venerdì 25 ottobre 2019
Periodo di riposo e transizione: ad ognuno il proprio
In una classica programmazione annuale di impegni sportivi dovrebbe arrivare anche il momento del periodo di transizione, ovvero un periodo di recupero fisico e mentale al termine della stagione agonistica. Il nome stesso, transizione, indica il compito di questa fase, che normalmente dovrebbe durare almeno un mese - ma in alcuni casi anche di più o di meno -, ovvero di accompagnare l'atleta dal periodo agonistico della stagione terminata al nuovo periodo di preparazione. Questo è quello che accade negli sport di squadra o in sport dove la stagione agonistica è ben definitiva, oppure in attività dove l'obiettivo è uno solo, ad esempio con la maratona o con l’ultratrail. Sappiamo però che i tempi stanno cambiando. In pochi preparano una maratona o due all’anno al meglio delle proprie capacità, così come è diventato “normale” affrontare un gran numero di lunghissimi ultratrail in tutti i 12 mesi. In questo caso forse pensare con i comuni cicli di allenamento ha poco senso, tuttavia in ogni caso sarebbe bene, per avere una certa longevità sportiva ed evitare infortuni o malesseri vari, introdurre durante l'anno un periodo – o anche più di uno - di transizione.
Per essere più chiaro faccio degli esempi concreti.
Chi corre un UTMB o un'altra gara di quella settimana di Chamonix potrebbe prendere un periodo di transizione subito dopo la corsa, dalle 2 alle 4 settimane, dove ridurre gli allenamenti e fare altro, recuperando energie psico-fisiche. Questa sarebbe la logica. Ma pensando che potrebbe esserci ancora bel tempo, giornate lunghe, e con non poche corse interessanti nel periodo autunnale, può essere utile fare un periodo di riposo più corto, diciamo 1 o 2 settimane, sfruttando la base aerobica per dedicarsi ad allenamenti più intensi e fare gare più brevi, per poi fare il vero periodo di transizione a fine anno, con un mese stavolta davvero più tranquillo. Questo non vale per tutti, perché c'è anche chi dopo l'obiettivo clou preferisce stare lontano dalle gare per più mesi, per ricaricare a dovere le batterie e dedicare più tempo a famiglia, lavoro o altri interessi. In questo caso il periodo di transizione diventa più lungo, senza per questo correre il rischio di perdere tutto a livello fisico e non recuperare più la forma. Anzi!
Per chi ha terminato il Tor des Geants può essere invece consigliabile fare un ben più lungo periodo di recupero, prolungando la transizione e riprendere poi in modo graduale, ascoltando i segnali del corpo, perché potrebbe volerci più tempo del previsto per riprendere la normale attività sportiva. Certo, esistono casi di chi riprende molto presto e senza danni, ma è una cosa non per tutti.
Se invece si fanno gare più corte e la stagione è rimasta concentrata tra primavera ed estate, un periodo di transizione tra fine autunno e inverno è più semplice da inserire e da gestire.
Ma cosa fare durante questo periodo? Ovviamente dipende sempre dal proprio livello, dalla disponibilità di tempo, e da quanta stanchezza c'è. Un periodo di riposo assoluto può non fare male, anzi. A qualcuno bastano 3 giorni per impazzire, altri possono fare 3 settimane senza problemi. L'importante è prendersi un minimo di tempo, per poi riprendere con attività blande e non troppo lunghe. Qualche settimana senza intensità e senza allenamenti lunghi non può che giovare in vista delle nuove sfide. Fare sport alternativi è senza dubbio molto utile, come sarebbe utile farli durante tutto l'anno. Anche dedicare tempo a cose tralasciate durante l'anno non sarebbe male, ad esempio lo stretching o la propriocezione. Altra cosa molto importante sarebbe quella di curare eventuali acciacchi o problemi fisici: se non lo si fa ora quando lo si fa?
Insomma, se esiste il concetto “ad ognuno il proprio allenamento”, dovrebbe esistere anche il concetto “ad ognuno la propria transizione". L'importante è che ci sia.
Buon riposo.
mercoledì 2 ottobre 2019
L'importanza di affidarsi ad un bravo osteopata
(Foto Archivio Carlton Rowlands)
Come molti sanno, il mio Tor des Geants si è interrotto a Eaux Rousses, dopo circa 80 km, a causa di un dolore alla schiena, in zona lombare, irradiato nella parte posteriore della gamba sinistra: dopo essere stato fermo alcune decine di minuti al ristoro, una volta raffreddata la muscolatura, mi era impossibile alzare la gamba. Ma avevo anche altre difficoltà, tutte aumentate a dismisura dopo la prima base vita di Valgrisenche: sensazione di difficoltà a respirare in salita sopra i 2000 metri di quota, difficoltà ad alimentarmi nelle 3 ore precedenti il mio ritiro, a causa di una sensazione di blocco all'addome, dolori e fastidi diffusi in zona pelvica (tipo pubalgia, seppur di lievissima entità), all'esterno delle ginocchia, ai talloni, un gluteo perennemente contratto... Insomma, ero un disastro, nonostante una partenza molto controllata e una tattica di gara perfettamente in linea con le mie previsioni.
Ma perché tutti questi problemi? Di sicuro le settimane precedenti – ma a livello più ampio, direi anche gli ultimi mesi – erano state molto impegnative e stressanti, lasciandomi poco tempo per tutta quella serie di esercizi di stretching e mobilità entrati nella mia routine, e con lo stress dell'organizzazione di un'altra cosa decisamente impegnativa, seppur bellissima: il mio matrimonio. Luglio e agosto erano stati utili per accumulare un gran volume di allenamento, in bici e a piedi, ma in un modo per cui potevo solo alternare grandi carichi a giorni di recupero mal gestito per diversi impegni extrasportivi, cosa che non mi permetteva di affrontare al meglio le fasi di riposo. Ecco che così i piccoli affaticamenti fisici e acciacchi hanno potuto mostrarsi con sempre più forza.
A volte (o forse sempre) ho una mentalità antica. Non mi faccio vedere da uno specialista finché il problema non diventa grave. Fisioterapista e/o osteopata sono sempre stati un po' “l'ultima spiaggia” a cui rivolgermi, mentre in realtà dovrebbero avere anche una funzione preventiva. L'ultima mia visita era stata in primavera, ad aprile. Da allora ho avuto il periodo con il maggior carico di allenamento mai fatto finora. Tutte le piccole imperfezioni fisiche, soprattutto a livello articolare, sono però aumentate senza che io me ne accorgessi. Il mio corpo compensava a livello muscolare, mentre altri fastidi li prendevo come un normale affaticamento dovuto alla mole di attività fisica, senza pensare che sarebbe stato necessario far controllare tutti i piccoli e grandi squilibri strutturali che avevo.
Quando finalmente dopo il Tor des Geants sono andato dal mio osteopata di fiducia, ho sentito articolazioni e muscolatura liberarsi come non mi era mai successo prima, anche e soprattutto a livello addominale e toracico. Il sovraccarico di lavoro fisico aveva accentuato in modo esagerato tutte le piccole e normali problematiche che possono venire a chi pratica sport di endurance, e lo stress aveva influito probabilmente ad avere una respirazione non sempre corretta. E forse così mi sono convinto una volta per tutte dell'importanza di affidarsi alle mani di un bravo osteopata ben prima che i problemi fisici possano compromettere il risultato di una gara.
giovedì 26 settembre 2019
Autunno: chiusura di stagione o nuovo inizio?
Con l'arrivo dell'autunno si entra nella fase terminale della stagione, sebbene ormai la quantità di trail e di gare disponibili è senza soluzione di continuità, con ben pochi periodi disponibili di riposo dalla scorpacciata di chilometri e dislivelli. Tuttavia, tra settembre e novembre si cerca spesso di sfruttare gli ultimi scampoli di forma e motivazione, approfittando per recuperare con questi “esami di riparazione” dopo delusioni estive, oppure accumulando gli ultimi punti ITRA per tentare la fortuna in inverno con le gare della settimana dell'UTMB dell'anno successivo. E poi c'è anche l'altra strada, ovvero, la… strada: infatti non è raro nel finale di stagione puntare a una maratona, sia con velleità di tempo, sia per togliersi uno sfizio. Oppure ci si può semplicemente riposare e rifocalizzare sulla stagione successiva, why not?
E come sarebbe bene allenarsi? Naturalmente dipende dai casi in questione. Se l'estate è andata bene e si è fatto un buon volume, sia in gara che fuori competizione, si può vivere un po' di rendita, puntando a fare lavori di brillantezza e velocità, grazie anche alle temperature più miti dell'autunno, ma senza sopravvalutarsi e lasciando ugualmente al corpo il tempo di recuperare eventuali impegnativi lunghi sforzi estivi. Se invece gli obiettivi dell’estate fossero andati male, prima di tutto si dovrebbe analizzare cosa è andato storto, capire se fisicamente si è a posto, e poi, sempre che l’allenamento estivo sia stato comunque importante, si può anche in questo caso vivere un po' di rendita e puntare sulla qualità, ma con qualche richiamo sul lato estensivo se si punta a una gara dal lungo chilometraggio. E se invece in estate si è fatto poco, per acciacchi, malesseri o impegni? In questo caso si possono spostare obiettivi importanti in autunno inoltrato, o anche direttamente in inverno, cercando di mettere però una buona base per evitare ricadute o altri problemi.
E poi c'è la maratona. C'è chi dice che ci vogliono 6 mesi per prepararla bene, chi 3 mesi, chi un mese e mezzo, oppure che basta correrla e bon, senza tanti fronzoli. Tutto dipende da quali sono le intenzioni. Come per ogni prestazione massima, 6 mesi è il tempo necessario per prepararla in modo impeccabile, ma se fare 1 o 2 minuti – o anche 5 o 10 - in meno del proprio massimo potenziale non interessa, e se si ha una discreta base di partenza, 3 mesi possono essere sufficienti, mentre se si viene da una lunga stagione trail, un mese e mezzo è il minimo ideale per creare (o ricreare) gli adattamenti fisici e muscolari per affrontare in modo decente i 42 km su asfalto, senza esagerare dal punto di vista del volume nel caso si siano corsi degli ultratrail a non grande distanza di tempo, quindi con qualche lavoro di velocità, ma soprattutto di tenuta sul ritmo, sia per adattarsi fisicamente al gesto ripetitivo della corsa in pianura, che per abituarsi mentalmente alla “noiosità" del piattume.
L’ultima alternativa è quella di riposarsi (attivamente), recuperare energie psicofisiche e impostare la nuova stagione di gare. Opzione spesso dimenticata, ma fondamentale per non perdere voglia e motivazione, e magari evitare infortuni.
lunedì 23 settembre 2019
Si può davvero preparare a sufficienza un Tor des Geants?
(foto Luca Truchet)
“Sei pronto per il Tor?” ha vinto il premio come domanda più gettonata tra quelle fattemi nella settimana precedente la partenza. Come risposta il successo è andato a “Mah, si può essere davvero mai pronti a sufficienza per il Tor?”.
Dopo la mia breve esperienza sui sentieri del Tor des Geants (ritirato in gara dopo 80 km circa, mentre grazie a diverse ricognizioni avevo provato 280 km) e aver assistito a qualche altro passaggio tra basi vita e arrivo (pochi - e per fortuna, verrebbe da dire, per motivi diversi), posso confermare che la mia replica era più che mai appropriata. Dopo avere concluso alcune 100 miglia di percorsi e durata diverse, e aver visto dal vivo il prima dopo e durante di altre gare molto lunghe, mi viene da pensare ancora di più che il Tor è preparabile a livello fisico solo fino ad un certo punto, soprattutto se si punta ad un buon risultato agonistico (anche se poi in realtà quasi tutti spingono non poco nella prima parte del percorso a forze fresche). Sì, anche gare di 100, 120 o 170 km sono il più delle volte allenabili solo fino ad un certo punto per chi non punta al risultato e ha poco tempo per allenarsi, ma la distanza che si deve percorrere “in riserva", o come si dice spesso, “di testa", è confinata a qualche ora, magari anche 20 o 30 ore, ma di certo non giorni interi come al Tor. E in queste ultra tra i 100 e i 170 km per i più forti è possibile tenere un ritmo alto dall'inizio alla fine, nonostante probabili e comprensibili cali, e recuperare dopo pochi giorni, mentre al Tor dopo 200 km il calo, anche da parte di chi fa una gara con intento agonistico, alla lunga diventa sempre più sensibile, e il recupero può durare mesi interi.
In un Tor des Geants una delle componenti più importanti – e che spesso fa a differenza tra i primi posti - è la tolleranza alla deprivazione di sonno, fattore forse più legato alla propria storia personale e alle abitudini di una vita e allenabile solo fino ad un certo punto, soprattutto in un breve termine di pochi mesi di preparazione.
Quindi, quanto si può allenare un Tor des Geants? Inutile parlare di percentuali. È ovvio che per fare un Tor, sia che si punti al risultato, che all'essere finisher, bisogna essere allenati il più e il meglio possibile, ma mentre per altre gare è possibile replicare un certo tipo di disagio fisico che fa scattare l'adattamento fisico e mentale per prepararsi in modo specifico al percorso e alla durata che ci aspetta, per un Tor è quasi impossibile creare allenamenti di questo tipo. Il massimo che si può fare è allenare l’endurance, caratteristica principale di una gara come questa, sia con allenamenti lunghi, soprattutto lunghe camminate, che attraverso altre gare, ma richiede moltissimo tempo e può aiutare “solo” a ritardare la comparsa dei segnali di difficoltà.
Importante è avere una buona esperienza in montagna per affrontare i continui cambiamenti climatici, per una buona parte del tempo in notturna. Avere un “motore" efficiente rimane un elemento importante, ma non così fondamentale. A livello fisico, più di ogni cosa è importante avere un ottimo allenamento muscolare, visto che la quantità di metri di dislivello, soprattutto in negativo, crea degli enormi problemi muscolari, articolari e tendinei. Anche l’alimentazione è importante, ma ai ritmi più lenti di questa gara è teoricamente più riuscire a mangiare buone quantità di cibo, seppur mai sufficienti a riequilibrare il dispendio energetico del movimento.
L’unica certezza è che bisogna arrivare nelle migliori condizioni fisiche e mentali possibili, in quanto ogni piccolo problema che si può avere in partenza diventerà un ostacolo insuperabile durante le immense difficoltà richieste da un percorso così esigente. Esattamente come è successo a me.
Certo, esistono casi di persone che hanno terminato bene il Tor pur partendo con acciacchi o malesseri più o meno gravi, ma si parla probabilmente di una percentuale minore e forse non sempre da prendere da esempio se si vuole praticare trailrunning per stare bene e senza compromettere la propria salute a lungo termine.
“Sei pronto per il Tor?” ha vinto il premio come domanda più gettonata tra quelle fattemi nella settimana precedente la partenza. Come risposta il successo è andato a “Mah, si può essere davvero mai pronti a sufficienza per il Tor?”.
Dopo la mia breve esperienza sui sentieri del Tor des Geants (ritirato in gara dopo 80 km circa, mentre grazie a diverse ricognizioni avevo provato 280 km) e aver assistito a qualche altro passaggio tra basi vita e arrivo (pochi - e per fortuna, verrebbe da dire, per motivi diversi), posso confermare che la mia replica era più che mai appropriata. Dopo avere concluso alcune 100 miglia di percorsi e durata diverse, e aver visto dal vivo il prima dopo e durante di altre gare molto lunghe, mi viene da pensare ancora di più che il Tor è preparabile a livello fisico solo fino ad un certo punto, soprattutto se si punta ad un buon risultato agonistico (anche se poi in realtà quasi tutti spingono non poco nella prima parte del percorso a forze fresche). Sì, anche gare di 100, 120 o 170 km sono il più delle volte allenabili solo fino ad un certo punto per chi non punta al risultato e ha poco tempo per allenarsi, ma la distanza che si deve percorrere “in riserva", o come si dice spesso, “di testa", è confinata a qualche ora, magari anche 20 o 30 ore, ma di certo non giorni interi come al Tor. E in queste ultra tra i 100 e i 170 km per i più forti è possibile tenere un ritmo alto dall'inizio alla fine, nonostante probabili e comprensibili cali, e recuperare dopo pochi giorni, mentre al Tor dopo 200 km il calo, anche da parte di chi fa una gara con intento agonistico, alla lunga diventa sempre più sensibile, e il recupero può durare mesi interi.
In un Tor des Geants una delle componenti più importanti – e che spesso fa a differenza tra i primi posti - è la tolleranza alla deprivazione di sonno, fattore forse più legato alla propria storia personale e alle abitudini di una vita e allenabile solo fino ad un certo punto, soprattutto in un breve termine di pochi mesi di preparazione.
Quindi, quanto si può allenare un Tor des Geants? Inutile parlare di percentuali. È ovvio che per fare un Tor, sia che si punti al risultato, che all'essere finisher, bisogna essere allenati il più e il meglio possibile, ma mentre per altre gare è possibile replicare un certo tipo di disagio fisico che fa scattare l'adattamento fisico e mentale per prepararsi in modo specifico al percorso e alla durata che ci aspetta, per un Tor è quasi impossibile creare allenamenti di questo tipo. Il massimo che si può fare è allenare l’endurance, caratteristica principale di una gara come questa, sia con allenamenti lunghi, soprattutto lunghe camminate, che attraverso altre gare, ma richiede moltissimo tempo e può aiutare “solo” a ritardare la comparsa dei segnali di difficoltà.
Importante è avere una buona esperienza in montagna per affrontare i continui cambiamenti climatici, per una buona parte del tempo in notturna. Avere un “motore" efficiente rimane un elemento importante, ma non così fondamentale. A livello fisico, più di ogni cosa è importante avere un ottimo allenamento muscolare, visto che la quantità di metri di dislivello, soprattutto in negativo, crea degli enormi problemi muscolari, articolari e tendinei. Anche l’alimentazione è importante, ma ai ritmi più lenti di questa gara è teoricamente più riuscire a mangiare buone quantità di cibo, seppur mai sufficienti a riequilibrare il dispendio energetico del movimento.
L’unica certezza è che bisogna arrivare nelle migliori condizioni fisiche e mentali possibili, in quanto ogni piccolo problema che si può avere in partenza diventerà un ostacolo insuperabile durante le immense difficoltà richieste da un percorso così esigente. Esattamente come è successo a me.
Certo, esistono casi di persone che hanno terminato bene il Tor pur partendo con acciacchi o malesseri più o meno gravi, ma si parla probabilmente di una percentuale minore e forse non sempre da prendere da esempio se si vuole praticare trailrunning per stare bene e senza compromettere la propria salute a lungo termine.
martedì 20 agosto 2019
Durante le ferie: allenamento, riposo o mantenimento?
L'estate sta per terminare. Nel finale del mese di agosto a Chamonix ci sarà il solito festival del trail. A settembre il Tor des Geants. E dalla metà di settembre ci saranno altre interessanti gare sulle distanze più diverse. In autunno le maratone su strada. Ecco perché nel periodo di luglio, e soprattutto agosto, è fondamentale riuscire ad allenarsi nel modo giusto, coniugando le ferie con quello che è più opportuno fare in base ai propri obiettivi. Ma non è così scontato saper esattamente cosa fare.
Innanzitutto, tutto dipende dalla gara che si sta preparando, oppure se ci attende un periodo di gare più corte ravvicinate. E ancora, tutto dipende da quando si ha il periodo di ferie, da dove si va, se si ha intenzione di riposare, oppure di approfittare dei giorni liberi per incrementare lunghi allenamenti. È importante quindi non solo pianificare gli allenamenti durante le vacanze (almeno a grandi linee, perché è necessario mantenere una certa libertà per potersi riposare mentalmente e concedere spazi a famiglia o attività diverse dal solito), ma anche nel periodo precedente e successivo alla vacanza.
Se si ha in programma qualcosa di grande tra fine agosto e inizio settembre, sarebbe utile avere un periodo in montagna dove accumulare dislivello e ore, senza guardare troppo il cronometro, tenendo però conto di quanto si è fatto prima e da quanti giorni o settimane rimarranno dal termine delle ferie all'obiettivo prefissato. Ma capita anche che si vada al mare con la famiglia invece che in montagna a scarpinare, e allora diventa più importante fare un buon lavoro prima di partire, cercando di recuperare (soprattutto mentalmente) e mantenendo un minimo di condizione durante lo stacco, prima di un breve richiamo sui sentieri in prossimità del giorno X. Per chi invece ha obiettivi da settembre in poi, le ferie di agosto diventano occasione utile sia per esplorare nuovi territori, allenandosi senza troppi schemi prefissati, ma anche per riposarsi e arrivare pronti alla parte di allenamento specifico pre-gara.
Insomma, riassumendo, le ferie estive possono avere diversa valenza: allenamento, riposo, mantenimento. In base ai propri obiettivi e alla forma psicofisica, è importante impostare in modo adeguato anche le settimane precedenti e quelle successive a questo periodo di maggiore libertà dagli impegni quotidiani. A voi, o al vostro allenatore, il compito di adattare gli sforzi sulla base di tutto ciò.
giovedì 1 agosto 2019
Ciclismo come allenamento per il trail, vantaggi e svantaggi
Come molti avranno notato, negli ultimi 2 anni sto usando molto la bicicletta nel periodo estivo, specialmente a luglio. In realtà l'allenamento sui pedali l'ho sempre svolto da quando faccio trail, anche se prima era fatto in modo più grezzo e ancora con non totale certezza della sua efficacia. Ma non sono l'unico che pratica quest'attività, anzi. Il ciclismo è uno sport alternativo usato da sempre moltissimo nel trail, specialmente per chi fa lunghissime distanze, soprattutto dai francesi, molto meno invece dagli americani. Non è però solo una questione di scuole di pensiero, ma anche di possibilità di percorsi, caratteristiche fisiche personali, e soprattutto, obiettivi. Per gare molto corribili, come possono essere appunto la maggior parte delle gare americane (oppure in generale le ultramaratone su strada), la bicicletta può essere utile più per recupero o come attività alternativa per sviluppare qualità aerobiche generali, mentre per trail o ultratrail con salite molte lunghe può essere a tutti gli effetti un metodo di allenamento coadiuvante ed efficace, dando la possibilità di creare degli stimoli fisici difficilmente replicabili a piedi, soprattutto grazie alla minor necessità di tempo di recupero muscolare. Questo esempio è facilmente riscontrabile se si pensa a salite lunghe: in bicicletta è possibile fare più salite lunghe di un'ora o più nella stessa seduta, con un lavoro aerobico e muscolare importante molto simile a quello che si può trovare in un ultratrail con lunghe salite continue, ma senza l'impatto negativo delle discese, preservando articolazioni e limitando (o escludendo del tutto) il danno muscolare.
Ovvio però che nel trail la discesa è un elemento importantissimo e che va allenato, quindi la bici non basta! Per questo diventa fondamentale alternare allenamenti sui pedali e sedute di corsa. La contrazione muscolare eccentrica della corsa, e in particolar modo in discesa, non è replicabile in sella, dove la contrazione è prettamente concentrica (come nella camminata in salita, e in buonissima parte nella corsa in salita). Ecco perché pedalare non basterebbe da solo per migliorare. Per migliorare nella corsa a piedi, bisogna comunque correre a piedi.
Ma vediamo quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi dell’uso della bicicletta come allenamento.
Lati positivi:
- In periodi di caldo è più facilmente sopportabile la canicola, grazie anche alla più semplice reperibilità di acqua (non è sempre così scontato, ma spesso è così);
- Permette di aumentare il volume di allenamento senza l'impatto traumatico della corsa a carico di muscoli e articolazioni;
- Può far “rifiatare” la testa dopo un lungo periodo di allenamenti o gare su sentieri;
- È molto utile per mantenere condizione fisica o per riprendere l’attività in caso di infortunio;
- Molto utile per aiutare il recupero dopo allenamenti intensi o dopo gare, soprattutto se fatto su percorsi facili e in modo blando, aiutando il recupero muscolare ed evitando i microtraumi della corsa, possibilmente con basso impegno fisico (frequenza cardiaca bassa), facilitando così anche il recupero metabolico, ormonale e cardiocircolatorio;
- Utile per abituarsi a bere e mangiare costantemente durante lunghe sedute;
- Tonifica le braccia (in particolare i tricipiti, muscoli fondamentali quando si utilizzano i bastoni) e tutta la catena posteriore* (glutei, lombari, dorsali, collo), importante nella spinta in salita e nel mantenimento della postura durante il trail; *(necessario in questo caso avere una buona posizione sulla sella per non creare - o aggravare - danni, soprattutto se si hanno già dei problemi posturali di base)
- Usare la mountain bike su percorsi accidentati è molto utile per allenare “il colpo d'occhio", la concentrazione, la capacità di creare le giuste traiettorie, la lettura del terreno, tutti elementi importanti durante le discese più tecniche.
- Lo spinning o i rulli possono essere molto utili in inverno per lavorare sulla forza, evitando disagi dovuti a maltempo, buio, traffico, inquinamento, insomma, tutto ciò che nelle giornate più corte e più fredde poco invogliano a correre all'aperto.
Lati negativi:
- Per avere un effetto allenante su salite lunghe c'è bisogno di molto tempo e di percorsi adatti;
- È importante avere una corretta posizione in sella, per evitare infiammazioni o forti squilibri muscolari, soprattutto se si effettuano uscite molto lunghe:
- Senza mantenere la corsa, sia in piano che su dislivelli, si perde presto buona parte della forza eccentrica, necessaria soprattutto per le discese;
- Se si può guadagnare forza per salite lunghe o salite ripide da effettuare camminando, senza coadiuvare sedute di qualità di corsa, si può perdere elasticità muscolare per la corsa in piano e in salita;
- Se l'obiettivo principale è su un percorso molto corribile, l'impatto allenante della bicicletta potrebbe essere minore, se non deleterio nel caso di aumento di massa muscolare.
Se si pensa all'effetto allenante, sì, il ciclismo necessita di molte ore di attività, ma non per questo un'ora o persino mezz’ora di tempo non possono essere utili! Dopo una gara, basta una semplice ora leggera per uno o più giorni (a seconda dello sforzo e delle condizioni fisiche) per aiutare il recupero in modo attivo. Oppure, prima di una gara, quando possibile può essere molto utile svolgere dei tranquilli giri di 30’ in agilità (dopo la seduta di corsa o in un eventuale secondo breve allenamento) per ritrovare la sensazione di brillantezza muscolare, molto utile dopo forti carichi di lavoro che rischiamo un senso di pesantezza alle gambe.
venerdì 12 luglio 2019
Allenamenti col caldo: soluzioni, accorgimenti, alternative
Allenarsi in estate per l’ultratrail è sempre dono e maledizione. Le giornate sono lunghe, la montagna è nel pieno del suo splendore, ma spesso il caldo può fare brutti scherzi. È facile arrivare in buona forma ad aprile/maggio, dove già sono presenti una buona parte di belle gare molto lunghe. Già questo rischia di far arrivare nel periodo di giugno/luglio in calo prestativo e a volte anche motivazionale. Il caldo di sicuro gioca la sua parte nel far aumentare questo rischio. La prestazione ne risente, le sensazioni peggiorano, la voglia di faticare diminuisce sensibilmente. Alcuni piccoli accorgimenti nell'allenamento – oltre i classici e semplici consigli riguardo l'orario di allenamento, alimentazione e idratazione, - possono essere molto utili per non giocarsi questi mesi estivi, soprattutto se gli obiettivi principali sono in tarda estate.
Le cose più banali possono non essere mai abbastanza scontate.
- Darsi un periodo di adattamento al caldo, che può variare dai 7 ai 15 giorni.
- Cercare di correre nelle prime ore del mattino o alla sera, almeno gli allenamenti più intensi.
- Ridurre il numero di allenamenti intensi, oppure farli indoor, anche se certo, correre sul tapis-roulant in estate suona un po' strano.
- Preferire allenamenti intensi basati sui minuti e non sulle distanze, sia per evitare confronti cronometrici poco comparabili con allenamenti con condizioni climatiche favorevoli, che per poter modulare lo sforzo sulle base delle sensazioni fisiche
- Evitare o ridurre allenamenti di intensità estensiva (ripetute lunghe, medi…), preferendo fartlek brevi e interval training, meno stressanti e a volte più facili da eseguire in percorsi in ombra. Altri utili allenamenti veloci possono essere le gare serali, solitamente tra i 5 e i 10 km.
- Se è proprio necessario fare allenamenti sulla soglia anaerobica, meglio effettuali su salite brevi o medie, sia sempre per evitare il confronto coi propri ritmi più veloci in pianura, che perché spesso in zone boschive è più semplice avere a disposizione zone all'ombra.
- Fare tanta bicicletta. Questo è un mio noto mantra, ma in estate lo trovo davvero fondamentale. Lunghi a piedi di 4, 5 o 6 ore col caldo rischiano di prosciugare (letteralmente) se non fatti in montagna a temperature accessibili. Con lo stesso tempo in bicicletta è possibile accumulare migliaia di metri di dislivello con meno stress psicofisico, con probabilmente una maggiore possibilità di reperire acqua sul percorso, e mantenendo una buona intensità sulla tenuta, soprattutto se si effettuano lunghe salite.
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