venerdì 17 dicembre 2021

Come programmare l'anno di gare, più o meno

Nel finale di anno è sempre stimolante pensare alla nuova stagione. Si sognano un sacco di gare da voler fare, si fanno i conti coi sorteggi, con le lotterie, con le ferie, con la disponibilità economica, con la famiglia, e con mille altre cose. Nel programmare gare non va però tralasciata anche l’importanza di una struttura nell’allenamento e nella concatenazione delle varie distanze che abbia un certo senso, o si corre il rischio di fare troppo, o male, o entrambe le cose.

Di solito per prima cosa si cerca la gara clou, chiamiamolo obiettivo A, che per la maggior parte dei trail runners corrisponde alla gara più lunga, anche se c’è spesso (sempre) il problema di sorteggi e lotterie da attendere... Però intanto si può avere un’idea, e magari una o due alternative. A questo punto, andando a ritroso, si cercano altri obiettivi, chiamiamoli B, da sfruttare come allenamento, ma dove si può sempre arrivare in buona forma se tra una gara e l’altra c’è un buono spazio per recuperare e riprendere ad allenarsi. E poi eventuali obiettivi C, di solito gare più brevi, da usare come allenamento e che in genere si possono recuperare più velocemente. Tendenzialmente sarebbe meglio non farne ogni settimana, altrimenti più che allenanti queste gare faranno ristagnare la forma, anche se spesso è difficile resistere alla tentazione. Si potrebbe sì inserire un periodo di gare brevi fatte consecutivamente, però seguito da un adeguato periodo di recupero prima di riprepararsi per gli obiettivi (o l’obiettivo) futuro.

Ma quanto tempo ci vorrebbe per preparare l’obiettivo A? Eh, dipende, come più o meno ogni cosa della vita, date le infinite combinazioni. Di certo allenarsi per 8 o 10 mesi senza pause per una sola gara rischia di affaticare troppo, a meno che ogni tot mesi non si prendano delle pause rigeneranti, lunghe una o due settimane, dove fare davvero poco e ricaricare completamente le energie. Ad esempio, inserire una gara B ogni due mesi può dare il tempo di recuperare e poi riprendere, incrementando di volta in volta l’allenamento, con un corpo via via più adattato alle distanze. Di solito aumentare la distanza ad ogni gara può essere d’aiuto, se in mezzo si inseriscono periodi di recupero.

In ogni caso l’ideale sarebbe fare dei periodi di allenamento intenso per non più di 3 o 5 mesi, massimo 6, con in mezzo gare B, o anche C, certo. In caso di una lunga preparazione di mesi e mesi, se dopo la gara A rimangono ancora energie (e se non si tratta di una distanza lunghissima che facciamo per la prima volta e che ci prosciuga), si può attaccare una coda più o meno lunga di altre settimane (fino a due mesi, al massimo) dove fare distanze minori o gare senza grossi obiettivi, per puro divertimento (che poi in realtà dovrebbe esserci sempre, il divertimento).

Insomma, sì, alla fine è un casino. I punti fondamentali rimangono però questi:
- porsi un obiettivo A;
- avere obiettivi B, ma che siano con una distanza decente di tempo, almeno 3 settimane una dall’altra, meglio se 4 o 5;
- aggiungere obiettivi C, ma senza esagerare, e su distanze accessibili per non prosciugarsi;
- lasciarsi i giusti tempi di recupero, sia che si corrano poche gare, che molte;
- nel caso di doppio obiettivo A (o triplo, o quadruplo, e così via all’infinito, cosa non rara…), meglio averli a distanza di 4 o 5 mesi. Anche 3 mesi possono andare bene, 2 sono un po’ tirati (nulla toglie che ci sia chi riesce a farne in settimane consecutive, meglio non prenderli in considerazione però – ma se guadiamo ai top, quanti riescono ad esempio a finire LUT e UTMB benissimo nello stesso anno?). Ma in effetti, se si punta a finire certe gare in condizioni buone e senza ambizioni di classifica, si può fare più o meno tutto.
- difficile pensare di essere attivi e in forma per 52 settimane all’anno (anche se c’è chi lo fa, certo, e magari pure bene), quindi normalmente si dovrebbe anche pensare di avere periodi di riposo anche durante la stagione più bella.

Ok, alla fine non è che si sia capito molto. La realtà è appunto che tutto dipende da ogni singolo caso, dall’obiettivo che si ha, dalla storia sportiva, da quanto ancora si vuole correre in futuro, da quel è la personale visione delle gare. E dai sorteggi. Dai maledetti sorteggi.

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