venerdì 22 ottobre 2021

Piccolo elogio a Ludovic Pommeret

Foto ©Géraldine Blandin

Non mi espongo quasi mai su un singolo atleta, ma lasciatemi un attimo parlare di Ludovic Pommeret. E lasciatemi essere schietto: a differenza di molti italiani, non provo particolare antipatia per i francesi, anzi, credo che sotto tantissimi aspetti siano stati decisamente avanti rispetto a noi vicini di casa (parlando di eventi endurance, sono loro ad aver inventato Tour de France, Paris-Dakar, UTMB, Marathons de Sables e un sacco di altri eventi simili), infatti mi chiedo se l’antipatia che proviamo non sia una forma di invidia… ma non voglio parlare di questo, sto già divagando.

Bé, ho potuto conoscere Ludovic, anche se senza parlarci per più di due frasi, data la riservatezza di entrambi, dopo la Diagonale des Fous del 2014, quando arrivai 7°, mentre lui arrivò 2°, più qualche veloce saluto in poche altre occasioni. Sicuramente è meno personaggio di altri, probabilmente è meno “dominatore” rispetto a plurivittoriosi da gare importanti (penso a D’Haene, ma ancora di più a Thevenard, non troppo diverso da Pommeret come carattere, probabilmente, davvero poco espansivo, ma molto più conosciuto e considerato dopo i suoi tanti successi), ma credo ugualmente sia il più sottovalutato in senso assoluto nel mondo trail, almeno in Italia, sebbene sia tra i più costanti e longevi.

Eppure ha vinto un UTMB, nel 2015, in una delle edizioni più folli, con continui cambi di classifica, ma forse la mancanza di uno dei classici dominatori ha fatto un po’ passare in secondo piano questo risultato. Quest’anno è arrivato 4° a Chamonix, il più anziano (46 anni) ad arrivare nei primi 5 dal 2009. È arrivato 3 volte secondo alla Diagonale des Fous, la prima volta nel 2009 (a testimonianza della longevità, non solo anagrafica). Ha vinto una gran quantità di classiche francesi con livelli tra i più alti al mondo, e dove non ha vinto, si è piazzato, con una costanza con pochi eguali (a partire da TDS e CCC, fino alle forse da noi meno considerate Maxi Race, SaintéLyon, Templiers, Ventoux, ma per nulla meno competitive).

Forse uno dei motivi per cui è poco “famoso” di quanto meriterebbe nel mondo e in Italia è proprio il fatto di non aver corso tantissime gare all’estero, soprattutto quelle che noi conosciamo di più. Un 2° posto alla Transvulcania nel 2017, ma nessuna partecipazione a classiche molto apprezzate da noi, come Trangrancanaria, Madeira, Lavaredo, Eiger, o altre ancora che ora non elenco, e nessuna gara americana.

Ma sapete la cosa che più apprezzo di lui e della sua carriera? Mi piace il suo passare da gare lunghissime come UTMB e Diagonale des Fous, ad altre più brevi, o meglio, forse il contrario, visto che gare oltre i 100 km ne ha fatte poche in confronto a distanze minori. Un esempio della sua costanza sono i piazzamenti nei mondiali trail, non importa su quale distanza. 7° nel 2019 su un percorso velocissimo di 44 km, dove molte nazionali si sono presentate con atleti provenienti dalla corsa in montagna, 6° sui 50 km del Trail Sacred Forest sugli Appennini due anni prima, ma anche i piazzamenti (5°, 5° e 6°) sulle più lunghe distanze oltre gli 80 km dei mondiali 2015, ‘16 e ‘18. Una costanza rara. Il tutto con pochissimi ritiri: a memoria - e con quello che ho visto cercando online - solo uno ad UTMB e Diagonale, ritiri ben compensati da altri grandi risultati nelle stesse gare, direi.

In inverno non disprezza gare brevi sulla neve (più volte, negli anni passati, l’ho visto vincente nelle gare poco oltre il confine alle quali partecipavo durante i mesi freddi), oltre allo scialpinismo, dove se la cava mica male, pur non essendo nel giro della nazionale, tanto da arrivare 5 volte nei primi 20 alla Pierra Menta, una delle più importanti gare sulla neve, una sorta di Tour de France della specialità.

Adoro gli atleti polivalenti che sanno destreggiarsi su distanze diverse, percorsi diversi, e anche sport diversi. Come tanti atleti più seguiti e famosi vengono giustamente esaltati per queste loro qualità (soprattutto se si tratta di americani), trovo che anche lui debba ricevere il giusto merito (anche se francese).

Concludo, per aggiungere che sono felicissimo anche per Daniel Jung, non vorrei sembrasse il contrario, ragazzo super in gamba, con gamba super, primo italiano a vincere la Diagonale des Fous. Ero sicuro prima o poi avrebbe vinto una grande gara, e sono convinto sia solo la prima.

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