mercoledì 26 gennaio 2022

Come (non) scegliere le scarpe da trail



Spesso mi viene chiesto consiglio per l’acquisto di scarpe da trail. Altrettanto spesso la mia risposta è “non saprei”, o qualcosa di simile. Primo perché non sono un grande esperto tecnico, nonostante l’esperienza nel trail running, le ore sui sentieri, le decine di scarpe provate e consumate, e sono molto poco aggiornato sulle novità degli ultimi anni; secondo perché è una scelta davvero soggettiva e che dipende da mille fattori; aggiungiamo un terzo, ovvero che ci sono già una quantità sterminata di siti, articoli e video con recensioni, la mia voce non vale per nulla più di altre, almeno su certe questioni tecniche.
Provo però lo stesso a dare qualche suggerimento che spesso do proprio a chi mi chiede, non tanto sui dettagli tecnici delle scarpe, ma su come orientare la scelta prendendo in considerazione certi aspetti magari meno valutati, e pensando che con le enormi differenze che si possono trovare sui percorsi, tra dislivelli, terreni, temperatura (!! – sembra una cavolata, ma la stessa scarpa cambia molto il suo lavoro tra un duro e compatto terreno invernale e lo stesso morbido e terroso terreno estivo) alla fine bisogna cercare sempre il miglior compromesso.

1. Evitare le mode. Ogni tanto salta fuori qualche novità che sembra essere il nuovo Santo Graal della scarpa che magari dopo un paio d’anni viene rivisto all’opposto (chessò, dall’esagerazione del minimal si è passato al super cushioning, ora le piastre in carbonio, domani chissà). Oppure c’è qualche scarpa che va tanto tra i top e che sarebbe figo provare, ma che molto probabilmente non va bene per il nostro piede.

2. Pronatore, supinatore, neutro… Io non ci ho mai capito molto, dato che il mio appoggio è da pronatore, ma ho il piede cavo e con problemi alla fascia plantare, con necessità quindi di un certo supporto all’interno. Insomma, la trovo una parte sì importante, ma se a livello muscolare ci sono già delle compensazioni sviluppate nel tempo, potrebbe essere meglio cercare qualcosa a salvaguardia della pianta del piede, anziché dell’eccessiva pronazione. Ma un podologo potrebbe tranquillamente smentirmi.

3. Scarpa protettiva, scarpa minimale, ibrida… Quando ho iniziato a correre trail ero molto tendente ad usare scarpe minimal, molto poco protettive, salvo poi avere problemi ai metatarsi, inserzione del tendine d’Achille, calli, fascite plantare, alluce valgo… Tutte cose che poi ho gestito abbastanza, tra un acciacchino e l’altro, soprattutto iniziando ad usare scarpe molto protettive. Mi piace ancora usare scarpe leggere per sentire al meglio il terreno, essere più reattivo (io che non sono troppo elastico), ma sono costretto ad alternarle a scarpe più protettive per evitare appunto quegli acciacchi classici, tenendo le scarpe più minimali per gli allenamenti più veloci. L’evoluzione dei vari modelli ora permette di avere scarpe ben protettive ma che allo stesso tempo permettono una buona percezione del terreno.

4. Drop 0, drop 2, drop 10… Anche qua è molto soggettivo, l’importante è affidarsi a scarpe con drop 0 se si è sicuri di quello che si fa, se si sa che il proprio appoggio e la propria struttura possano permetterselo, senza farlo solo perché si è letto da qualche parte che il differenziale tallone-punta dev’essere basso perché fa figo e si risolvono tutti i problemi. Magari lo fanno, o magari no, non è una certezza, anzi.

5. Scarpa da fango, da sentieri rocciosi, comoda sull’asfalto… In pratica la scarpa perfetta. Bè, inutile dire che la suola in certe condizioni è fondamentale. A meno che di abitare in luoghi prettamente fangosi, o di affrontare gare con certe caratteristiche ben specifiche, pure qua bisogna affidarsi al compromesso, sia pensando a come sono messi i sentieri su cui ci si allena, che quelli delle gare o della gara che vogliamo preparare. Ve lo devo dire che con la suola Vibram Megagrip si può avere un grip fantastico sul bagnato, resistenza e durata su terreni duri, stabilità etcera etcera...? Sul fango a fare la differenza è la tassellatura, per cui ci sono disegni di suola diversi. Con la possibilità di risuolare le proprie scarpe preferite con la mescola e la tassellatura che si vuole, ora si può avere sempre di più una scarpa personalizzata.

6. La larghezza. Viene raramente considerato, ma è importante anche questo. Ci sono modelli bellissimi, ma che non sono adatti al proprio piede, nel caso questo sia o particolarmente stretto o particolarmente largo. Io ad esempio soffro le scarpe strette in punta, che mi causano abrasioni o aumentano i fastidi all’alluce valgo, ma allo stesso tempo fatico anche con scarpe con troppo spazio sull’avampiede, che mi danno molta instabilità. Compromesso.

7. Il peso. Avere dei mattoni pesantissimi non è per forza sinonimo di sicurezza, dipende ovviamente anche dal proprio peso, da cosa si andrà a fare, ma anche una scarpa discretamente leggera può essere abbastanza protettiva. Più che il peso della scarpa bisogna capire la protezione generale che può darci in base alle nostre esigenze, perché una cosa è farci il Tor, un’altra un trail veloce di 40 km. Insomma, compromesso. L’ho già detto?

8. La tomaia. Ci sono scarpe bellissime la cui tomaia però si consuma ben prima della suola, o che si rovinano dopo pochissime uscite. Anche qua dipende da mille cose. Ci sono persone che disintegrano modelli che io ho usato all’inverosimile, e il contrario. Provando a sentire diversi pareri, diverse esperienze e tentando di capire quale potrebbe essere la soluzione migliore per se stessi, o andando ad esclusione, quella che è meglio evitare.

Poi ci sono mille altre cose, ma non voglio ingarbugliare ancora di più il discorso, visto che non dovevo entrare nel tecnico, ma ci sono entrato ben più delle mie conoscenze. Bè, importante è anche affidarsi ad un bravo e onesto rivenditore, provando le scarpe di persona e capendo quale sia il miglior compromesso, tenendo in considerazione le scarpe utilizzate finora, i percorsi che si andranno a fare e le proprie caratteristiche. Compromesso.

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