E allora come si fa? È difficile dare una risposta unica, dipende dai propri obiettivi, dalle aspettative, e soprattutto – appunto – dai sorteggi. Tendenzialmente trovo utile fare in questo modo. Porsi uno o due grandi obiettivi (soprattutto uno, se è proprio grande), posizionando possibilmente il doppio obiettivo separato di almeno 3 mesi se la distanza è simile. Attenzione, parlo di ultratrail extralarge, sopra i 100 km, ma vale anche per ultratrail più corti (intorno ai 60 km) se si è alle prime armi, oppure se non si amano le ultra distanze, o se si è meno portati per certe distanze (per alcuni 60 km possono essere di allenamento, per altri l’obiettivo di una vita). Per distanze più corte, dai 30 ai 40-45 km, è possibile affrontarle più ravvicinate (sempre che non si sia ai primi trail o che si abbiano acciacchi o altri problemi più o meno gravi). Bè, dunque, dicevo dei 3 mesi. Possono andare bene anche 2 mesi, sfruttando il primo obiettivo in funzione del secondo (un classico, LUT + UTMB). In tal caso si può andare in crescendo di distanza durante tutto l'anno, cercando di evitare grandi distanze (over 100 km) in primavera, oppure, se si vuole fare una bella ultra tra marzo e maggio (e non mancano di certo), è importante inserire dei periodi di recupero generale per non arrivare bolliti per fine dell'estate (quante volte ci sono cascato anch'io…). Certo, tutti conosciamo persone che fanno o hanno fatto tantissime ultra ravvicinate senza alcun problema, magari anche vincendone, ma quelli capaci di farlo sono pochi, che pochi altri possono seguire ed imitare.
Quindi, gli esempi su come gestire la stagione sono pressoché infiniti, ma provo a riassumere in breve due approcci diversi, dimenticando per il momento le classiche periodizzazioni tipiche degli sport di resistenza (merita un articolo a parte):
- Aumentare gradualmente durante i mesi le distanze di gara fino ad arrivare al giorno dell'obiettivo più importante, o più lungo (perché non è sempre detto che la distanza maggiore debba essere l'obiettivo principale, ma spesso è così), puntando nei diversi cicli di avvicinamento alle gare di preparazione ad allenamenti più mirati in una certa direzione specifica (ad esempio, all'inizio velocità, poi la tenuta al ritmo, poi la forza specifica, poi l'endurance puro – a proposito di periodizzazione…);
- Puntare ad un primo obiettivo, arrivandoci quindi dopo una fase di preparazione generale prima e una di preparazione specifica poi, e successivamente alla gara, un breve recupero, per poi rifare lo stesso tipo di avvicinamento al secondo obiettivo, ovviamente adattando la specificità della preparazione in funzione della gara.
Ma con uno o due obiettivi non c'è il rischio di buttare via un anno? Bè, sarebbe importante porsi altri obiettivi secondari (in gare che non significa siano meno belle, sia chiaro), oltre ad altre gare di puro e semplice divertimento/allenamento.
Si possono avere anche 3 gare “obiettivo", sempre se discretamente distanziate, ad esempio una in primavera, una in estate e una in autunno. E volendo se ne possono avere anche 4 o 5, ma è ovvio che anche in questo caso alcune diventano più prioritarie rispetto ad altre, e che la possibilità di centrarle tutte diminuisce. L'importante sarebbe mantenere in ogni caso almeno un paio di mesi di distanza una dall'altra, in modo da darsi il giusto recupero dopo ogni fatica e un minimo tempo sindacale per riprepararsi per la successiva, facendo gioco su una buona fetta di inerzia dalla precedente gara.
Insomma, stilare un piano per la stagione è spesso divertente quasi quanto correrle. Di sicuro meno faticoso, almeno fisicamente.
Nessun commento:
Posta un commento