giovedì 13 ottobre 2022

Essere più in forma e andare più lenti (partendo troppo forte). Il mio Vertikal Sass de Fer

Sabato 1 ottobre ho corso al Vertikal Sass del Fer, a Laveno Mombello, gara organizzata da 100%AnimaTrail. Gara corta ma dura e sicuramente fuori dal mio genere, 3.5 km di salita con 900 m+, quasi tutta lungo il sentiero sotto la funivia che dal Lago Maggiore porta alla vista panoramica appunto del Sass del Fer (poco meno di 3 km per la traccia su Strava).

È stata la mia prima gara dal ritiro della LUT di fine giugno (oltre alla StraMazzate di inizio luglio, meno di un km per 4’ di corsa, e il Tour du Mont Blanc in bici di metà luglio), dopo un periodo parecchio difficile e una graduale ripresa ad allenamenti strutturati. È stato anche il primo vertical dopo quasi un anno esatto dall’ultima volta, sempre qua. Avendo così a disposizione un confronto con i tempi e coi dati di Strava, ho potuto notare cose interessanti (oltre al fatto che la mia velocità su queste gare non si schioda neanche a cannonate). In realtà è la terza volta che faccio questa gara, anche se nel 2018 non caricavo gli allenamenti su Strava e la partenza era leggermente spostata, quindi forse più veloce di qualche decina di secondi.

Dunque, quest’anno ho impiegato 39’52”, mentre lo scorso anno 39’34”. Nel 2018 39’24”, in primavera, la settimana dopo la vittoria alla Maratona Alpina di Val della Torre. Sempre considerando che le prestazioni possono anche dipendere dal clima, dal terreno (quest’anno aveva piovuto la notte precedente, ma non si può certo dire che ci fosse terreno pesante, anzi, mi è parso ininfluente), la prima curiosità è che le sensazioni in gara sono state contrarie rispetto al tempo fatto. Nel 2018 ero probabilmente nel mio anno di forma migliore in assoluto, ma non avevo fatto una gran gara, partito troppo spavaldo, ero calato nella seconda parte, senza nemmeno spingere a tutta fino alla fine. Non ero abituato a usare i bastoni e avevo avuto l’impressione che mi fossero stati più d’impaccio che di aiuto.
 
(foto Francesco Berlucchi)

La partenza era forse qualche centinaio di metri più breve, ma a memoria forse mancava anche un drittone sul prato nell’ultima parte di corsa, che avrebbe compensato quella discrepanza (ma non ricordo bene, potrei sbagliarmi). In ogni caso, avevo la sensazione di aver fatto schifo.
Lo scorso anno non ero di certo nella mia forma migliore, venivo da un paio di gare che sfortunate è dir poco (e dal ritiro all’UTMB del mese prima), scarsa voglia di allenarmi, un paio di chili in più, ma partito più cauto mi ero trovato a non stare così male, spingendo nella seconda parte e finendo discretamente soddisfatto, visto il periodo.

Quest’anno la forma era sicuramente migliore dopo questi due mesi di allenamenti fatti bene. Peso tornato praticamente al mio standard e voglia di faticare e spingere. Proprio per questo motivo mi sono trovato però a partire troppo allegramente. Viste le buone gambe che sentivo, ho spinto abbastanza sin dalla partenza, cercando di non rimanere bloccato prima dell’imbocco del sentiero e della stretta parte con le scalinate della prima parte di gara. Mi sentivo bene, ma forse ho spinto decisamente troppo.

Osservando i dati di Strava, ho visto che nei primi 500 metri (quelli più facili) quest’anno ho impiegato 20” in meno dello scorso anno, e nel primo km (con salita già iniziata) addirittura un minuto meno, 7’04” contro 8’09”, che anche considerando eventuali piccoli errori da parte del GPS sarebbe comunque tantissimo. Mi trovavo infatti credo al 7° posto, attaccato al 6° e con un gruppetto dietro che mi pareva ben più lento. Dopo il primo terzo di salita, con le pendenze più dure dei vari scalini, ho passato chi mi era davanti, ma sono stato sorpassato a mia volta. Ho sentito presto che le gambe non mi permettevano di cambiare ritmo, così, credo poco dopo metà gara, il gruppetto dietro si è lentamente avvicinato per poi passarmi. Purtroppo, non essendoci tratti dove respirare, provare a rallentare leggermente e gestire il passo non ha aiutato in ogni caso. Pur non perdendo troppo, ho continuato a mantenere un’andatura insufficiente per ritornare sotto. Arrivato nel brevissimo tratto di respiro prima dell’ultimo sentiero, il più facile, non avevo ancora sufficiente tempo per riprendere velocità, così ho potuto solo mantenere la mia posizione, senza riuscire a recuperare qualche posizione.
Osservando sempre su Strava le differenze tra lo scorso anno e quest’anno, ho potuto notare come nei due segmenti della parte più dura, il sentiero sotto la funivia, ho perso 15” nella prima parte (su poco meno di 15’) e 39” nella seconda (su circa 12’). Nell’ultimissimo tratto non so, ma più o meno ho fatto un tempo simile.

(foto Mario Dambrosio)

Riassumendo, forma migliore, migliori sensazioni, ma tempo peggiore. Ma in una prova così conta non solo la forma, serve anche dosare bene le energie, nello stesso modo in cui serve per gare ultra. Se in una gara di 10 km dovessi partire 20” o 30” al km più veloce delle mie possibilità, nel finale perderò molto di più di quel tempo, perderei forse anche un paio di minuti. In un vertical succede la stessa cosa. Avendone corsi pochissimi e non essendo la specialità in cui riesco a rendere al meglio, ho sempre patito la gestione dello sforzo. Solo lo scorso anno nel VK1 da Courmayeur al Pavillon del venerdì sera ero andato bene, ma in quel caso i primi chilometri su pendenza tranquille mi avevano fatto partire con calma (oltre al fatto che la mancanza di quel tipo di sforzi dopo 2 anni senza salite di quel genere mi avevano suggerito una partenza cauta), carburando il mio motore diesel e affrontando la parte centrale in buona spinta.

Bisogna avere una forma buona e gestire bene le forze, e non farsi troppi problemi se il risultato è minore di altre volte in cui si era in una forma peggiore. Anche se alla fine quello è il mio livello, non c’è molto altro da fare. Come avevo detto nell’ultimo articolo? L’importante non è il risultato, ma il percorso fatto per arrivare fin lì. Quindi va bene così.

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