venerdì 1 ottobre 2021

Il rimpianto della Transvulcania

Guardando le immagini del vulcano di La Palma è impossibile rimanere indifferenti, soprattutto per chi come me ci ha corso uno dei trail più suggestivi e belli degli ultimi anni, la Transvulcania. È proprio l’attività vulcanica ad aver creato il fascino e la bellezza dell’isola, e quindi anche della gara. Detto questo, ammetto che dopo averci corso in due edizioni, sogno da anni di poterci tornare, meglio allenato, meglio preparato, più consapevole. Chissà se succederà prima o poi. Dubito, ma lo spero.

Il desiderio di tornarci è spinto dal non aver fatto il mio meglio nelle due partecipazioni. Nel 2013 arrivavo da un inverno complicato a causa di una frattura da stress alla tibia, tanti (troppi) allenamenti in bici, forma scarsa, qualche fastidio durante le discese più difficili, gambe non ancora ben riadattate ai dislivelli sui sentieri. Nel 2014 ero sicuramente più pronto, ma feci un erroraccio. Torniamoci.

Durante l’inverno tra fine 2013 e inizio 2014 mi ero concentrato solo su gare brevi e intense, volevo migliorare il più possibile la mia velocità di base (per natura non altissima), tenermi tutta la voglia di lunghe distanze dalla primavera in poi, visto un calendario parecchio impegnativo con tanti eventi internazionali di alto livello. Quindi tra novembre e marzo feci decine e decine di gare, tra campestri, ciaspolate, corse sulla neve, serali su strada, un paio di mezze maratone, concludendo con un personale sulla maratona. Da lì ripresi sui sentieri. Un paio di gare (Maremontana non ancora bene allenato e una vittoria alla Maratona Alpina di Val della Torre), allenamenti più specifici, ma senza esagerare coi volumi. Vista l’esperienza dell’anno precedente a La Palma, dove patii tantissimo i 2400 metri di discesa continua da Roque de los Muchachos fino all’oceano nel finale della corsa, e con gran caldo, mi allenai appunto soprattutto per la discesa. Per la velocità e la forza muscolare ero già discretamente pronto. Almeno fino alla settimana pre gara mi sentivo pronto. Poi però…

Per godermi l’isola e per migliorare il mio adattamento al clima decisi di fare lì tutta l’intera settimana prima della gara. Pensai fosse una buona idea provare alcuni pezzi di percorso. Non volevo esagerare, ma mi feci prendere la mano. Il lunedì e il martedì feci due allenamenti di circa 3 ore ciascuno. Ero andato tranquillo, ma 3 ore si sentivano. Dal mercoledì al venerdì limitarmi ad una blanda mezzoretta sciogli gambe non fu ovviamente sufficiente. Alla partenza del sabato sentivo ancora le gambe pesanti e poco reattive. La partenza a tutta nella prima salita fu decisamente dura. In classifica ero parecchio indietro, ma la forma non era andata via, dovevo solo tenere duro e aspettare che le gambe si sbloccassero un po’. Così iniziai via via a rimontare. Anche senza mai riuscire a trovare brillantezza nella corsa, continuavo a recuperare. In cima al termine della lunga cresta (per chi non lo sapesse, la gara misurava 73 km con 4400 m+: la parte in cresta coi maggiori dislivelli terminava dopo circa 50 km, prima della lunghissima discesa, al termine del quale partiva l’ultima salita di 6 km circa verso l’arrivo) ero intorno al 40° posto. L’unica cosa vantaggiosa di quei lunghi allenamenti dei giorni precedenti fu che le mie fibre muscolari si erano ben adattate alle discese, così in quei 2400 metri di picchiata verso l’oceano riuscii a recuperare ancora, grazie anche agli allenamenti specifici fatti nei mesi precedenti. Nel finale ero stanco, ma guadagnai una posizione decente, 31° assoluto, 29° uomo (mi arrivarono davanti due donne) in 8h28’ in una delle edizioni più competitive, arrivando davanti ad un certo David Laney, con un tempo migliore di quello che avrebbero fatto l’anno successivo due giovani volti spagnoli, Manuel Merillas e Pau Capell (anche se il paragone dei tempi in anni diversa lascia sempre il tempo che trova). Senza quei due allenamenti così lunghi avrei molto probabilmente avuto una gamba più fresca e probabilmente mi sarei giocato una posizione migliore, magari vicino alle 8 ore.

Erano anni in cui ero fissato col dislivello, ma questo mi faceva perdere contatto da altri fattori altrettanto utili, se non di più, come ad esempio proprio la freschezza pre gara. Errore dopo errore sono riuscito a migliorare sempre di più l’allenamento, anche se la perfezione non esiste ed errori se ne commettono sempre. Soprattutto col senno di poi.

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