venerdì 14 gennaio 2022

Alcuni dei tanti motivi per cui sono critico con le novità dell'UTMB

Quando quest’anno sono stato critico nei confronti dei nuovi criteri di partecipazione all’UTMB (e non tanto nella creazione del circuito e della “finale” all’UTMB, allo stesso modo di Kona e Ironman – in realtà sì, ho criticato un po’ anche quello, ma è la parte meno importante del mio cattivo giudizio, e anzi, col tempo ho pensato che non c’è nulla di scandaloso in questo). Il motivo era principalmente perché vedevo quello che accade con la lottery per la Western States, temendo che possa accadere lo stesso anche per le gare di Chamonix. Ovvero? Che gli elite mondiali possono fare le gare direttamente qualificanti, piazzarsi, e guadagnarsi il diritti alla gara finale di Chamonix. Pura meritocrazia, e fin qua tutto ok, tutto giusto. Ci sono poi il resto delle persone che si possono guadagnare le “stones” per poi partecipare al sorteggio, stones che si possono accumulare col numero di gare a cui si partecipa, se ho capito bene (quindi chi può permettersi di iscriversi e viaggiare in giro per il mondo guadagna più possibilità). E qua già inizia a scricchiolare, e non poco. Certo, gli aspiranti partecipanti aumentano continuamente, rendere sempre più selettiva la possibilità (attraverso i punti delle gare qualificanti) di tentare la sorte ha funzionato fino ad un certo punto a limitarne il numero. Però almeno finora non importava il numero di gare fatte, visto che era sufficiente averne completate due, mentre ora, se puoi partecipare a 10 gare, hai più possibilità rispetto a chi può permettersene una. Molto poco meritocratica e molto selettiva daelle proprie capacità economiche.

E poi chi altro è penalizzato dal nuovo metodo? Gli outsider, gli underdog, quelli non abbastanza forti da essere elite, ma che possono piazzarsi bene e che magari in giornate particolarmente buone e situazioni fortunate possono anche inserire il garone. Io mi permetto di inserirmi qua. Io non sono elite, non scherziamo. I più forti al mondo mi danno ore, sono più veloci, più resistenti, più tutto. Attraverso il nuovo metodo di partecipazione, insomma, dovrei fare come i partecipanti “comuni” (brutto termine, lo so, non me ne sta venendo in mente uno migliore). Per carità, non sono nessuno, andrebbe anche bene così, se non fosse sbagliato (secondo me) e discriminante di base questo sistema per tutti i non-elite. E finirà che uno come me (non necessariamente io, ma qualsiasi trailrunner di buon livello, ma non abbastanza da piazzarsi nelle gare dell’UTMB World Series che danno accesso diretto a chi arriva nelle prime posizioni) potrebbe aspettare anni. Più o meno come accade alla Western States, o pure peggio.

Ecco, dopo un mio post (o commento) quando a maggio uscì la notizia, qualcuno mi disse che – appunto – questo metodo di iscrizione avviene anche alla Western Staes: risposi che la base è diversa. Intanto, alla Western States il numero di partecipanti è notevolmente ridotto, a causa delle restrizioni di accesso al parco. Questo metodo è nato nel tempo con l’aumentare delle domande di iscrizione. Però alla Western States le possibilità di venire estratti per i non elite (che possono qualificarsi direttamente con poche gare – finora era 3 o 4 ogni anno, ma dallo scorso autunno sono invece aumentate, con l’inserimento di gare internazionali, proprio per avere più partecipanti stranieri di alto livello) aumenta a seconda dei tentativi effettuati, non dal conto in banca che permette la raccolta di più gare, e quindi più biglietti per la lotteria.

E per quanto questo metodo della Western States sia davvero super democratico, è frustrante, molto frustrante. Io quest’anno avevo 32 biglietti, dati dal mio sesto tentativo. I biglietti si raddoppiano ogni anno. Nel 2015 era 1, poi 2, 4, e così via. Essendo saltata l’edizione del 2020, ho saltato forzatamente un anno. Insomma, senza pandemia, i 32 biglietti li avrei avuti per la lotteria dello scorso anno (che invece non è stata fatta), e 64 quest’anno. Sicuramente, col senno di poi, ho sbagliato a non tentare anche negli anni precedenti, quando avevo già la possibilità per delle gare qualificanti fatte. All’Hardrock, che ha lo stesso sitema, ma ancora più democratico (nessuna gara qualificante attraverso piazzamenti ai primi, solo molti più vantaggi per i “veterani”, ovvero chi ha già partecipato – in sostanza, ha più possibilità di venire estratto chi ha già concluso la gara, anziché chi non l’ha mai fatto… sì, in effetti non molto democratico nemmeno questo) avevo già provato dal 2014, ma qua le edizioni saltate sono state 2 (anche nel 2019 non si era corso, a causa della troppa neve), e quest’anno non avevo gare qualificanti.

Insomma, tutto sto pippone per dire cosa? Che una cosa sarebbe stata partecipare alla Western States quando avevo 34 o 35 anni, una cosa 2 o 3 anni fa, quando avevo forse la mia forma migliore, un’altra sarà quando (e se mai) verrò estratto a oltre 40 anni. Certo, la correrei anche se mi estraessero a 50 anni, ma ovvio che non sarebbe più per un risultato. Anzi, ormai correre per il risultato direi che è una cosa che sto convincendomi di escludere tra le motivazioni per qualsiasi gara. E qualsiasi possibile outsider che nei prossimi anni vorrà correre l’UTMB (dove outsiders avrebbero sempre maggiori possibilità di inserirsi nelle migliori posizioni rispetto ad altre gare sulla stessa distanza, a causa della particolarità dell’evento e del percorso) si potrebbe trovare a dover aspettare anni, passando magari il periodo migliore, perdendo occasioni irripetibili.

Ma forse sono io che mi lamento troppo.

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