martedì 8 giugno 2021

Si parte troppo veloci negli ultratrail? Qualche considerazione fatta dopo il tentativo di Kilian Jornet sulle 24 ore in pista

Lo scorso novembre Kilian Jornet aveva provato a battere il record sulla 24 ore in pista, fallendo nell’impresa a causa di un malessere dopo più o meno 10 ore. Al tempo chiunque aveva dato la propria opinione, parlando di un errore nella scelta del luogo (Norvegia – dove vive), del periodo (fine novembre – quando acciacchi e altro glielo hanno permesso), del clima (visto che il quel periodo a quelle latitudini la notte è lunghissima, la luce è poca, il freddo è particolarmente intenso), senza contare di chi ha parlato di pressione degli sponsor, di chi non lo considerava vero record perché non “vera gara”, di chi si lamentava del fatto che per altre sue prestazioni non si era fatto abbastanza clamore, eccetera eccetera. A un certo punto sembravano tutti esperti di gare di durata in pista, e di sicuro qualcuno lo era davvero, ma in un anno come il 2020, con i problemi legati ai viaggi, alle gare, e a mille altre questioni, stare a discutere su tutte queste cose a me sembrava davvero inutile. Io me ne ero stato alla larga dal dare opinioni, e me ne sto alla larga anche ora. Guardando quel tentativo però mi era nata una considerazione, tenuta per mesi, e che ora provo a spiegare.

Il record che Kilian stava tentando di battere era del greco Yiannis Kouros, 303,506 km, ad  una media di 4’45”/km. Il tentativo di Kilian era visibile in diretta, e tutti abbiamo potuto notare la partenza a ritmi relativamente tranquilli, ovvero quelli che una distanza simile richiede per raggiungere il miglior risultato possibile. Non bisogna essere esperti di 24 ore per capire che è necessario dosarsi molto nelle prime ore, quando si è fisicamente e mentalmente molto freschi. Bè, Kilian era partito al primo giro in pista a 4’29”/km, al secondo in 4’35”, per aumentare leggermente nei successivi giri, fino a passare al 10° km ad una media di 4’16” e alla maratona in 4’18”. La sua andatura era apparentemente in tutto controllo, e in effetti quello sarebbe il suo ritmo di un’andatura lenta, visto che la sua soglia anaerobica è probabilmente poco sopra i 3’/km (considerando anche il suo tentativo sui 10 km corsi appunto in quasi 30’ esatti). Quel ritmo non sorprendeva me e probabilmente non sorprendeva nessuno, anzi, alcuni pensavano anche che fosse troppo forte. Ma non voglio chiedermi ora se quello fosse il ritmo giusto o meno. Di sicuro era un ritmo diverso rispetto ad ultratrail di durata simile.

In un ultratrail come l’UTMB, o la Diagonale des Fous, dove la durata di gara è di solito tra le 20 e le 24 ore per chi vince, di certo Kilian non partiva a quel ritmo, ma ben più veloce, nonostante la durata così simile. E a quel ritmo non parte nessuno dei top runners, in quel tipo di corse. Non solo americani tatticamente poco “bravi”, ma anche esperti e tatticamente saggi come D’Haene o Thevenard. Persino io, nel mio UTMB, che sono nettamente più lento di Kilian, ho percorso i primi 3 km a 4’20”/km, e senza spingere, il tutto con zainetto e bastoni in mano, in mezzo ad altri concorrenti e su un percorso non totalmente dritto e scorrevole (per quanto semplice, almeno in partenza), eppure era un ritmo molto più alto di quello che avrei alla partenza di una 24 ore (che non so se farò mai). Idem per la Diagonale des Fous, che ha i primi 3 km totalmente piatti, dove partii tra i 4’20” e i 4’30”/km (a memoria), passando oltre il 100° posto dopo 6 km, e chiudendo 7°, dopo 29 ore di gara. Chi punta a vincere gare di questo tipo parte almeno a 3’30”/km, se non meno. È vero però che una 24 ore in pista e un ultratrail di durata simile sono totalmente diversi. In questi ultimi è normale partire più forte del dovuto, letteralmente spinti dal gruppone, per evitare cadute, intoppi e soprattutto di rimanere incastrati in mezzo al gruppo e perdere così i treni giusti per le posizioni migliori. Un po’ quello che succede anche nelle gare di ciclocross, mountain bike, scialpinismo, sci di fondo (nelle mass start), o anche semplicemente nelle corse campestri. Partire più lentamente potrà far risparmiare energie, ma su certi percorsi e in certe competizioni perdere molte posizioni in partenza rischia di compromettere la gara da subito.

Negli ultimi anni (vabè, almeno fino al 2019, quando si sono corse), però, questi ritmi nelle partenze degli ultratrail (non solo queste gare, ma anche in altre più corte – ma pur sempre lunghe) sembrano sempre più eccessivi. A me va anche bene, visto che così posso recuperare strada facendo, ma delle volte mi chiedo davvero dove sia il senso. Ricordo, sempre nell’UTMB 2018, davanti a me alcune forti atlete americane partire intorno ai 4’/km, velocità probabilmente intorno al loro ritmo maratona, che poi hanno avuto problemi (ritirate o piazzate peggio di quello che si aspettavano), dicendo nel dopo corsa che “inspiegabilmente”, dopo 2h30’/3h, era finita la benzina. Bè. Oppure ricordo alla partenza del Tor des Geants (finito per me prima del tempo, quindi non potrei dire molto su come bisogna partire), dove sia nel primo tratto a Courmayeur, che nella prima salita, i ritmi sembravano quelli di un trail “normale” e non quelli di una gara di 3-6 giorni di durata.

Per carità, è capitato anche a me di esagerare in partenza, di reggere, e di finire poi a fare una gara enorme. Ricordo alla Trans d’Havet del 2013, Campionato Europeo, dove nella partenza in salita verso il Monte Summano ero al limite per lasciarci un polmone: ai tempi delle volte usavo il cardiofrequenzimetro, e ricordo che lungo la salita ero tra i 180 e i 190 battiti al minuto, manco fosse una cronoscalata, ma ero talmente in buona giornata che nonostante ciò riuscii a proseguire forte tutta la gara recuperando tantissime posizioni fino al 7° posto finale (all’inizio, nonostante la mia partenza fuori giri, avevo decine di persone davanti a me). Altre volte ho fatto partenze più sagge, come all’Ecotratil de Paris del 2019, dove nei primi km ero decisamente più tranquillo (sempre sui “miei” 4’20”/km), visto anche che il percorso non aveva pericolo di intoppi su sentieri: nei primi 10 km sarò stato probabilmente oltre il 100° posto, per poi rimontare fino all’8° posizione, ma quello che ha fatto la differenza era stato proprio il risparmiare energie in partenza, per poi riuscire a correre ancora intorno o poco sopra i 4’30”/km nelle parti centrali e finali di gara, dove invece chi era partito ansimando ha perso probabilmente minuti su minuti.

Tutto questo per dire cosa? Solo per ricordare quello che ricordo sempre, ovvero che più forte si parte in partenza, più avviciniamo il momento della crisi, oppure, per dirla in altro modo, più minuti guadagniamo all’inizio, più ore perdiamo alla fine. Ciò non vuol dire che bisogni partire piano come Kilian nel suo tentativo delle 24h, ma che dopo i primi metri “normalmente” fatti un po’ più forte per prendere posizione, è importante riuscire a stabilizzarsi su una velocità di crociera facilmente sostenibile, almeno per buona parte dell’inizio della gara. Facile poi dare la colpa di crisi, crampi, problemi di stomaco, a qualcosa che si è mangiato, o al caldo, o ad una scarpa male allacciata.

Nessun commento:

Posta un commento