Fino a quanto si può migliorare con un allenamento strutturato? Come più o meno per ogni altra cosa riguardo l'allenamento personalizzato, dipende. È inutile parlare di percentuali, come ad esempio si legge su titoli di riviste o siti (“migliora del 10% la tua velocità”, “aumenta fino al 30% la tua resistenza", eccetera…). Tutto dipende da dove si vuole migliorare. In salita corribile? In salita ripida dove camminare? In discesa facile? In discesa tecnica? Sulla pura resistenza fisica? Sulla resistenza muscolare? La bellezza dell’ultratrail è che sono necessarie più o meno tutte queste caratteristiche, e molte altre. Non è facile migliorarle tutte, ci vuole pazienza e tempo. Soprattutto tempo e possibilità di allenarsi.
Per prima cosa è importante porsi obiettivi raggiungibili. È più semplice avere un obiettivo cronometrico chiaro e realistico su distanze classiche su strada come la mezza maratona e la maratona: è sufficiente prendere un risultato su una distanza classica oppure fare dei test sulla propria soglia anaerobica per estrapolare un potenziale tempo cronometrico, che sarà in ogni caso variabile in base alle proprie caratteristiche e al passato sportivo. Ad esempio, a parità di velocità su una 5 km, per una persona proveniente da sport di resistenza e con all'attivo già gare medio/lunghe si potrà prevedere un risultato su una maratona migliore rispetto ad un esordiente su tali distanze e con caratteristiche fisiche più portate per la velocità. Ma anche qua tutto cambia sulla base della possibilità di allenamento. Con un’attività lavorativa e famigliare stressante e poca possibilità di allenamento sarà ovviamente più complicato prepararsi al meglio rispetto a chi ha un minor impegno extrasportivo. La scoperta dell'acqua calda, qualcuno potrebbe dire, ma spesso non è così scontato. Non basta avere un allenatore per avere la certezza di migliorare. Con un allenatore si può strutturare meglio la stagione, rischiare di meno gli infortuni, ma il miglioramento dipenderà in buona parte da quanto tempo si può dedicare all'allenamento.
Ho fatto l'esempio della corsa su strada, dove i miglioramenti sono più misurabili, ma pensate a quanto può essere più complicato nell'ultratrail. L'obiettivo il più delle volte può essere non cronometrico, soprattutto se alle prime esperienze. E in ogni caso, se ci si pone un obiettivo cronometrico, questo dev'essere realistico. Ad esempio, è praticamente certo che per correre l’UTMB sotto le 24 ore bisogna andare facilmente sotto i 35’ sui 10 km su strada, è una questione di motore aerobico. Chi corre 10 km a fatica sui 40’ difficilmente può pensare di scendere sotto le 30 ore, ancora di più se ci si allena magari 3 volte a settimana e in modo discontinuo. Non sto a tediarvi con le formule matematiche che confermerebbero questa constatazione.
Ma come ho accennato a inizio articolo, per migliorare c'è bisogno di tempo. Non esistono formule magiche. E maggiore è la distanza che si intende affrontare, maggiore è il tempo che bisognerebbe avere a disposizione per migliorare atleticamente, se si vuole puntare ad un risultato cronometrico. Se il tempo invece è poco, si potrà finire in buone condizioni, recuperare velocemente dopo la gara, ma l'obiettivo si dovrebbe spostare maggiormente “semplicemente" sul terminare la prova, senza farsi difficili e pericolose illusioni cronometriche.
giovedì 4 aprile 2019
giovedì 28 marzo 2019
Quanto tempo per vedere i benefici dell'avere un allenatore? Un giorno, una settimana, un mese, un anno
Quanto tempo ci vuole per vedere i benefici dell'allenamento sotto la guida di un allenatore? Non c'è un tempo prestabilito, e non c'è fine alla possibilità di miglioramento, se non un fisiologico decadimento fisico. Più ci si conosce, più si può intervenire, modificare, osare. È ovvio che migliore è il rapporto, migliore può essere il supporto.
Un giorno può permettere di dare semplicemente alcune dritte su come impostare vagamente una stagione o un ciclo di allenamento. Se l'atleta non ha alcun metodo, può già avere dei riscontri in una semplice costruzione ragionata dei cicli di allenamento e delle sedute principali, capendo a grandi linee cosa fare e cosa non fare, quando fare cosa, e magari anche perché.
Una settimana serve per iniziare, dare una struttura semplice, ma bisogna sempre partire con allenamenti non troppo complicati e non troppo rivoluzionari per le abitudini dell'atleta, in modo da ricevere i primi semplici feedback. Non si fanno miracoli in una settimana, ma si iniziano a comprendere le diverse reazioni ai diversi stimoli. È superfluo aggiungere che l'impostazione si fa sulla base dello storico sportivo dell'atleta, soprattutto nell'ultimo periodo.
Un mese permette di stabilire la prima vera conoscenza dell’atleta da parte dell'allenatore, e viceversa. Si può comprendere la capacità di recupero e di assimilazione dei carichi, i difetti maggiori su cui lavorare, le qualità su cui poter contare. Ovvio che però i miracoli non avvengono nemmeno in un tempo così breve, la quantità e la qualità dell’allenamento sono ancora in divenire. I progressi maggiori avvengono in genere dopo tre mesi, dopo un lavoro impostato e perfezionato e grazie allo scambio reciproco di informazioni. Sono soprattutto le gare a dare le migliori indicazioni, che siano di preparazione e di avvicinamento o già un poco mirate.
Un anno è il periodo perfetto per poter avere una conoscenza reciproca davvero intensa. Se il lavoro fatto durante la stagione sportiva ha portato già risultati e soddisfazioni, sarà il momento perfetto per poter fare il passo successivo. Conoscendo al meglio le possibilità di reazione agli stimoli e le capacità di recupero dell’atleta durante tutto l'arco di tempo, si potrà impostare nel migliore dei modi tutta la stagione successiva, potendo modulare in modo ancora più dettagliato i periodi di carico e di recupero, permettendosi eventualmente di osare per tentare di far fare un salto di qualità, cosa difficile da fare all'inizio del rapporto, dato che il primo obiettivo è sempre quello di tenere lontani gli infortuni.
Dopo anni ancora tutto diventa sempre più simbiotico. Tuttavia sappiamo tutti benissimo che le relazioni umane durature sono difficili e piccole e grandi incomprensioni sono sempre dietro l'angolo, così come cambiano le esigenze e gli obiettivi.
Un giorno può permettere di dare semplicemente alcune dritte su come impostare vagamente una stagione o un ciclo di allenamento. Se l'atleta non ha alcun metodo, può già avere dei riscontri in una semplice costruzione ragionata dei cicli di allenamento e delle sedute principali, capendo a grandi linee cosa fare e cosa non fare, quando fare cosa, e magari anche perché.
Una settimana serve per iniziare, dare una struttura semplice, ma bisogna sempre partire con allenamenti non troppo complicati e non troppo rivoluzionari per le abitudini dell'atleta, in modo da ricevere i primi semplici feedback. Non si fanno miracoli in una settimana, ma si iniziano a comprendere le diverse reazioni ai diversi stimoli. È superfluo aggiungere che l'impostazione si fa sulla base dello storico sportivo dell'atleta, soprattutto nell'ultimo periodo.
Un mese permette di stabilire la prima vera conoscenza dell’atleta da parte dell'allenatore, e viceversa. Si può comprendere la capacità di recupero e di assimilazione dei carichi, i difetti maggiori su cui lavorare, le qualità su cui poter contare. Ovvio che però i miracoli non avvengono nemmeno in un tempo così breve, la quantità e la qualità dell’allenamento sono ancora in divenire. I progressi maggiori avvengono in genere dopo tre mesi, dopo un lavoro impostato e perfezionato e grazie allo scambio reciproco di informazioni. Sono soprattutto le gare a dare le migliori indicazioni, che siano di preparazione e di avvicinamento o già un poco mirate.
Un anno è il periodo perfetto per poter avere una conoscenza reciproca davvero intensa. Se il lavoro fatto durante la stagione sportiva ha portato già risultati e soddisfazioni, sarà il momento perfetto per poter fare il passo successivo. Conoscendo al meglio le possibilità di reazione agli stimoli e le capacità di recupero dell’atleta durante tutto l'arco di tempo, si potrà impostare nel migliore dei modi tutta la stagione successiva, potendo modulare in modo ancora più dettagliato i periodi di carico e di recupero, permettendosi eventualmente di osare per tentare di far fare un salto di qualità, cosa difficile da fare all'inizio del rapporto, dato che il primo obiettivo è sempre quello di tenere lontani gli infortuni.
Dopo anni ancora tutto diventa sempre più simbiotico. Tuttavia sappiamo tutti benissimo che le relazioni umane durature sono difficili e piccole e grandi incomprensioni sono sempre dietro l'angolo, così come cambiano le esigenze e gli obiettivi.
venerdì 22 marzo 2019
Esiste l'allenamento perfetto nel trail running?
Esiste il metodo di allenamento perfetto o ideale nel trail e nell’ultratrail? Bè, correre sui sentieri, ovviamente. E può funzionare benissimo il non avere un metodo, correre in modo anarchico, cercando semplicemente nuove strade, raggiungere nuove vette, scoprire posti nuovi, lasciandosi andare alle proprie sensazioni. È anche vero però che correndo in questo modo si rischia maggiormente di incorrere in infortuni o in sovraffaticamenti, di faticare di più in certi tratti poco congeniali durante le gare, oltre magari ad avere poca longevità sportiva. Ok, banalità. Ma allora, esiste o no l'allenamento ideale? Se esistesse un metodo sicuro ci sarebbero solo allenatori guru e atleti perfetti. Purtroppo, o per fortuna, non è così. L'allenamento ideale è quello tagliato su misura per se stessi e che arriva dopo anni di evoluzione atletica. Chi vive in pianura non può allenarsi nello stesso modo di chi vive in montagna; chi ha al massimo un’ora al giorno disponibile non può allenarsi nello stesso modo di chi ha tempo per fare lunghi allenamenti, che siano in montagna o in bici; chi quasi non vede la luce del giorno chiuso in un ufficio tutto il giorno ed è costretto ad allenarsi in palestra non può allenarsi come chi ha sentieri dietro casa; e mille altri esempi possibili. Ecco quindi che chi vive in pianura dovrà per forza di cose aggiungere degli allenamenti specifici di forza, chi non va in bici farà altre attività alternative (o non le farà proprio, se non vuole), chi si allena in palestra si dovrà sbizzarrire tra treadmill, stairmill, spinning ed esercizi vari, con pesi o meno. Inoltre tutto dipenderà dalla gara che si dovrà preparare: trail di 20 km corribili sono ben diversi da tecniche skyrace di 20 km, trail di 50 km possono avere durata e tipo di percorsi completamente diversi uno dall'altro, trail di 120 km sono un pianeta a parte, ancora di più lo sono le “100 miglia” (che a loro volta cambiano completamente a seconda che siano le “veloci" gare americane o le gare europee), e ancora diverso è un Tor de Geants. Inoltre l’allenamento cambierà anche dalla psicologia dell'atleta, e sebbene entriamo in un campo specifico nel quale non ho competenze, può essere relativamente facile capire quale sia il tipo di motore mentale dell'atleta, a seconda delle preferenze delle tipologie di gara e di seduta di allenamento (per chi volesse capirne di più consiglio il libro dell'amico Cesare Picco, “Stress & performance atletica", disponibile qui https://www.amazon.it/Stress-performance-atletica-Cesare-Picco/dp/8899566135 ).
Oltre alle caratteristiche della persona che si allena, tutto cambia in funzione dell'obiettivo, che sia il provare a migliorare le proprie prestazioni, ma anche semplicemente correre la prima breve gara dietro casa, fare il primo trail dopo anni di strada, finire bene una maratona, concludere un ultratrail in buone condizioni, recuperare velocemente una gara dura, tenere lontani acciacchi e infortuni, mantenere la voglia di correre ancora per anni. In sostanza, l'allenamento perfetto è quasi utopia, ma quello che meglio può avvicinarsi alla concezione di allenamento perfetto cambia per ogni singola persona in base a questi semplici elementi: le proprie capacità, le proprie possibilità, i propri obiettivi.
Oltre alle caratteristiche della persona che si allena, tutto cambia in funzione dell'obiettivo, che sia il provare a migliorare le proprie prestazioni, ma anche semplicemente correre la prima breve gara dietro casa, fare il primo trail dopo anni di strada, finire bene una maratona, concludere un ultratrail in buone condizioni, recuperare velocemente una gara dura, tenere lontani acciacchi e infortuni, mantenere la voglia di correre ancora per anni. In sostanza, l'allenamento perfetto è quasi utopia, ma quello che meglio può avvicinarsi alla concezione di allenamento perfetto cambia per ogni singola persona in base a questi semplici elementi: le proprie capacità, le proprie possibilità, i propri obiettivi.
lunedì 18 marzo 2019
A ognuno il proprio allenamento
Come alleno i miei atleti? Con un modo semplice, se si sa come fare: adattare l'allenamento all'atleta, non viceversa. Ogni persona è diversa dall'altra, per età, passato sportivo, caratteristiche fisiche, abitudini lavorative e famigliari, possibilità di tempo e percorsi, obiettivi, voglia di fare attività alternative, eccetera.
Con 40 €/mese propongo allenamenti settimanali personalizzati, nessun copia/incolla di tabelle prestabilite, mantenendo semplicità e allo stesso tempo con in testa sempre il principio della varietà, con sedute studiate in base alle caratteristiche e ai feedback costanti dell'atleta, usando un file in condivisione, oppure semplicemente indicando gli allenamenti con messaggi wazzapp o tramite e-mail.
Con 40 €/mese propongo allenamenti settimanali personalizzati, nessun copia/incolla di tabelle prestabilite, mantenendo semplicità e allo stesso tempo con in testa sempre il principio della varietà, con sedute studiate in base alle caratteristiche e ai feedback costanti dell'atleta, usando un file in condivisione, oppure semplicemente indicando gli allenamenti con messaggi wazzapp o tramite e-mail.
sabato 9 febbraio 2019
UTMB - alcuni errori da non fare
Con il 7° posto centrato lo scorso anno al 5° tentativo, dopo 3 ritiri (ma anche dopo 4 Diagonale de Fous, compreso il 7° posto alla mia prima partecipazione, oltre a tante altre gare nel mezzo), mi sento di poter parlare degli errori che vedo commettere generalmente dai trailer che ci provano. Tutti errori che ho provato anche sulla mia pelle e che un po' alla volta ho corretto. Ovviamente esistono le eccezioni che confermano la regola, ma i seguenti consigli di buon senso per affrontare bene l'UTMB potrebbero essere utili.
- Fare troppe gare lunghe sin dall'inverno e da inizio stagione (si possono fare, a patto di uno o due mesi di recupero tra maggio e metà giugno);
- Gare impegnative fatte a tutta negli ultimi 2 mesi (si possono fare gare, a patto di prenderle a ritmo sostenibile di puro allenamento brillante - come ho fatto ad esempio io quest'anno con 2 gare a 4 e 5 settimane dell'UTMB);
- Allenamenti duri e lunghi troppo vicini alla gara (chi è più allenato, i top, possono e devono fare allenamenti importanti fino a pochi giorni prima, a patto di rimanere sotto la soglia di eccessivo affaticamento);
- Fare poco o nulla nell'ultimo mese (chi è meno allenato e punta a finire la gara senza ricerca della prestazione deve sì fare poco nell'ultimo periodo, ma qualcosa va sempre fatto, o si arriva deallenati e con tanta forza persa, soprattutto quella necessaria per le discese);
- Partire troppo forte (ok cercare di non rimanere troppo imbottigliati, ma più si parte forte, prima si esplode);
- Fare troppo forte la prima discesa (ok a non frenare troppo, che si rischia di affaticarsi di più, ma ho visto atleti scendere in stile skyrace poi puntualmente esplosi);
- Perdere molto tempo ai ristori, specialmente nel primo a Les Contamines (questo per i top, dopo 3 h non serve molto, cambio borracce, magari maglietta - ma a volte si rischia di prendere più freddo nel cambiarsi che nel tenere quello che si ha già, come ho fatto io nel 2018 -, prendere gel/cibo che serve fino a Courmayeur, e via);
- Fare durante l'anno tutte le gare a cui si è invitati - per i top - o tutte quelle che per un motivo o per l'altro interessano - per tutti gli altri (se ne possono fare alcune, poi però preparare l'UTMB a dovere e tenere la freschezza mentale e fisica per farlo al meglio diventa difficile, anche questi sono sacrifici se ci si prova con convinzione);
- Provare a tutti i costi il percorso anche se lo si è già fatto (se lo si conosce già, riprovarlo rischia di lasciare già inconsapevolemente soddisfatti, ma se si vuole farlo al meglio, bisogna essere affamati per un colpo solo);
- Usare scarpe non testate a sufficienza o addirittura mai provate (lo fa più gente di quello che si pensi);
- Usare materiale non testato a sufficienza (meno limitante rispetto alle scarpe, ma è sempre meglio non improvvisare);
- Partire con stomaco troppo pieno (si ingurgiteranno litri di liquidi e migliaia di calorie, bisogna avere lo stomaco pronto a farlo);
- Farsi prendere dal panico alle prime difficoltà (la crisi arriva, la cosa importante è gestirla bene).
giovedì 7 febbraio 2019
UTMB 2018 - Il mio allenamento
Si è parlato non poco del mio 7° posto all'UTMB e dei miei allenamenti in bicicletta. Ecco quindi il mio allenamento per l'UTMB. Come ho scritto o detto da altre parti, è stato in realtà un allenamento lungo 7 anni. Ogni anno un miglioramento, un tassello nel puzzle. A fine ottobre 2017 la Diagonale de Fous, con difficoltà nella caldissima parte centrale, un problema al polpaccio ancora non del tutto riassorbito, ma un’ottima condizione nel finale di gara. Sapevo che ormai c’ero, con un paio di accorgimenti ero maturo per “terminare l'opera".
La preparazione per l'UTMB è partita una volta terminata la Diagonal de Fous. Questo avevo in mente e questo ho fatto, con qualche variazione dovuta solo al problema al piede tra fine aprile e luglio.
Novembre negli Stati Uniti, palestra 2 volte a settimana per ricostruire base muscolare, poca corsa solo a ritmi lenti, poca bici e spinning, sempre piano.
Dicembre, palestra 1 volta a settimana, sprint in salita, potenziamento a circuito e interval training per ridare giri al motore, mountain bike e rulli come attività alternativa.
Tra fine dicembre e 21 gennaio, 3 gare corte di 5-7 km, qualche lavoro sulla soglia anaerobica, cross training con palestra (camminata in salita e stairmill), mountain bike e rulli con qualche variazione per lavorare un po' sulla forza senza ingolfarmi. 21 gennaio Mezza di San Gaudenzio, PB in 1.16’35” (-1' al precedente personale).
Fine gennaio e febbraio negli Stati Uniti, più lavori a ritmo medio e sulla tenuta, aumento del volume generale, tanto spinning con lavori di forza. Il 10 febbraio vittoria in un trail di 50 km collinari con ottime sensazioni.
Marzo, in Italia, allenamenti più specifici trail per tenuta su salite medio/lunghe e percorsi misti, un paio di back-to-back (o weekend shock, sabato-domenica) per la distanza ma senza esagerare col volume. 25 marzo 3° posto al Maremontana con ottime sensazioni.
Fino alla prima metà di aprile, meno volume di corsa, richiami di forza in palestra, cross training con mountain bike e un po' di bici su strada. 15 aprile vittoria alla Maratona Alpina di Val della Torre, buone sensazioni. Distorsione alla caviglia apparentemente innocua.
Fine aprile e inizio maggio, ripresa di maggiore volume e ritmo di corsa in pianura e collinare. Dolore al piede in peggioramento. Trovata sublussazione al cuboide. 12 maggio UROC 100k negli Stati Uniti, ritiro dopo 70 km per errore di percorso e persistente dolore al piede.
Seconda metà di maggio e inizio giugno, tanti esercizi di forza, rieducazione piede/caviglia, dolore in leggero miglioramento, qualche sprint in salita e interval training per tenere buona la condizione, ma con pochissimo volume. Bici e spinning, ma senza volume.
Inizio/metà giugno, 10 giorni di aumento del volume di corsa trail in vista della LUT con 2 back-to-back (o weekend-shock), buone sensazioni fisiche ma forte dolore al piede con l'aumentare della distanza. 22-23 giugno, ritiro alla LUT dopo 50 km per eccessivo dolore al piede e instabilità caviglia.
Fine giugno/fine luglio, visita ortopedica, TC e RM, trovate diverse infiammazioni, ma nessuna lesione. Tanto volume in bici sempre a ritmi medio alti in salita con 3 Granfondo (Fausto Coppi, Serre Chevalier, Sestriere), mantenute 2-3 corse settimanali di 30’-40', esercizi di rinforzo piede/caviglia.
Fine luglio/inizio agosto, ripresa allenamenti trail, due gare con buone sensazioni fisiche e nessun problema al piede (Monterosa Est Himalayan Trail, 4° posto; EDF Mont Cenis Tour, vittoria).
Dal 3 al 15 agosto altura a Val d'Isère (1950 metri) in tenda. Tanto volume trail+bici (massimo settimanale 13000 metri+) con ritmi medi in salita. Non lunghi estremi (sufficienti le due gare appena fatte, 10h e 8h30’), ma 4 giorni consecutivi di 5h l'uno sempre misto trail+bici. Ottimo adattamento ai cambiamenti climatici.
Dal 16 al 26 agosto, 2 allenamenti di velocità per ritrovare brillantezza. Ultimo lungo in montagna il 19 agosto, 5h senza alimentazione (solo acqua e sali), grandi sensazioni.
Ultima settimana con ancora buon dislivello a ritmi facili (circa 4500 m+ tra trail, bici, stairmill) e giri serali in bici di 30’ per agilizzare e sciogliere le gambe.
25 agosto con test Varese-Sacromonte, nuovo record personale, 29’10” contro il mio precedente 29’40”, sensazioni folli.
Ultimi 2 giorni pre UTMB con 2 corsette di 40’ e 30’. Gambe un po' legnose, ma nessun grosso problema.
31 agosto, partenza UTMB. 23h02’, 7° posto.
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