partecipanti. Serviranno i bastoni? Mi saranno utili? O mi saranno d'intralcio? Rispondere non è facile perché i fattori che entrano in gioco sono moltissimi. Chi viene dal mondo della corsa su strada (come me, anche se mi sembra quasi preistoria) tende a voler farne a meno a tutti i costi, fino a che non ne trova benefici e capisce che in alcuni casi i bastoni sono davvero irrinunciabili.

È stato recentemente dimostrato come non ci sia un reale vantaggio in termini di velocità ascensionale e come il costo energetico dell'utilizzo o meno dei bastoni sia molto simile (Giovanelli N, et al. Eur J Appl Physiol. 2019). Allora perché usarli? Detto banalmente, perché si usano molto meno le gambe, la spinta sui piedi è minore, e alla lunga il loro utilizzo diventa vantaggioso ritardando l'insorgenza della fatica. Mi spiego meglio con un esempio personale. Io non sono mai stato un fan dei bastoni, quelle rare volte in cui in passato ci provavo avevo la sensazione di avere come un freno, le gambe sembravano avere forze da poter spendere, ma senza riuscire a farlo. Questo perché la frequenza cardiaca era molto alta e l'affanno respiratorio importante, ciò dovuto all'impiego degli arti superiori poco allenati, con una tecnica approssimativa e con bastoni dal peso non irrilevante. Ma con il miglioramento della tecnica e l'utilizzo di bastoni ultraleggeri il vantaggio dell'avere gambe più fresche si è potuto presto notare. Ora non li uso in tutte le gare, ma riesco a trarne beneficio in molte occasioni, soprattuttoin gare lunghe e dal dislivello importante. Sorge infatti il problema di come comportarsi in caso di percorso tecnico, con discese dove non sapere come tenere i bastoni, o in gare corte dove non perdere tempo a piegarli e legarli allo zainetto o alla cintura. Ecco perché in certi casi è difficile dare una risposta univoca alla domanda se siano vantaggiosi o meno i bastoni. Dipende dall'utilizzo che se ne fa, dalla tipologia di percorso, dall'obiettivo, dalle caratteristiche personali, dalla capacità di correre su pendenza arcigne…
È invece diventato fondamentale usarli in gare oltre i 100 km con molto dislivello, per non parlare dell’UTMB, dove ormai tutti i più forti si sono convinti e convertiti. Senza contare il Tor de Geants, dove è pressoché la norma. Il perché in gare così lunghe siano fondamentali è presto detto. La corsa su basse pendenze non è fatta ad alta velocita, quindi con i bastoni la meccanica è diversa solo in parte, senza perdere efficacia, e anzi, proteggendo in parte i piedi. Su pendenze impegnative, dove è conveniente e necessario camminare, l'uso dei bastoni permette di non sovraccaricare i muscoli flessori delle gambe, i polpacci, i glutei, i lombari, mantenendo una postura più dritta. La salvaguardia delle gambe permette di avere maggiore freschezza nella successiva discesa o su falsopiano. La migliore postura permette anche una miglior respirazione e una miglior digestione, elemento fondamentale in gare lunghissime. Provate a pensare a quanto ci si può chinare in giù su una pendenza ripida senza avere i bastoni e a quanto venga così schiacciato lo stomaco: ecco, usando i bastoni il busto rimane più alto, lo stomaco più aperto, permettendo una miglior digestione e riducendo il rischio di problemi alimentari. Inoltre anche a livello delle spalle non si rischia di “incassarsi", ma anzi, esse rimarranno più aperte proteggendosi da eventuali fastidi a catena su tutto il tronco.
Per riuscire ad usare in modo adeguato i bastoni è necessario abituarsi e allenarsi nel modo corretto, sia con giri lenti che con allenamenti più intensi dove migliorare la tecnica e di conseguenza ottimizzare la spesa energetica.

mercoledì 8 maggio 2019

Camminata in salita


Una delle domande più classiche rivolte dai non addetti ai lavori ai trailrunners è: “ma corri sempre anche in salita?”. La risposta è praticamente sempre la stessa: “no, in salita si cammina molto”, soprattutto se è molto ripido. Andrebbe da sé pensare che nel proprio piano d'allenamento la camminata in salita abbia uno spazio importante, ma molto spesso non è così.
Ma quanto si corre e quanto si cammina? Dipende dalla lunghezza della gara, dal terreno, dalla pendenza della salita e dal livello dell'atleta. In un vertical come quello di Campodolcino i più forti corrono sempre, mentre in vertical come La Fully o Crepa Neiga (Dolomites) camminare con l'aiuto dei bastoni è molto più conveniente. In gare sui 40 o 50 km anche i più forti al mondo devono camminare in molti tratti, per non parlare di ultratrail oltre i 100 km o una 100 miglia “montagnosi" (come UTMB, Diagonale de Fous o Hardrock) dove solo i più forti possono correre nelle prime salite sotto il 10% di pendenza media, mentre nella seconda parte diventa difficile correre anche oltre il 5%.
Bè, ma come si allena la camminata in salita? Ovviamente la si allena durante gli allenamenti più lunghi, ma possono essere importanti anche allenamenti di intensità, delle vere e proprie ripetute camminando su salita ripida per tratti più o meno corti a seconda dell'obiettivo della sessione. Ma c'è un altro piccolo aspetto molto spesso trascurato: il camminare in salita durante le sedute lente più breve, la classica ora di fondo lento, ad esempio. Se fatto su percorso collinare, anche per l’amatore senza ambizioni di classifica è normale pensare di dover correre il più possibile, facendo però sfociare quella che doveva essere un allenamento a ritmo lento in un fartlek con tratti a soglia o addirittura oltre, per il semplice tentativo di voler provare a correre il più possibile, quasi fosse un’onta camminare. Se ci si vuole allenare totalmente liberi da vincoli, si può benissimo fare, ma se si sta tentando una minima struttura sensata negli allenamenti, la seduta di “lento” dovrà essere… lenta, quindi inserendo anche dei tratti di camminata nelle pendenze più ripide, specialmente se quella che si sta preparando è una gara dove su quella pendenza si camminerà. Ne beneficeranno sia le gambe (che il giorno successivo potranno essere più fresche per un allenamento più specifico) che il fisico (che vedrà ridotto il rischio di cadere nel sovraffaticamento).
Ciò non toglie che alcuni allenamenti in salita si possano (e si devano) fare spingendosi a correre in pendenze più impegnative, in sedute specifiche finalizzate al miglioramento della qualità muscolari e aerobiche. L'importante è semplicemente che il “lento” sia davvero lento e che la camminata non venga trascurata e pensata come attività minore non necessaria alla riuscita di un ultratrail.
È fondamentale inserire degli allenamenti specifici di camminata in salita, per tratti brevi, medi o lunghi, con ripetute, variazioni o intensità costante, coi bastoni o senza, il tutto in funzione dell'obiettivo e del miglioramento di qualità in cui si è meno performanti.

venerdì 3 maggio 2019

Corsa lenta e corsa lenta

Uno degli errori tipici di chi corre, atleta evoluto o meno, su sentiero o su strada, in salita o in pianura, è quello di sovrastimare il ritmo del “lento", andando troppo forte e finendo per lavorare vicino o dentro la zona del “medio", o facendo dei veri e propri fartlek nel caso di allenamenti collinari.
C'è innanzitutto da specificare che esistono “lento" e “lento". Dipende da qual è l’obiettivo della seduta. Se è un lento per accumulare lavoro aerobico, allora il ritmo sarà intorno al 70-75% della propria frequenza cardiaca massima, un ritmo che permetta di parlare abbastanza facilmente, con affaticamento muscolare molto leggero, insomma, uno sforzo sostenibile (teoricamente) per diverse ore (sempre però a seconda del proprio livello atletico). L'altro tipo di “lento" invece può essere una seduta di recupero, quindi un “lento rigenerativo", con ritmi davvero blandi, dove è bene non badare alla velocità, mantenendo le pulsazioni intorno o al di sotto del 70%, con possibilità di parlare molto tranquillamente, sforzo muscolare davvero minimo, insomma, il puro jogging, una seduta più utile per recuperare gli sforzi dei giorni precedenti piuttosto che per fini puramente allenanti (anche se sappiamo che i miglioramenti e gli adattamenti fisici avvengono proprio durante la fase di recupero, ma non divaghiamo). In caso di seduta rigenerante spesso è consigliabile svolgere un'attività alternativa come ciclismo o bici, soprattutto dopo una gara o se si ha qualche dolore di troppo.
Come svolgere le sedute lente in salita o collinari? Semplice, andando piano. Su salita continua non è facile mantenere la frequenza cardiaca bassa o il respiro non affannoso se si corre, naturalmente a seconda della pendenza e delle proprie qualità fisiche, quindi camminare può essere spesso una buona soluzione. Questo vale anche per le corse lente collinari, dove nelle pendenze più ripide non dev’essere vergogna camminare, a maggior ragione se si fanno gare lunghissime dove quasi sicuramente in tratti del genere si camminerebbe. Anzi, la camminata in salita è spesso un allenamento fondamentale e quasi sempre trascurato, ne riparlerò.
Mi è capitato di correre a 4’15”-4'20”/km ad un ritmo che per i compagni di allenamento era definito lento, mentre era in realtà prossimo o persino più veloce del loro ritmo maratona, con affanno respiratorio importante. Stessa cosa in sedute in salita: non è capitato raramente di incontrare persone tentare di correre su pendenze molto accentuate pur con enorme affanno, durante quella che secondo loro era un giro “tranquillo".
I problemi dell'andare troppo veloce nelle sedute che dovrebbero essere di “lento" sono molti, ma facilmente riassumibili in un eccessivo affaticamento che alla lunga potrà far scadere la condizione fisica e causare infortuni, o, nel migliore dei casi, non provocare quella supercompensazione che il lento dovrebbe favorire, togliendo così l'efficacia degli allenamenti più specifici.
Capita però anche di andare troppo lenti. Era il mio esempio. Avendo giocato a calcio per anni, la corsa lenta era per me di difficile esecuzione. Se avete presente immagini in cui calciatori corrono lentamente, è un semplice trotterellare, più o meno quello che facevo anch'io. Mi ci è voluto del tempo per trovare i ritmi adeguati. Rimango però ancora dell'idea che almeno nei primissimi minuti è bene partire piano. In fondo è quello che fanno anche i kenyani.