lunedì 27 settembre 2021

Le doti contano, e si vedono

Avendo allenato decine e decine di persone negli ultimi anni per diverse distanze, con varietà di età, sesso, background sportivo, possibilità di allenamenti, impegni famigliari e lavorativi, posso notare alcune cose. Una di queste è che ci sono persone più portate in modo naturale per certe distanze e certi sforzi, e chi invece è più portato per altre distanza, oppure semplicemente fatica di più ad allenarsi, sia per brevi che per grandi distanze.

Ad esempio c’è chi riesce a fare grandi volumi di allenamento senza particolari problemi, completando gare molto lunghe in (più o meno) totale serenità. Sicuramente questi atleti hanno doti fisiche e muscolari per cui possono sopportare meglio certi carichi, magari anche grazie ad un certo passato sportivo, ma non per forza, perché c’è anche chi ha iniziato da poco e riesce a destreggiarsi subito bene con volumi importanti. Dall’altro lato c’è chi pur allenandosi non poco, e magari con un buon motore di base, fatica a digerire distanze ultra. Capita non raramente che chi è più veloce e riesce ad allenarsi con buona costanza, su una distanza lunga va più piano di chi ha meno “cavalli” e meno possibilità di allenamento, ma è più portato per grandi chilometraggi.

C’è chi brama di correre gare molto lunghe, e magari riesce anche a finirle in buone condizioni, ma fatica non poco nella preparazione e poi nel recupero. Per questo tipo di atleti ogni distanza lunga, in allenamento o in gara, porta dietro strascichi e difficoltà nel riprendere una certa freschezza.
C’è chi si diverte molto a fare allenamenti intensi, e chi no. Chi vorrebbe fare solo allenamenti lenti e lunghi, e chi li eliminerebbe del tutto, oppure semplicemente non ha mai tempo per farli, anche se bisogna prepararsi per un ultratrail impegnativo (e allora sì che diventa difficile trovare dei modi per rimediare, ma si può sempre trovare qualche alternativa per salvare il salvabile).
Insomma, ormai lo sappiamo che l’allenamento dev’essere personalizzato, non scopro niente di nuovo. È importante comunque capire, non solo da parte mia (o di un allenatore in generale), ma anche da parte dell’atleta stesso, quale siano le distanze dove si rende meglio ed eventualmente ridimensionare gli obiettivi. Però c’è un però.
Se si è portati per trail diciamo di 30-35 km (non entro nel dettaglio dei dislivelli e della durata, semplifico al massimo), un trail di 50 km può essere un buon obiettivo raggiungibile, seppur forse con un po’ di fatica. Un trail di 100 km sarebbe molto più difficile, per non parlare di una 100 miglia (sempre semplificando). Ciò non toglie che si possa preparare e correre una di queste distanze. Magari è anche solo una questione di tempo, con esperienza e adattamenti fisici distanze molto lunghe possono sicuramente rientrare più facilmente nelle proprie corde. Oppure si può semplicemente terminare una distanza così lunga, togliersi la soddisfazione di averlo fatto, e poi tornare sulle distanze più adatte. Non c’è scritto da nessuna parte che più lungo uguale più figo.

Come detto, c’è chi riesce ad affrontare ultradistanze pur senza riuscire ad allenarsi con grande costanza e senza subire conseguenze come infortuni o altri problemi. E lì entrano in gioco le doti fisiche e le caratteristiche mentali, che sono altrettanto importanti. Perché alla fine ci può essere l’impegno, l’allenamento, la “testa”, ma c’è chi ha naturali doti di resistenza, e chi no.

L’unica cosa che può fermare la buona volontà è il talento, che a dispetto di quello che spesso si dice, conta, eccome. Perché come diceva non ricordo quale grande fisiologo, se vuoi essere un grande atleta, devi sceglierti bene i genitori. Poi certo che l’allenamento fa il resto. Per forza.

2 commenti:

  1. Ciao,
    anni fa, in una conferenza del grande Pietro Trabucchi sulla resilienza, si affermava al contrario che ciò che conta per ottenere buoni risultati sportivi, è la volontà di allenarsi tantissimo, e non la genetica. Sono sempre stato scettico su questa affermazione, nel senso che di sicuro una grande volontà e disciplina è fondamentale per primeggiare, ma se non vi è una base fisica molto buona non si vinceranno di sicuro le gare. Bisogna certamente distinguere quelle discipline in cui la conformazione fisica è fondamentale (un tappo come me non potrebbe mai primeggiare nel salto in alto!), ma anche in altre discipline, quale può essere il trail, se non vi è una grande predisposizione di base, si otterranno risultati buoni ma non ottimi. Basta solo pensare al carico di allenamento, dove non conta solo la volontà di percorrere tanti km, ma anche le doti fisiche per sopportare e recuperare da quei carichi, come giustamente hai detto tu.

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  2. Ciao, esatto, la storia delle 10000 ore di pratica può servire per la tecnica, come ad esempio suonare uno strumento musicale, ma anche in quel caso servono certe doti che probabilmente si sviluppano sin da piccoli, come d'altronde la coordinazione nello sport. Negli sport di resistenza ci vogliono doti fisiche che si hanno o non si hanno, c'è poco da fare, i mitocondri o si hanno genetici, o si aumentano fino ad un certo punto, e così altre caratteristiche. Poi si può migliorare e l'impegno è necessario anche per chi ha le doti, quello di sicuro.

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