venerdì 20 dicembre 2019

Pianificare la stagione

Pianificare l'anno di gare è sempre un gran casino. Farlo con buon anticipo è importante, anche se delle volte bisogna farlo con un anticipo fin eccessivo, con estrazioni di pettorali che partono a ottobre o novembre per gare dell'estate successiva, altri sorteggi a inizio gennaio, oppure a febbraio… Il rischio è di non venire mai estratti, oppure venire estratti in tutte, e allora bisogna fare una scelta tra farle tutte o saltare qualcosa, perché le gare costano, costa il pettorale, costa il viaggio, costa il pernottamento, e costa allenarsi, perché per prepararsi per certe gare bisogna fare delle altre gare di difficoltà sempre maggiore, e non sempre queste sono proprio dietro casa…

E allora come si fa? È difficile dare una risposta unica, dipende dai propri obiettivi, dalle aspettative, e soprattutto – appunto – dai sorteggi. Tendenzialmente trovo utile fare in questo modo. Porsi uno o due grandi obiettivi (soprattutto uno, se è proprio grande), posizionando possibilmente il doppio obiettivo separato di almeno 3 mesi se la distanza è simile. Attenzione, parlo di ultratrail extralarge, sopra i 100 km, ma vale anche per ultratrail più corti (intorno ai 60 km) se si è alle prime armi, oppure se non si amano le ultra distanze, o se si è meno portati per certe distanze (per alcuni 60 km possono essere di allenamento, per altri l’obiettivo di una vita). Per distanze più corte, dai 30 ai 40-45 km, è possibile affrontarle più ravvicinate (sempre che non si sia ai primi trail o che si abbiano acciacchi o altri problemi più o meno gravi). Bè, dunque, dicevo dei 3 mesi. Possono andare bene anche 2 mesi, sfruttando il primo obiettivo in funzione del secondo (un classico, LUT + UTMB). In tal caso si può andare in crescendo di distanza durante tutto l'anno, cercando di evitare grandi distanze (over 100 km) in primavera, oppure, se si vuole fare una bella ultra tra marzo e maggio (e non mancano di certo), è importante inserire dei periodi di recupero generale per non arrivare bolliti per fine dell'estate (quante volte ci sono cascato anch'io…). Certo, tutti conosciamo persone che fanno o hanno fatto tantissime ultra ravvicinate senza alcun problema, magari anche vincendone, ma quelli capaci di farlo sono pochi, che pochi altri possono seguire ed imitare.

Quindi, gli esempi su come gestire la stagione sono pressoché infiniti, ma provo a riassumere in breve due approcci diversi, dimenticando per il momento le classiche periodizzazioni tipiche degli sport di resistenza (merita un articolo a parte):
- Aumentare gradualmente durante i mesi le distanze di gara fino ad arrivare al giorno dell'obiettivo più importante, o più lungo (perché non è sempre detto che la distanza maggiore debba essere l'obiettivo principale, ma spesso è così), puntando nei diversi cicli di avvicinamento alle gare di preparazione ad allenamenti più mirati in una certa direzione specifica (ad esempio, all'inizio velocità, poi la tenuta al ritmo, poi la forza specifica, poi l'endurance puro – a proposito di periodizzazione…);
- Puntare ad un primo obiettivo, arrivandoci quindi dopo una fase di preparazione generale prima e una di preparazione specifica poi, e successivamente alla gara, un breve recupero, per poi rifare lo stesso tipo di avvicinamento al secondo obiettivo, ovviamente adattando la specificità della preparazione in funzione della gara.

Ma con uno o due obiettivi non c'è il rischio di buttare via un anno? Bè, sarebbe importante porsi altri obiettivi secondari (in gare che non significa siano meno belle, sia chiaro), oltre ad altre gare di puro e semplice divertimento/allenamento.
Si possono avere anche 3 gare “obiettivo", sempre se discretamente distanziate, ad esempio una in primavera, una in estate e una in autunno. E volendo se ne possono avere anche 4 o 5, ma è ovvio che anche in questo caso alcune diventano più prioritarie rispetto ad altre, e che la possibilità di centrarle tutte diminuisce. L'importante sarebbe mantenere in ogni caso almeno un paio di mesi di distanza una dall'altra, in modo da darsi il giusto recupero dopo ogni fatica e un minimo tempo sindacale per riprepararsi per la successiva, facendo gioco su una buona fetta di inerzia dalla precedente gara.
Insomma, stilare un piano per la stagione è spesso divertente quasi quanto correrle. Di sicuro meno faticoso, almeno fisicamente.

venerdì 13 dicembre 2019

Quando arriva quel momento in cui senti che...


Dopo un periodo di riposo, o alla ripresa da un infortunio, o anche semplicemente dopo aver iniziato da zero, arriva sempre un momento nelle prime fasi dell'allenamento in cui si sente la magia dell'adattamento del proprio corpo, e conseguentemente, o simultaneamente, della propria testa. L'inizio è sempre difficile. Ci si sente pesanti, probabilmente lo si è; si sentono i muscoli fiacchi, la forza non più come quella di un tempo, che sia un mese fa, o un anno, o vent'anni; il fiato corto; la fatica che arriva presto e fa quasi passare la già scarsa voglia; gli obiettivi che si avevano in testa che paiono lontane irraggiungibili chimere. E dopo i primi giorni i muscoli fanno male, ci si sente stanchi, ma la motivazione aumenta, perché si sente che qualcosa sta cambiando. E questa fase iniziale può durare qualche giorno, o qualche settimana, delle volte forse persino qualche mese, soprattutto se si viene da un lunghissimo stop. Poi d'improvviso arriva un momento di consapevolezza. Si ha una percezione diversa del proprio corpo attraverso le capacità riacquistate e il miglioramento delle sensazioni, oltre probabilmente che dei parametri oggettivi. Gli obiettivi diventano più chiari e raggiungibili, un po' più a portata di mano. Non è detto che si tornerà più forti e meglio di prima, magari non tutto funzionerà, magari l'età o un grave infortunio, o una minor disponibilità di tempo non permettono di migliorare la propria velocità o la resistenza. E di certo c'è ancora da darsi da fare, stando attenti a non farsi prendere da un eccessivo entusiasmo che porterebbe a esagerare e rischiare di buttare tutto all'aria. Quando arriva questo momento, però, questo momento in cui si sentono i miglioramenti, si può godere della bellezza dell'allenamento. Perché allenarsi non dev'essere una parola dispregiativa, si può uscire e semplicemente correre e muoversi, e divertirsi. Farlo con un minimo criterio può far divertire ancora di più. E alla fine stare meglio di prima.

mercoledì 11 dicembre 2019

Il circuit training per il trailrunner


Quando intorno non ci sono salite nemmeno per sbaglio, o quando queste salite sono troppo corte, o semplicemente, quando bisogna fare un po' di potenziamento generale senza andare per forza in palestra, ecco che arriva in soccorso il circuit training, che si può effettuare con una possibilità di combinazioni praticamente infinite, a seconda delle esigenze e degli obiettivi.
In cosa consiste?
Ormai non è più un segreto, l'allenamento a circuito è usato da tantissimi anni e quasi ogni programma lo prevede al proprio interno. Si tratta di effettuare consecutivamente una serie di esercizi, senza pause o con pause moto brevi, e ripetere la sequenza più volte. Senza entrare nello specifico delle miriade di tipologie di circuiti, faccio gli esempi di come li uso io di solito.
Circuito con tratti di corsa tra una stazione e l'altra. Ovvero, alterno esercizi di potenziamento a carico naturale (squat, affondi, addominali, piegamenti sulle braccia, ponte, esercizi per i dorsali, eccetera) a un tratto di corsa dai 60 ai 200 metri, con al termine della sequenza di esercizi un tratto più lungo, dai 400 ai 1000 metri. Un'alternativa per lavorare solo sulle gambe può essere quella di fare esercizi che comprendano anche saltelli, balzi e skipp. In questo caso l'allenamento diventa ancora più intenso. Al termine della corsa più lunga è bene fare un recupero, da 1’30” a 3’ a seconda del tipo di seduta e dalla forma. Le serie possono andare dalle 5 fino alle 10 nei casi più estremi. È un allenamento organico davvero completo, dato che si lavora sia sulla forza muscolare che sulla potenza aerobica, senza tralasciare la resistenza, visto che il tempo totale può andare dai 30’ ai 60’.
Circuito di forza dopo allenamento di corsa. Anche in questo uso due tipi di circuito diversi. Uno per lavorare sulla forza con gambe stanche, facendo ad esempio squat, affondi, sedia a muro e un breve tratto di corsa puntando alla rapidità di piedi, l'altro per fare del semplice potenziamento generale, soprattutto nel tronco. Il primo di questi è un ottimo esercizio per rinforzare le fibre muscolari soprattutto in vista delle discese. In questo caso sono sufficienti poche serie per avere dei bei risultati. Per preparare gare molto lunghe non è stato raro per me farlo anche dopo allenamenti lunghissimi. Il secondo invece è più semplice e normalmente lo inserisco dopo allenamenti di recupero, concentrandomi maggiormente sul tronco e usando magari dei leggeri pesi se sono a casa.
Circuito di forza generale. Questa è una seduta che faccio meno spesso, più in inverno durante la preparazione fisica generale. Alterno un po' tutti gli esercizi scritti qua sopra, magari usando qualche altro attrezzo come elastici, cubo, pesi, tavolette propriocettive. La considero una seduta a sé, e fatta spesso a secco. Al limite una piccolissima corsa di pochi minuti o una blanda pedalata su rulli o spinning come riscaldamento, oltre a qualche esercizio di mobilità articolare. Essendo tantissimi gli esercizi utili e fattibili in questo caso, per non fare dei circuiti troppi lunghi divido 5 o 6 stazioni per volta, facendo da 4 a 6 serie, e poi cambiando circuito. Non è che ne vada pazzo, ma è utile e soprattutto si può sfruttare una delle peculiarità di questo genere di allenamento, la continua varietà, permettendo di non annoiarsi troppo. Fatto ogni tanto anche durante l'anno è un modo semplice di mantenere una buona tonificazione generale.
Agli atleti che alleno faccio fare quello che ritengo più consono per loro. Ad esempio chi ha più tempo e più capacità fisiche propongo facilmente sia dei circuiti intensi con tratti di corsa che dei circuiti di tonificazione generale, mentre per chi si allena 3 volte a settimana è più difficile inserire tante sedute di questo tipo, perché sottrarrebbe tempo alla corsa e ha obiettivi più semplici. Così come per chi vive in pianura trovo quasi d'obbligo fare del potenziamento a circuito, un modo sempre utile per simulare almeno in parte lo sforzo che si affronta nei dislivelli delle gare.

venerdì 6 dicembre 2019

Sprint in salita per l'ultratrailrunner?


Si potrebbe facilmente pensare che sprint in salita e ultratrail non siano minimamente compatibili. In effetti è strano credere che delle velocità submassimali di pochi secondi possano essere utili per gare che possono andare oltre le 10, le 20 ore, o giorni e notti intere… Difficile dire con assoluta certezza se possa servire o se sia inutile svolgere una seduta di questo tipo, anche se gli studi tendono a confermare il miglioramento di diversi aspetti della forza. Ci sono fior di allenatori e atleti che non ne vogliono sentir parlare, e altri (come ad esempio Steve House e Scott Johnston nel loro “Training for the Uphill Athlete") che considerano gli sprint quasi come unica seduta intensa degna di essere svolta. In realtà negli ultimi anni vengono utilizzati addirittura come forma di recupero nell'atletica leggera, dato che alcuni brevi sprint in salita sarebbero in grado di aumentare la produzione di testosterone e ormone della crescita favorendo così un miglior e più rapido recupero.
Per quanto mi riguarda, ho sempre trovato molto utile fare gli sprint in salita in inverno, nella fase iniziale della preparazione, con al limite pochissime sedute di richiamo se durante l'anno per un qualche motivo ho dovuto diminuire l'allenamento. Ho sempre sentito grande beneficio muscolare, soprattutto dal punto di vista della reattività, oltreché un miglioramento del recupero dallo sforzo breve e intenso. Ecco perché li faccio fare spesso anche alle persone che alleno.
La durata. A seconda della durata si avranno adattamenti fisici diversi. Personalmente mi focalizzo raramente su una durata e basta. Normalmente parto dagli 8-10”, massimo 12”, per non creare un eccessiva produzione di acido lattico, con recupero che va dal minuto al minuto e mezzo, a seconda della condizione fisica. Poi si può aumentare fino a 15”, anche 20”, seppure già non sarebbe più un vero sprint ma un esercizio di resistenza alla velocità. Arrivando ai 30” o persino ai 45” si entra in un altro campo, con una buona produzione di acido lattico. Anche questo chiaramente è difficile chiamarlo sprint, essendo più una ripetuta breve in salita.
Quanti. Per gli sprint veri, quelli dagli 8 ai 12 secondi, normalmente se ne fanno dai 10 ai 20, sempre a seconda del periodo e della forma, arrivando al massimo a 30 per chi ha buone doti e un'ottima condizione atletica. Specialmente nelle prime sedute, si possono dividere in più serie, ad esempio 2 o 3x5, oppure 3x4, o 2x10 per chi può farne di più: questo per recuperare efficienza muscolare ed evitare un eccessivo affaticamento che comprometterebbe di terminare l’allenamento con efficacia.
Per chi può essere utile. Per chi prepara distanze brevi lo trovo un allenamento fondamentale, ma può servire anche a chi deve affrontare delle gare molto lunghe. 4 o 5 sedute di questo tipo non tolgono le proprie capacita di endurance e non modificano per nulla il metabolismo o le fibre muscolari, anzi, daranno ai muscoli una miglior efficienza per poter affrontare poi sedute più lunghe. Ovviamente una condizione base per questo tipo di seduta è una condizione di salute ottimale, in quanto lo sforzo richiede un grande impegno fisico.
Chi deve prestare attenzione. Oltre chi ha problemi di salute, deve avere attenzione (o evitarlo del tutto) chi ha problemi di schiena o è facilmente tendente alla contrattura, specie nei polpacci.
Che tipo di salita. La pendenza dovrebbe essere molto importante, come minimo oltre il 10%, meglio se intorno al 15-20%. Possibilmente su asfalto, per poter sfruttare tutta la spinta da parte del piede. Può essere molto utile farlo su una scalinata, che è leggermente diverso dal farlo su una pendenza lineare, questo perché avendo la lunghezza del passo prestabilito può esserci una migliore coordinazione, oltre al fatto che il gioco del piede cambia con l'appoggio più piatto su uno scalino.
La velocità. Si chiamano sprint, ma questi devono essere intorno al 90-95% del proprio massimo. Non è una finale olimpica. L'importante è mantenere una buona meccanica, una spinta efficiente ed elastica del piede, un ginocchia che si alza per bene, braccia che si muovono in modo anche leggermente accentuato. La velocità pura è secondaria.
Dopo gli sprint. Di norma sarebbe utile effettuare una corsa in leggera progressione su un percorso facile, oppure anche dei semplici allunghi. Spesso si sente di alternare gli sprint a dei tratti di corsa veloce, dai 200 ai 1000 metri, e sì, in effetti è una buona soluzione, a patto di avere una buona condizione fisica, o si finirà per non fare bene né gli sprint né il tratto in piano. Durante un ottimo periodo di forma ho potuto fare un 6 serie di 5 sprint di 15” con un km veloce dopo ogni serie (per un totale di 30 sprint e 6 km veloci), mentre in periodi di minore forma fatico a fare decentemente 5’ di leggera progressione dopo 10 sprint di 10”. Sta alla sensibilità dell'allenatore e dell'atleta gestire questo tipo di sedute.
Le banalità mai abbastanza scontate. Fare un buon riscaldamento, di almeno 20’, ma anche 30’, è fondamentale per prepararsi in modo adeguato alla seduta, soprattutto considerando che spesso la si svolge in inverno.
Insomma, alla fine di tutto, a mio parere gli sprint in salita sono molto utili anche per chi corre ultratrail.

venerdì 22 novembre 2019

Le paranoie invernali del trailrunner

Su YouTube c'è un canale di ciclismo molto interessante e sempre più seguito, GCN Italia, versione italiana di un format internazionale di successo, dove vengono pubblicati costantemente video assai gradevoli e con spunti interessanti, non solo per chi ama la bicicletta e segue il ciclismo, ma anche per chi fa sport di resistenza in generale. Lo spunto per parlare delle “paranoie invernali del trailer" è nato proprio da un servizio su questo canale. Ovviamente ci sono enormi differenze tra il ciclismo e la corsa, ma ci sono ugualmente molti punti di contatto. Ad esempio sono condivisibili buona parte degli esempi fatti nel video in questione, come la paura dell'aumento del peso in inverno, il timore di perdere efficienza muscolare, la fatica a riprendere dopo una pausa, eccetera. Di conseguenza, ecco quelli che secondo me possono essere le paure del trailrunner in inverno, prendendo qualche spunto dal video e aggiungendo altro.
Paura di stare fermi una settimana o due. Quasi nessuno è disposto a staccare la spina per un breve recupero psicofisico, sia che si tratti di top runner che di aspiranti finisher. Ma non succede nulla di male a star fermi, anzi, può servire davvero tanto prima di pensare ai successivi obiettivi. Di certo non è obbligatorio fare una pausa totale, ma certe volte, direi forse la maggior parte delle volte, sembra un dramma anche solo diminuire quantità e intensità di allenamento per qualche settimana.
Aumentare di peso. Come appena scritto qua sopra, raramente il trailrunner molla del tutto la presa, e soprattutto raramente pone attenzione al peso, per fortuna, aggiungerei. Tuttavia, guadagnare qualche chilo rispetto al peso che si ha durante le gare estive, può in alcuni casi sembrare una zavorra che diventerà difficilissima da togliere. Qualche chilo extra non farà male e lo si potrà riperdere in poco tempo, facendo ovviamente attenzione ad una crescita progressiva dell'allenamento, dato che il peso in più è a carico delle articolazioni.
Perdere tutto l'effetto allenante dell'anno passato. A stare fermi ci si deallena, certo, il corpo diventa meno performante, ma anche continuare a picchiare giù chilometri e dislivelli su un corpo stanco e stressato può far male, se non peggio. Diminuire il carico allenante per una settimana o due e poi tornare subito a darci dentro per la paura di dover ripartire da troppo indietro può portare ad avere subito un'ottima forma, proprio grazie al periodo recupero, col rischio però di affaticarsi molto presto e poi trascinare una forma altalenante durante i mesi con le gare a cui più si tiene.
Sentire le gambe senza la stessa forza delle migliori gare. Certo, succede, ed è più che normale, è fisiologico. Capita che dopo una pausa più o meno breve, le prime corse sembrano una gran fatica, nelle prime salite si arranca, dopo le prime discese si ha subito mal di gambe, anche se il dislivello è stato poco, i primi squat affaticano subito e lasciano dolori per una settimana, facendo pensare a come si possano fare 10mila metri di dislivello tra 8 mesi. Ma l'allenamento sensato e graduale serve proprio a ritornare ai livelli di prima e possibilmente superarli, bisogna solo avere un po' di pazienza e fiducia.
Pensare di allenarsi troppo poco. C'è spesso la convinzione che per preparare gare lunghissime in estate sia necessario già accumulare chilometri e ore e ore già in pieno inverno. Approfittare dei giorni liberi per un bel giro in montagna è sempre una cosa positiva, un'occasione da non perdere, ma una cosa è un giro tranquillo con amici per divertirsi e godersi l'aria aperta, un'altra è sentirsi in dovere di stare fuori mezza giornata a dicembre perché bisogna preparare una gara in agosto. Anche qua basta aumentare in modo graduale e si potrà arrivare tranquillamente ad accumulare il giusto numero di allenamenti lunghi e avere l’adattamento fisico necessario per le proprie gare.
Voler arrivare già in forma alla prima gara. Si può arrivare in forma alla prima gara dell'anno, e si può mantenere una buona forma a lungo, ma capita spesso di pensare che se la prima gara non va nel modo sognato, si è troppo in ritardo di condizione e non si arriverà mai in forma per l’appuntamento dell'anno, qualunque esso sia. Voler strafare rimane sempre uno dei principali errori del trailrunner, in qualsiasi periodo dell'anno, ma soprattutto lontano in inverno.
Ammazzarsi di ripetute veloci per diventare più veloci. Sì, l'inverno può essere una buona occasione per ridare giri al motore, migliorare la velocità di base, in una programmazione inversa rispetto alle classiche vecchie metodologie sugli sport di resistenza, più vicini alle moderne concezioni provenienti dal triathlon, ma l'errore sta nel pensare che sia necessario fare 3, 4, 5, persino 6 allenamenti intensi a settimana per diventare più veloci. Niente di più sbagliato. Si diventerà più veloci... nell'infortunarsi. Sono sufficienti 2 sedute a settimana, con lavori con caratteristiche diverse, per ottenere buoni risultati sulla velocità, anzi, per chi riesce ad allenarsi poche volte a settimana possono già essere troppe. Si può aggiungere qualcosa a ritmi medi in un altro allenamento per chi fa un buon volume di base, per doti fisiche e (forse soprattutto) fisico, ma non serve ammarsi di velocità. Basta fare le cose giuste nel modo giusto.
Ah, ovviamente tutte queste piccole paranoie del trailrunner le ho avute anch'io, eccome, ecco perché le conosco così bene!

venerdì 15 novembre 2019

Allenarsi al chiuso per il trail running? Blasfemia a volte obbligata


Ci si può allenare per il trail in palestra? La risposta potrebbe essere una facile battuta, una non-risposta, se si pensa all'essenza del trail running, ovvero correre in natura, all'aperto, non di certo all'interno di 4 mura su un tappeto di gomma e con lo sguardo che può al massimo concentrarsi su un video usato per distrarsi. Però c'è un però. Ovvero che spesso non esiste alternativa migliore. Non tutti hanno sentieri disponibili dietro casa, o vicino al luogo di lavoro, o possono allenarsi in orari e in zone dove si può andare senza timore (per le donne soprattutto, purtroppo). Chi abita in città in luoghi pianeggianti spesso non può fare altro che andare sul traedmill (o tapis roulant, che dir si voglia) per fare dislivelli. Chi può allenarsi solo il mattino presto o in orario di cena e vive in zone non troppo rassicuranti, ha nel tappeto (in casa o in palestra) un luogo sicuro dove allenarsi. Senza considerare che degli esercizi specifici per la forza possono essere molto utili, se non essenziali in particolari casi.
Addirittura sul traedmill si possono fare degli allenamenti specifici molto importanti. Poche persone hanno la possibilità ad esempio di trovare una salita corribile lunga un'ora o un'ora e mezza, dove poter fare variazioni di ritmo, oppure lavorando ad una certa intensità, magari inserendo anche lo stairmill. Poche volte, per fortuna, ma mi è capitato di fare allenamenti in salita continua di 3h, alternando tra traedmill e stairmill.
Sicuramente è più difficile capire le velocità giusta su varie pendenze rispetto alla corsa in piano, ma con un po' di pratica e una buona conoscenza di se stessi si può trovare il ritmo adeguato allo scopo della seduta, anche senza affidarsi a test e complicati calcoli. Se l'attrezzo è di buona qualità si possono usare i watt per valutare lo sforzo, anche se questi possono variare leggermente a seconda della pendenza e delle caratteristiche meccaniche della corsa. Chi ha una potenza “a soglia" (per semplificare) in pianura di 250 watt, non è detto che correndo su una pendenza del 15% sprigioni lo stesso wattaggio, a causa del diverso gesto tecnico e di un intervento diverso da parte della muscolatura. Allenandosi con l'aiuto della misurazione dei watt da parte del treadmill si possono notare bene eventuali miglioramenti, cosa che su una salita “reale" è più difficile senza un misuratore di potenza (che non amo e che spero si possa non diffondere nella corsa in natura). Ad esempio su una salita vera ci si può misurare a distanza di tempo, ma potrebbero essere rilevanti la distribuzione dello sforzo e le condizioni climatiche, mentre in palestra uno stesso lavoro in periodi diversi può essere meglio paragonabile. Ad esempio, io in questo 2019 ho svolto sullo stesso treadmill uno stesso allenamento di variazioni in salita a inizio febbraio e uno a inizio maggio, il primo dopo un breve periodo di riposo e a inizio preparazione, il secondo in quello che è stato il mio periodo di forma migliore di tutto l'anno. La percezione dello sforzo è stata lo stessa, l'impegno uguale, le variazioni dell'identica durata, ma nel secondo ho potuto notare un miglioramento medio di circa 30-40 watt, ovvero una migliore velocità, sia nelle fasi intense che nei recuperi, il tutto con un peso forma leggermente più basso, quindi con un rapporto peso/potenza decisamente migliore, un consumo energetico minore, e la possibilità di tenere quell’intensità più a lungo.
Insomma, si può anche deridere chi si allena al chiuso, ma certe volte gli svantaggi si possono trasformare in fortune.

venerdì 8 novembre 2019

Trailrunning: allenarsi in pianura


Allenarsi per gare con migliaia di metri di dislivello vivendo in pianura non è facile, ma non è impossibile. Ci sono trailer di livello mondiale che vivono prevalentemente in pianura e si difendono più che bene in salita. Anch'io, nel mio piccolo, non ho mai avuto grandi salite a disposizione dietro casa, sia a Busto Arsizio, che a Baltimore. Esistono diversi piccoli espedienti per riuscire ad allenarsi in modo adeguato per i grandi dislivelli.
Innanzitutto è già importante dire che non è per forza necessario accumulare dislivelli himalayani per preparare lunghe distanze. Certo, aiuta, ma è sufficiente mantenere un allenamento generale costante e fare salite con criterio. Fare 10000 metri di dislivello settimanale senza un logica può essere utile esattamente come farne meno della metà ma fatti bene. Però è necessario fare salite e discese se poi ci si vuole divertire in gara.
Quindi cosa fare se si vive in pianura? Bè, quantomeno nel weekend bisognerebbe sfruttare il tempo a disposizione per fare del dislivello (sempre che non si abiti nel mezzo della Pianura Padana e non sia facile spostarsi), approfittando anche di eventuali altri giorni liberi. Nel caso lo spostamento non sia corto e semplice, meglio andarci per fare un bel giro lungo e rendere il più utile possibile la seduta. In settimana, o nei restanti giorni, si possono inserire uno o due allenamenti su saliscendi, sempre che li si abbia a disposizione.
Se si ha una salita di 2’, bene, se è di 5’, meglio, se è di 20”, ok, la si può comunque sfruttare in qualche modo. L’importante è riuscire a usare quello che c'è a disposizione in maniera utile. Probabilmente in queste sedute si può fare più facilmente degli allenamenti intensi, magari per evitare di annoiarsi troppo, ma anche sedute più blande, eventualmente con un mini circuito da ripetere più volte, posso servire per fare un lavoro di base aerobica con un minimo di lavoro su pendenze più o meno accentuate.
Se c'è una scalinata disponibile, la si può usare nei modi più disparati, dagli sprint, a dei continui su e giù di corsa, oppure in cammino (allenamento che consiglio molto), o ancora alternando corsa e cammino. Insomma, ci si può - e si deve - sbizzarrire, sfruttandola anche per la discesa, con discese in scioltezza, oppure in rapidità, oppure a 2 o 3 scalini alla volta (se la lunghezza degli stessi lo permette e non si rischia troppo), o con piccoli balzi.
Se non c'è nemmeno l'ombra di una salita nel raggio di chilometri, allora può essere necessario affidarsi ad una palestra, sia con esercizi ai macchinari, che sfruttando treadmill e stairmill (sempre più diffuso), coi quali si possono fare persino migliaia di metri di dislivello con diverse andature e diversi lavori specifici, ma anche step ellittico o vogatore, magari inserendoli in circuiti di esercizi per non annoiarsi troppo e avere stimoli differenti, oltre al più classico spinning. In questo caso però si può fare poco per la discesa, se non con esercizi specifici per la forza eccentrica e magari con la pliometria, sforzo che richiede molta attenzione per non incappare in infortuni, oltre che con la propriocezione se basi instabili.
Se la palestra invece è una tortura o la si preferisce evitare (cosa più che comprensibile se si ama la corsa in natura), allora devono arrivare in soccorso degli esercizi a corpo libero, sia come preparazione fisica generale, sia come aiuto per il miglioramento della forza negli arti inferiori e nei glutei. Sono sufficienti dei semplici squat, affondi e step up per aiutare a guadagnare parte delle qualità necessarie in gara. Anche la sedia a muro è un esercizio fondamentale per chi vive in pianura, inserendola eventualmente alla fine di una seduta intensa per simulare parte delle condizioni muscolari di gara. Un allenamento molto completo è il circuit training, con esercizi di potenziamento a corpo libero da alternare a tratti di corsa.
Un'altra attività semplice e fattibile da tutti è il nordic walking. Certo, per molti potrebbe sembrare noiosa, ma alcune sedute possono essere molto utili per migliorare la tecnica dell'uso dei bastoni e della camminata, sforzo che in gare come UTMB, e soprattutto Tor des Geants è di fondamentale importanza.
Non ho detto finora del ciclismo, sia con bici da corsa che con mountain bike, dove è possibile fare dei buoni lavori di forza anche in pianura, oppure con rulli e spinning per i mesi più freddi e bui. Non tutti hanno la possibilità o la voglia di usare le due ruote, ma per chi riesce è un'attività sempre più che consigliabile.